Cultura
Adam in fuga

“Solo oggi Frank A. ha trovato di nuovo una sua foto, per caso in un profilo Instagram. Si trova a Gerusalemme, mentre il cielo è solcato di razzi e la guerra incombe. Israele è sotto assedio…”. Un racconto di Roberto Battistini

Frank Avraham Miller, ai più noto come Frank A., non si aspettava di trovare nel suo ufficio all’861 Manhattan Ave, colorato appena dalle prime luci rosate dell’alba di Brooklyn, un uomo vestito di un bianco acceso in stile Mr Knight della Marvel seduto davanti alla scrivania. Non ebbe parole, colto dalla stanchezza e dalla disperazione dell’ennesimo cliente, l’ultimo si ripeteva ogni volta, con cui sarebbe andato a rovistare nella vita privata degli altri, in sordide emozioni e squallori.

Fu giusto la valigetta piena di banconote a convincerlo ad accettare l’incarico. In realtà tutto era iniziato circa così. Quando Eve era rientrata nella sua villetta con giardino in Eden 1bis, non aveva trovato Adam semi sdraiato sul divano a guardare la tv a pagamento come suo solito. Il televisore era spento, neppure sincronizzato su Sky. Non c’erano pacchetti di patatine, non c’erano mozziconi di sigarette. Non era neppure in bagno. Il fatto di non averlo trovato ad oziare l’aveva stupita, ma ancor di più il fatto che non fosse in casa. Aveva preso il telefono e chiamato il figlio Abel,  più affidabile del fratello.

Nessuna risposta. Eve aveva cercato allora di non pensarci troppo, le sarebbe venuta troppa ansia dopo una vita così lunga sempre insieme  e così si era messa a mettere in ordine casa, dato che non eccelleva come giardiniera, attendendo l’arrivo della sera. Ma Adam non era tornato. Non solo: non rispondeva al telefono, l’applicazione di cielo-posizionamento non dava riscontro su dove fosse e nessuno dei suoi amici sembrava averlo visto nel campo di nuvole a giocare a golf tantomeno al Cinema Sotto le Stelle. Era la prima volta che Adam scompariva. Insieme, lei ed Adam, avevano una discreta esperienza in fughe, ma da solo mai. E poi per andare dove? Non c’erano poi così tanti luoghi in cui andare, dal momento che gli urbanisti non dovevano inventarsi chissà cosa, vista la crisi demografica che incombeva lì.

Trascorse anche la notte senza alcuna traccia di Adam, con Eve in piedi ad aspettarlo fino l’alba di fronte ad trasmissioni televisive, per star meglio, in loop su quanto cambiar casa e vita fosse la massima ambizione. Ai chiarori del giorno, lei si era decisa a chiamare la polizia. Arrivò una voltante in pochi minuti e i due agenti avevano raccolto la sua testimonianza. Lei temeva avesse ripreso con il vizio delle mele, ma la polizia cercò di rassicurarla: non occorreva pensare al peggio. Passarono altri due giorni ma di Adam non c’erano tracce. Eve non capiva dove potesse essere. Era tutto al limite del reale. Ruppe gli indugi e, elenco telefonico alla mano, vista l’inettitudine della polizia, percorse la sezione Profeti. Loro erano esperti con cose al limite del possibile.

Per prima cosa si era recata da Noah, il quale dopo averla ascoltata con l’attenzione di cui era capace, mentre era intento a fare un modellino di nave, trave per trave senza tregua da anni, aveva liberata una colomba in volo nella speranza che lo avvistasse. Ma dopo alcuni giorni era tornata senza successo, né rametto d’olivo nel becco. Poi scorse l’elenco fermandosi a Moses. Il grande profeta guida l’accolse in casa e la fece accomodare in cucina dove lui e il fratello Aronne erano intenti a prepararsi un dolce a base di cioccolata con pane non lievitato a conferma che certe abitudini sono  comunque dure a scomparire. Nel caminetto di casa ardeva un fuoco indelebile digitale a ricordo dei vecchi tempi, mentre Moses aveva cercato di capire cosa fosse successo nei giorni precedenti, interrogando Eve. La sua balbuzie però non rendeva semplice la cosa, tantomeno breve, e così ogni tanto Aronne facilitava, spiegando cosa il fratello volesse sapere. Dopo circa cinque ore anche Moses e Aronne giunsero alla conclusione che non ci fossero ragioni plausibili per la scomparsa.

Mentre Eve non si perdeva d’animo, Mosè chiamò Gabriel e gli espose il caso. Allarmato si diresse dalla Massima Autorità Locale per confrontarsi. La MAL sapeva già e disse che Adam era semplicemente tornato sulla terra. Era scappato, in poche parole, senza dare altre spiegazioni. Occorreva trovare l’investigatore più adatto al caso. E Frank A. aveva quel che da piacere d’istinto a Gabriel. Di origine ebraiche aveva perso man mano tutto la fede negli anni, immerso come era nel lato peggiore dell’uomo.

Privo di alcun indizio per rintracciarlo, Frank A. rimase pensieroso per ore, riflettendo su come poter riconoscere Adam, ancor prima di iniziare la ricerca. Fu all’ennesima birra e all’ennesima canna della serata che, toccando la pancia protuberante non senza preoccupazione per la sua salute, la mano passò indisturbata sull’ombelico nascosto sotto la maglietta. L’ombelico! Si accese una lampadina nella nebbia del suo cervello ed immediatamente, risvegliato dalla depressione in cui era caduto, si mise al PC e iniziò a frugare in vari blog di dating. Fu Jennifer Gold a rispondere dopo un pò di essere stata la scorsa notte in compagnia di un uomo che non aveva l’ombelico. E le pareva la cosa più stramba e cool mai vista. Era arrivata a pensare che fosse un alieno, addirittura, tipo Ziggy Stardust.

Frank A. ottenne così una foto dell’uomo che Jennifer aveva scattato in un locale, prima di andare a casa sua. E poi seguirono altre donne, creando una mappa dei suoi spostamenti, più o meno recenti, tracce di Adam nel corso degli ultimi settanta anni. In una vecchia foto del 55 in bianco nero era di sfondo dietro Claudette Colvin (2) prima di scomparire nel totale oblio al contrario di Rosa Park. Poi venne ripreso su un tank all’inizio della controffensiva israeliana nella guerra del Kippur, così come guerrigliero accanto al Che o affacciato ad una vetrata di un grattacielo mentre le Torri gemelle venivano dilaniate, nonché in mezzo ad un corteo a Chicago nel 2016 con un cartellone “Not my President” all’alba della vittoria di Trump e sempre in un simile corteo nel novembre 2024. Poi di colpo silenzio, era scomparso ancora.

Solo oggi Frank A. ha trovato di nuovo una sua foto, per caso in un profilo Instagram. Si trova a Gerusalemme, mentre il cielo è solcato di razzi e la guerra incombe. Israele è sotto assedio. Frank A. inizia a sudare freddo. Sa che c’è solo una cosa da fare e ne intravede con timore le ripercussioni. Prende tremante lo smartphone, compone il numero di Gabriel e attende. Attende ciò che si era dimenticato per tanti anni e che ora di colpo, il cuore in accelerazione, intravede come reale, non più una lontana utopia.

La sua telefonata colpirà, come aspettato, nel segno e dal cielo le schiere celeste irromperanno, tagliando le nuvole, pronte a recuperare Adam e a sigillare l’inizio di una nuova era. E là dove era stato ripreso Adam, si alzeranno dalle profondità delle terre le mure in pietra del Terzo Tempio. Le devastazioni cesseranno per sempre, insieme alla povertà, alla fame e al cambiamento climatico.  Solo così Adam cesserà una volta per tutte di andare in giro, tornando sereno finalmente a casa ad interrompere la lunga solitudine di Eve.

L’autore suggerisce l’ascolto del brano degli Oak Ridge Boys “Heaven bound” , 2012 Spring House Music Group.

(1) Storielle ebraiche, a cura di Ferruccio Fӧlkel. 1997 Biblioteca Universale Rizzoli.
(2) Before there was Rosa Parks, there was Claudette Colvin. CNN. 8 marzo 2024. Video online alla pagina
web: https://edition.cnn.com/videos/us/2024/03/08/claudette-colvin-international-womens-day-orig-vf.cnn


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