Cultura
Il baratro

Un racconto breve

Disperatamente mi aggrappo alla speranza del tutto israelitica di non cadere. Se sei abituato a credere in un futuro Messia ti viene più facile sperare che anche nelle peggior catastrofi ci siano margini di salvezza, anche la dove le percentuali ti danno per statistico perdente.

Ma è inutile, sento il terreno spezzettarsi sotto di me, aprendo un varco in cui vengo risucchiato. E mentre le mie braccia si agitano per afferrare appigli teoricamente inesistenti, mi rendo conto che ho ben chiaro da dove tutto è iniziato. Ho creato per una idiosincratica combinazione di eventi fortuiti e personale attenzione clinica-manageriale a livello di gnu, un buco di un milione di dollari. La mia azienda l’ha colto troppo in fretta ed io mi sono rifugiato qui a Berkley, la mia città universitaria, alla ricerca di un nesso spazio temporale che mi desse rifugio. Quel tanto per far placare le acque e permettermi di guardarmi allo specchio, barba di 10 giorni, capelli che manifestano vuoti esistenziali, per chiedermi dove trovare un milione di dollari in pochi giorni.

Ma sarà Seth, amico californiano che opera nel settore della produzione di Mariujna narcolettico intrappolato nell’organizzazione del bar mitzvah della figlia della sua seconda moglie, a suggerirmi un’idea mentre staremo sgranocchiando insieme in un chiosco sulla spiaggia tacos e salsa piccante. Vendere il mio stato di quadro aziendale fallito. Ci rifletterò sopra meno di 4 ore, tempo oltre il quale Seth cadrebbe nel sonno rischiando la dimenticanza, poi saremo su Instagram a promuovere il nostro progetto, che verrà descritto come “ Sei capace di uscire da un caso al limite? Vivi l’esperienza diretta di aver procurato un danno da un milione di dollari: solo i migliori sapranno uscirne indenni e trovate la soluzione. Tutto per soli 200€ dollari “.

Aspetterò in ansia che Seth profetizzi ”Te ne bastano 5. Il resto è business!”. Pregherò tutti i giorni per Sachrit, Mincha e Arvit, che qualcuno risponda e dopo dopo due giorni, un tale Jeller, un goy di Monaco, si candiderà al ruolo, reduce dall’Octobet fest. Jeller fallirà ma mi ringrazierà per la torbida esperienza vissuta. Poi sarà il turno della bella svedese Astrid che addirittura riuscirà a convincere la direzione della mia azienda a procrastinare il mio licenziamento.

Ne seguiranno altri, che come Jeller non riuscendo a trovare una soluzione, ma mi faranno afferrare il senso delle parole sul genio inventivo di Jack Morgan, ceo della Cock ‘n’ Bull Products, proprietario della catena di ristoranti Hollywood Cock ‘n’ Bull. E da quel genio inventivo trarrò ispirazione, saldando il debito di un milione di dollari e investendo gli altri utili in una piccola catena di take away kosher in cui i miei acquirenti di stato potranno avere uno sconto. E farò pure una mitzvà.

E ora comprendo finalmente come ogni baratro sia tale solo a seconda della prospettiva. Se ribaldi un cono, a parte il rischio che ti sporchi nella caduta del gelato, si ottiene una cuspide.

Credo di aver esaurito l’immaginazione e posso permettermi adesso di aprire gli occhi e vedere se il baratro ha una fine.

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