Perché diminuisce il supporto allo stato ebraico da parte delle nuove generazioni
Israele potrebbe perdere un importante alleato nel prossimo futuro. È quanto emerge dall’ultimo sondaggio commissionato dall’Università della Carolina del Nord in vista di un prossimo libro sull’argomento. A parlarne è il giornalista Jacob Magid sul Times of Israel che in un lungo articolo racconta quanto i cristiani evangelici americani abbiano supportato sempre lo stato d’Israele, almeno fino a oggi. Perché, numeri alla mano, i giovani evangelici dimostrano di non volere seguire le orme dei loro padri.
A oltre 700 cristiani evangelici tra i 18 e i 29 anni, è stato chiesto “dove collocare il loro sostegno nella disputa israelo-palestinese. Solo il 33,6% ha detto con Israele, il 24,3% con i palestinesi e il 42,2% con nessuna delle due parti”.
Un cambiamento significativo, perché solo nel 2018 un sondaggio simile condotto dagli stessi professori universitari aveva rivelato posizioni decisamente diverse: “Il 75% degli intervistati era schierato con Israele rispetto ai palestinesi, mentre il 22% ha preferito non prendere posizione. Solo il 2,8% ha poi espresso un certo grado di sostegno ai palestinesi”.
Quasi il 45% degli intervistati ora sostiene la creazione di uno stato palestinese accanto a Israele, il 35,1% ha detto di essere neutrale sulla questione, e solo il 20,5% si oppone all’idea della statualità palestinese, mentre nel 2018 il 29% degli intervistati si era detto contrario a concessioni territoriali da parte di Israele per la pace con i palestinesi.
Ma c’è un altro dato interessante che i due docenti a capo del sondaggio hanno fatto emergere: l’origine religiosa del sostegno evangelico a Israele. Si legge: “Gli evangelici hanno storicamente sostenuto Israele sulla base della loro teologia della fine dei tempi, che collega la creazione dello Stato di Israele con la seconda venuta di Gesù Cristo” si legge nell’articolo sul Times of Israel. Alla specifica domanda se le loro opinioni su Israele siano basate sul loro credo religioso, i giovani intervistati hanno risposto per oltre il 44% di no, il loro credo religioso non influenza la loro valutazione del conflitto israelo-palestinese. Più del 38% ha detto che il suo credo religioso lo porta a vedere Israele più favorevolmente, e il 17,4% ha detto che il suo credo religioso lo porta ad essere più solidale con i palestinesi”.
Ma perché questo cambiamento di rotta tra i giovani? Molti di loro hanno risposto dicendo che si tratta solo di questioni generazionali (dunque invecchiando gli stessi assumeranno le posizioni degli attuali anziani?), ma al contempo molti di loro hanno anche ammesso di avere una conoscenza molto limitata se non nulla del conflitto israelo-palestinse.
“L’ex ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Ron Dermer Former ha suggerito che Israele dovrebbe dare la priorità al sostegno “appassionato e inequivocabile” dei cristiani evangelici su quello degli ebrei americani, “sproporzionatamente critici””. Non solo: “Circa il 25% [degli americani] sono cristiani evangelici”, ha aggiunto, “Meno del due per cento degli americani sono ebrei”. La conclusione è semplice: “Si dovrebbe dedicare molto più tempo a sensibilizzare i cristiani evangelici che gli ebrei”.
I curatori del sondaggio hanno provato a estendere le loro indagini anche ad altre realtà giovanili americane, per concludere: “È diventato evidente che Israele sta sviluppando un problema di pubbliche relazioni con gli americani più giovani. Lo vediamo con gli evangelici come con gli ebrei americani e altri gruppi”, ha dichiarato il professor Inbari.