Intervista al professor Michel Gherman
La comunità ebraica brasiliana è molto numerosa e multiforme. Oggi in Brasile vivono più di 100.000 ebrei, provenienti da diversi paesi, ognuno con la propria storia migratoria. Il Brasile è la terra della scrittrice Clarice Lispector, ma è anche la terra che ha accolto i “cristãos-novos”, e poi i migranti e profughi di origine ashkenazita e mizrahi. E’ una terra in cui l’antisemitismo non è un problema storico, ma recentemente è cresciuto insieme al numero di gruppi neonazisti.
L’elezione di Bolsonaro ha creato un scisma mai visto nella comunità, da una parte ci sono gli ebrei che l’hanno accolto presso il club Hebraica e che lo vedono come la salvezza contro il comunismo, dall’altra quelli che, davanti allo stesso club, hanno protestato perché lo ritengono una minaccia alla democrazia e ai valori ebraici. Questi ultimi hanno creato il gruppo “Ebrei contro Bolsonaro,” che ha raggiunto nove mila membri.
Per capire meglio l’attuale situazione della comunità brasiliana e cosa rappresenta il Bolsonarismo, abbiamo parlato con Michel Gherman, professore di Sociologia presso l’Università Federale di Rio de Janeiro, coordinatore del Nucleo Interdisciplinare di Studi Ebraici presso l’UFRJ, ricercatore presso la Ben Gurion University e Direttore Accademico presso l’Istituto Brasile-Israele.
Com’è nato l’Istituto Brasile-Israele?
L’IBI fu creato da un gruppo di imprenditori ebrei che erano interessati ad avviare discussioni su argomenti poco dibattuti sui media brasiliani. Si credeva che, in generale, i media brasiliani fossero anti-Israele, e questo gruppo di imprenditori ha creato l’Istituto per poter riequilibrare il dibattito. Però, l’IBI è cambiato molto negli ultimi tre anni. L’Istituto si è accorto, infatti, che in realtà non si trattava di una posizione sistematica anti-Israele da parte dei media, ma una conseguenza dello scarso dialogo con la comunità ebraica. Allora l’IBI è diventato un centro di studi e di ricerca, che dialoga con la società, aperto a discussioni sui problemi irrisolti della società israeliana e di Israele.
Il motto dell’istituto è “Sionismo è al plurale!” Perché è importante parlare di Sionismi e non di Sionismo?
C’è questa idea, condivisa da parti della destra e della sinistra, cioè della destra pro-Israele e della sinistra pro- e anti-Israele, che il movimento Sionista è un movimento unico, monoculturale e monocromatico. E’ come se il Sionismo fosse essenzialmente UN Sionismo, un’idea totalmente in contrasto ai movimenti nazionalisti, o a qualsiasi movimento diverso che disputa l’egemonia. Noi dell’IBI, ci siamo accorti che c’è una dimensione di antisemitismo in questa visione di Sionismo al singolare (sia da destra che da sinistra). Questo discorso dialoga con il mito antisemita del piano di dominazione ebraico, e ora si sostituisce il Sionismo all’ebraismo. Però attenzione, io parlo di tutti e due i poli, non soltanto della sinistra, perché molto si parla del nuovo antisemitismo di sinistra, ma anche del fatto che destra e sinistra dialogano con un solo Israele, e non con i vari Israeli, con un solo Sionismo, e non con i vari Sionismi. Scelgono un unico Sionismo come referenza, ma dimenticano o escludono appositamente le altre forme di Sionismo. Allora si tratta di un Sionismo Immaginario. Quello che abbiamo fatto per rompere con questa logica è stato creare l’idea che il Sionismo sia così diversificato e multiplo come qualsiasi altra forma di nazionalismo.
La comunità ebraica brasiliana è composta da molte anime. L’IBI ha stabilito un spazio di discussione tra le diverse correnti dell’ebraismo, indigando su diversi aspetti della comunità (genere, sessualità, razza, ecc.). Perché proporre dialoghi su questi argomenti è così importante per voi?
Per noi è molto importante, perché pensiamo che l’ebreo brasiliano sia brasiliano prima di qualsiasi cosa, dunque noi crediamo che sia importante dialogare con la società brasiliana. E gli argomenti importanti per la società brasiliana, sono gli argomenti che sono importanti anche per noi: il dibattito sulla razza, sulla razzializzazione, sul multiculturalismo, sulla diversità sessuale, e così via. Quello che facciamo è produrre una pratica politica che ha che vedere con quello che succede intorno a noi.
L’IBI recentemente ha firmato il Manifesto Ebraico per la Giustizia Razziale. Pensa che sia importante che la comunità ebraica partecipi alla lotta contro le forme di oppressione?
Io non credo che l’antisemitismo sia qualcosa che possa essere disassociato o disconnesso da altre forme di pregiudizi e oppressioni. L’antisemitismo esiste perché esiste un terreno fertile per il razzismo. Nelle società in cui il razzismo è stato superato, è stato superato anche l’antisemitismo. Lottare contro il razzismo è lottare contro l’antisemitismo, e lottare contro l’antisemitismo è lottare contro il razzismo. D’altra parte, alcuni ebrei brasiliani hanno interiorizzato la narrativa che loro sono bianchi prima di essere ebrei. I bianchi in Brasile, specie nel momento politico attuale, hanno dei privilegi, per esempio, di non essere assassinato in una favela carioca mentre giochi con l’aquilone, di non essere licenziato perché non sei bianco, di non essere assassinato davanti al supermercato, è una questione di privilegio. Questa concezione però rompe il vincolo radicale che l’ebraismo deve avere, la lotta per la giustizia sociale. Io devo utilizzare questo apparente privilegio che ho essendo bianco, utilizzare la memoria storica che posso produrre dal mio ebraismo per intervenire. Se non lo faccio, nella mia opinione, io sto rinunciando alla parte più importante della mia ebraicità.
Bolsonaro è stato eletto in una campagna segnata dall’odio, una campagna che ha anche puntato i riflettori sulla comunità ebraica brasiliana. Cosa ci può dire la vittoria di Bolsonaro sul Brasile?
Le persone che lo hanno votato non si sono preoccupate di questa prospettiva anti-democratica. Il Brasile ha eletto una minaccia alla civilizzazione.
Durante la campagna elettorale Bolsonaro ha visitato il club l’A Hebraica, a Rio de Janeiro. Mentre pronunciava un discorso razzista, veniva applaudito e definito come “Leggendario” dai presenti, fuori un gruppo di ebrei e non protestava contro la sua presenza e urlava “Non nel nostro nome.” Qual è l’impatto di questo evento sulla comunità ebraica brasiliana?
C’è un caso che è fondamentale per capire la storia della popolazione ebraica in Brasile, che è l’uccisione di Vladimir Herzog. Vladimir Herzog fu un giornalista ebreo, ucciso dalla dittatura militare. Lui fu dichiarato come suicida dalla dittatura, ma è stato vittima di un omicidio politico. Fu imposto l’ordine di seppellirlo come suicida e la comunità ebraica prese in considerazione la possibilità di farlo. Il che mi ha sempre sorpreso. Qui, la tradizione ebraica fu influenzata da interessi politici molto specifici. Herzog, che in certo modo ha prodotto l’accelerazione della fine della dittatura militare, non fu seppellito come suicida grazie all’intervento del Rabbino Henry Sobel, che ha anche realizzato una celebrazione ecumenica nella Praça da Sé, a San Paolo. In qualche senso, il Rabbino Sobel ha salvato la vita e ha salvato l’immagine della comunità ebraica brasiliana. Non seppellendo Herzog come suicida, ha pulito l’immagine di complicità che parte della comunità ebraica aveva con la dittatura militare. Questo atto ha prodotto l’idea che la comunità abbia resistito in massa alla dittatura, ma questo non è vero. Bolsonaro quando si candida presidente della Repubblica cita il caso Herzog varie volte, con una espressione allusiva: queste persone si suicidano. Chi sono queste persone? Ebrei? Comunisti? La scissione comincia molto prima della Hebraica, la comunità ebraica, i movimenti giovanili sionisti, gruppi ebraici di sinistra, gruppi liberali ebraici vedono Bolsonaro come una minaccia alla democrazia, e una minaccia ai valori ebraici, e un’altra parte della comunità, di destra, vedono Bolsonaro come la salvezza contro il comunismo. Questi gruppi di destra, accusano quelli di sinistra di essere traditori. Davanti all’Hebraica c’era un gruppo immenso di ebrei che urlava contro Bolsonaro, e dentro c’era un gruppo immenso che lo lodava. Quelli dentro parlavano di Israele, quelli fuori anche; quelli dentro si consideravano sionisti, quanto quelli fuori. Ecco cos’è successo: sono parsi evidenti i molti significati del Sionismo. E questo ha creato una scissione mai vista nella comunità ebraica.
Cosa pensa dell’articolo di Bernardo Sorj in cui sostiene che la storia degli ebrei è segnata dalla memoria, e quella brasiliana della non-memoria.
Bolsonaro accede ad una memoria. Una memoria della schiavitù positiva o una memoria mitica che sostiene l’assenza di schiavitù in Brasile, prodotta dal razzismo, il pregiudizio, la violenza. Una memoria che in qualche modo ordina la società in una gerarchia. E sembra che fosse quello che voleva la società brasiliana votando Bolsonaro, una prospettiva violenta, radicalmente di destra, e fascista. Credo sia importante usare questo termine, fascista.
Secondo l’Osservatorio Ebraico per i Diritti Umani, uno dei tratti del governo Bolsonaro è ricorrere a temi e immagini nazi-fasciste, come il saluto con il braccio destro teso, o il discorso dell’ex segretario della Cultura, Roberto Alvim, che ha copiato l’estetica, parti del testo e il concetto di “cultura pura e nazionale” di Joseph Goebbels. Questo può portare ad una normalizzazione di questo tipo di discorso in Brasile?
Sta già succedendo. Dalle sue origine nel 2016, il Bolsonarismo fu sostenuto da gruppi di estrema destra, tra questi anche gruppi nazisti. Bolsonaro ha sempre flirtato con l’ Hitlerismo, è stato a favore dell’inclusione di una traccia su Hitler nell’ENEM, parla dell’Olocausto in modo molto dubbio ed ambivalente, e ha come riferimento estetico simboli tipici del Nazismo. Bolsonaro quando flirta con il Nazismo si preoccupa di igienizzare la sua immagine, perché sa che teoricamente ha bisogno di avvicinarsi agli ebrei, affermando di essere a favore di Israele. E’ sbagliato dire che gli ebrei lo hanno votato in massa perché la classe media bianca è stata la sua principale sostenitrice, almeno secondo il DataFolha. In Brasile chi si è dichiarato contro Bolsonaro sono stati gruppi specifici della comunità ebraica, e non le istituzioni ebraiche.
La comunità ebraica brasiliana si trova lontana dai grandi centri ebraici. Qual è l’importanza delle voci diasporiche dalle periferie?
Io credo che la periferia debba cambiare il centro.
Interessante. Fra poco il capo d’anno degli alberi . Auguri per le feste a tutti.