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Yom Hazikaron, Israeliani e Palestinesi insieme per un futuro di pace

Grande successo della cerimonia organizzata da Combatants for Peace e the Parents Circle – Families Forum che unisce israeliani e palestinesi nella giornata del ricordo

È stato un yom hazikaron diverso quello di ieri sera (lunedì 27.04): a causa del corona virus le cerimonie di commemorazione dei caduti si sono svolte in remoto, i cittadini hanno ricordato i propri cari dalle loro abitazioni, senza le consuete visite ai cimiteri, il cordoglio comune e l’affetto di un abbraccio, così importante in un giorno come questo. “In Israele ogni casa quest’anno si trasforma in un memoriale” ha detto il Presidente Rivlin durante il discorso ufficiale in memoria dei caduti.

Tuttavia le circostanze straordinarie causate dal virus riservano anche sorprese inaspettate. La cerimonia alternativa organizzata da Combatants for Peace e the Parents Circle – Families Forum e sostenuta da diverse organizzazioni in altri Paesi, ha raccolto il più grande pubblico di ascoltatori mai raggiunto, con quasi 200.000 persone da tutto il mondo che si sono collegate per ascoltare le testimonianze e i messaggi di pace e speranza di Israeliani e Palestinesi che hanno perso un familiare nel conflitto.

La cerimonia, un appuntamento fisso da ormai quindici anni, rappresenta un’alternativa alla narrativa patriottica delle cerimonie ufficiali ed è l’evento principale delle due organizzazioni, impegnate tutto l’anno in incontri e progetti di dialogo tra Israeliani e Palestinesi.

Combatants for Peace è un’organizzazione composta da persone che in passato hanno avuto un ruolo attivo nel conflitto come combattenti e che hanno deciso di mettere da parte le armi per costruire un futuro di coesistenza pacifica e non violenta tra i due popoli (su Netflix è disponibile il documentario “Disturbing the Peace” che racconta la storia del movimento e dei suoi fondatori). The Parents Circle – Families Forum è un’organizzazione formata da familiari di vittime del conflitto, sia Israeliani che Palestinesi, che si incontrano per condividere ed elaborare i propri lutti e lavorare ad una riconciliazione tra i due popoli.

Quest’anno tra gli ospiti della cerimonia, c’era la cantante Noa e l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, Nickolay Mladenov, il quale ha condiviso con il pubblico un messaggio di orgoglio e lode per l’operato delle due organizzazioni: “Questo è un evento straordinario, siete un’ispirazione per tutti noi. È bellissimo vedere Israeliani e Palestinesi unirsi non solo nella lotta al corona virus, ma nella battaglia per la pace, che forse è ancora più difficile. Trasformate il dolore nella speranza di un futuro migliore per tutti noi; voglio ringraziarvi per il vostro meraviglioso lavoro e impegno.”

In passato la cerimonia ha raccolto tra i 20.000 e i 30.000 partecipanti ed è passata pressoché inosservata per la maggior parte dei media locali, anche perché l’opinione della maggioranza ritiene fuori luogo condividere con i Palestinesi il giorno di memoria nazionale dei caduti. Tuttavia, visti i numeri e il successo della cerimonia di quest’anno, diverse testate locali come il Jerusalem Post, The Times of Israel e Haaretz, oltre che il New York Times, hanno pubblicato le storie di relatori Israeliani e Palestinesi.
Yakuub El Rabi, ha raccontato la storia di sua moglie Aisha, uccisa da un estremista israeliano nel 2018, condividendo poi un forte messaggio di pace: “Questo conflitto porta via vite umane da entrambe le parti. La violenza non distingue i soldati dai civili, le donne dagli uomini, gli adulti dai bambini e nemmeno gli istigatori dagli innocenti. Poniamo fine all’odio e alle ostilità. Lasciateci vivere in pace e amore. Perché noi, proprio come voi, amiamo la vita e facciamo del nostro meglio per viverla.”

Haggai Yoel, un dei relatori Israeliani, nel ricordare il fratello Eyal ucciso a Jenin nel 2002, ha detto forte e chiaro che si rifiuta di venire etichettato come traditore solo perché si oppone all’occupazione dei Territori Palestinesi e di venire censurato solo perché crede che la pace sia essenziale. Sul palco della cerimonia Yoel ha condiviso il suo percorso di avvicinamento alle organizzazioni per la pace, raccontando: “Qualche anno fa qualcosa dentro di me si è ribellato all’idea che il Ministro della Difesa pensi di poter decidere come io devo ricordare mio fratello Eyal”.

La destra continua a condannare l’evento, accusando gli organizzatori di dare voce a sostenitori del terrorismo e in passato, fuori dall’auditorium dove si tiene la cerimonia, decine di estremisti hanno insultato e minacciato il pubblico con violenza. Tuttavia è sufficiente ascoltare i discorsi dei relatori per rendersi conto che queste persone, ferite in prima persona dal conflitto, sostengono semplicemente un messaggio di pace e speranza.

Guarda qui la cerimonia

Bianca Ambrosio
Collaboratrice
Nata e cresciuta a Milano, dal 2009 al 2017 ha vissuto a Tel Aviv dove ha conseguito due lauree in ambito politico/sociologico, lavorato a progetti sociali e preso parte alle attività del partito Meretz.
Dal 2018 è di nuovo Milanese e lavora per il Teatro Franco Parenti.
Ha scritto di politica e società per diverse testate e ha qualche racconto ancora nel cassetto.

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