Mondo
I giovani di Hashomer Hachadash e l’agricoltura israeliana


Il volontariato a difesa dei contadini (e della storia del paese)

Sebbene Israele sia sempre più un paese urbano, ad oggi l’8% della popolazione del paese vive in zone rurali. Oltre a chi è venuto con le migrazioni ebraiche del XIX e XX secolo, nei piccoli insediamenti si trovano anche arabi, arabi beduini e drusi.
Il mondo rurale israeliano ha un forte passato agricolo e nello specifico storicamente legato al sionismo. Dal 1948 gli ettari di terra coltivabile sono infatti più che raddoppiati, principalmente grazie a due tipi di insediamenti agricoli – il kibbutz e il moshav, presenti già dalla prima metà del XX secolo.
Il kibbutz è una comunità collettiva in cui i mezzi di produzione e il raccolto sono condivisi. Il moshav è anch’esso un villaggio agricolo, ma il nucleo centrale è a base famigliare. Entrambi possono essere legislativamente delle cooperative agricole. Storicamente hanno goduto di alcune regolazioni specifiche di riduzioni fiscali con lo scopo di creare un solido scheletro agricolo nazionale, benefici poi lentamente ridotti a partire dagli anni ’80.
Kibbutz, moshav e yishuv kehillati (comunità rurali non agricole) hanno funzionato al tempo stesso come pilastri della formazione identitaria del nuovo paese da costruire.

A partire dagli anni ’90 tuttavia le regolamentazioni per lo sviluppo rurale hanno privilegiato lo sviluppo residenziale per scopi fuori dall’agricoltura. Ciò è rispecchiato nei numeri: la percentuale dell’economia agricola nel PIL nazionale si è ridotta di circa tre volte (dal 4.8% nel 1980 all’1.3% nel 2003) mentre la manodopera agricola è passata dal 6.3% nel 1980 al 2.4% nel 2003.
Oltre al relativo calo di profitti nel settore e la mancanza di manodopera, i contadini israeliani si trovano in difficoltà nella gestione della criminalità agricola. I danni sostenuti dai contadini israeliani solo nel 2020 ammontano a 7 milioni di dollari, registrando un aumento del 10% dall’anno precedente. “Un grandissimo problema per i contadini nell’entroterra e nei confini sono i furti e i danni alle proprietà. Il governo non è intervenuto abbastanza e i nostri contadini sono soli nel gestire questa emergenza”, spiega Micol Debash, da tre anni responsabile del fundraising e delle relazioni esterne dell’organizzazione Hashomer Hachadash.

Hashomer hachadash (“i nuovi guardiani”) nasce nel 2007 dalle esigenze del mondo agricolo israeliano: proteggere i contadini dal crimine interno, restaurare una connessione con l’agricoltura, sostenere l’innovazione tecnologica della campagna e riprendere il tema del sionismo attraverso il lavoro agricolo. Hashomer Hachadash fornisce aiuto ai contadini tramite delle ‘sentinelle’ che fanno da guardia al territorio, ma soprattutto si articola in diversi programmi educativi volti alla promozione della tradizione agricola del paese. È basato su un concetto di volontariato civico: contadini e volontari sono uniti da un reciproco senso di responsabilità e aiuto. Il volontariato si concentra nel Negev e in Galilea. Dal 2019 la presidente di Hashomer Hachadash è l’italiana Yohanna Arbib Perugia.
“Esistono diversi programmi di volontariato, prima o dopo l’esercito. Un esempio è la catena di licei Adam ve Adama. Ci sono programmi di qualche ora, di qualche settimana, diversi mesi o perfino un anno intero. I ragazzi dei nostri programmi possono davvero capire da dove viene il cibo che consumiamo tutti i giorni, quanto sforzo richiede, e quanto in pericolo si trovi il sistema agricolo nel mondo moderno”, aggiunge Debash. Continua: “La terra può essere un elemento di unificazione e riscoperta dell’identità del popolo ebraico. Il nostro programma non è turismo: c’è bisogno dell’aiuto dei nostri volontari e al tempo stesso che i giovani si avvicinino alla storia di Israele. I giovani recuperano le proprie radici riscoprendo un forte senso di attaccamento divenendo parte di qualcosa più grande di loro”.

Socializzare e aiutare nel frattempo una categoria fragile: “I contadini hanno perso manodopera e perderanno tonnellate di frutta e verdura. Perdono profitti in quanto non possono vendere i prodotti a hotel e ristoranti”. Sull’agricoltura come occasione di socialità, Yoel Zilberman, fondatore di Hashomer Hachadash intervistato da Israel21c ha spiegato:  “Dopo il Corona virus le persone vorranno socializzare anche fuori dalle feste e dai cinema”.
La pandemia ha visto la crescita del volontariato sociale e almeno 100.000 volontari si sono sporcati le mani nei progetti e nelle attività di Hashomer Hachadash, a beneficio dei contadini israeliani e dei volontari stessi.

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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