Cultura
Così ho perso il mio Maggiolino: la vita straordinaria di Josef Ganz

La vera storia dell’ingegnere ebreo, vittima di antisemitismo e scippato da Hitler del concept di una delle vetture più famose e vendute di sempre: The Beetle

È una storia dal finale amaro quella dell’ingegnere ebreo Josef Ganz, venuta alla luce grazie al giornalista sportivo e automobilistico Paul Schilperood, che nel 2012 ha pubblicato, dopo ben cinque anni di ricerche The Extraordinary Life of Josef Ganz. The Jewish Engineer Behind Hitler’s Volkswagen (RVP Publishers).

Il libro ha dato ispirazione al docufilm di Suzanne Raes “How I lost my beetle”, uscito nel 2019, che porta sullo schermo la vicenda storica e umana di Ganz, progettista al quale Hitler sottrasse la paternità – e di fatto ogni merito – del Maykaefer (in italiano Maggiolino) l’auto che rivoluzionò il mercato automobilistico segnandone una svolta.

Schilperood, olandese che da anni vive a Firenze, ha svolto un minuzioso lavoro di indagine per rendere il giusto tributo alla verità dei fatti. Il suo libro, ricco di foto, documenti e testimonianze, recupera una volta per tutte la complicata vita di Josef Ganz, oltraggiata dall’antisemitismo che lo ha quasi portato al totale oblio. Ma chi era dunque Josef Ganz?

Nato a Budapest nel 1908, si distinse negli anni tenta per la collaborazione a testate automobilistiche, sino a divenire caporedattore di Motor Kritik, all’epoca rivista tedesca in voga nel settore. La sua penna appassionata e graffiante si fa presto conoscere: la VW non aveva ancora mai prodotto una vera “auto del popolo”, accessibile economicamente, più leggera e di snella produzione. Nei prototipi di Ganz, che non risparmiava critiche all’industria del tempo, confluivano invece tutti questi elementi: Adler, Mercedes-Benz e Standard lo avevano visto all’opera come progettista, e le sue intuizioni colsero nel segno, piacendo anche ad Adolf Hitler.

 Il neocancelliere tedesco, amante delle quattro ruote, presenziò al Salone dell’Automobile di Berlino del 1933, dove naturalmente era presente anche Ganz. Pare che i due non sia siano fisicamente incontrati, ma che il modello Standard Superior di Ganz avesse carpito l’attenzione di Hitler: il fondatore del partito nazionalsocialista esattamente un anno dopo presenterà il nuovo modello della vettura, a firma però di Ferdinand Porsche. Da allora iniziano le avversità e le persecuzioni per Josef; dapprima gli attacchi del collega di redazione Paul Ehrhardt, divenuto in seguito gerarca e delatore, poi i processi contro la rivista e il furto dei progetti, trafugati e copiati; infine, un attentato che costringe Ganz a lasciare definitivamente la Germania per la Svizzera. 

Schilperood, nelle sue ricerche, afferma che Ganz era un ebreo praticante all’epoca del trasferimento in Svizzera, e che qui sia stato raggiunto da ulteriori attacchi antisemiti: il modello Volkswagen non poteva essere associato ad un ingegnere giudeo. Nel 1950, quando non viene riconfermato il suo permesso di soggiorno, Josef ripara in Australia dove lavorerà sempre nell’ambito dei motori per la GM. Muore senza meriti, nel 1967, a soli 59 anni celibe e senza figli.

Oltre al libro, Schilperhood con un parente di Ganz, Lorenz Schmid, ha dato via al progetto di restauro di un’auto d’epoca di Ganz, con il tentativo di esibirla assieme ai progetti originali che testimonierebbero la paternità del Maggiolino; intanto a Nashville nel 2018, il Lane Motor Museum diretto e curato da Rex Bennett ha inaugurato la mostra dedicata a Josef Ganz: “ How a Jewish Engineer helped create Hitler’s Volkswagen”. Nella mostra sono stati esposti vari prototipi ed un maggiolino del Dopoguerra, al fine di portare alla luce l’opera e la vita di Josef. Nel frattempo, nell’arco di 70 anni si stima che il Maggiolino, protagonista anche di una saga di film Disney, abbia venduto ben 21 milioni di esemplari. La sua produzione è terminata per sempre nel 2019.

Mario Ganz
collaboratore

psicologo e psicoterapeuta di formazione junghiana, è socio dell’associazione per la ricerca in Psicologia Analitica A. R. P. A, lavora a Milano e Genova.


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