Strano ma ebreo! Storie strane e stravaganti (in yiddisch antico)
Il Tannhäuser ebreo

Una riscrittura in versione ebraica di un motivo tipico della letteratura tedesca medioevale per salvare gli ebrei dall’accusa di omicidio rituale

Racconto su un ebreo convertito (al Cristianesimo), che era un grande malvagio, e che con la sua malvagità, per molti anni, aveva causato la morte di tanti ebrei. Una volta il convertito si recò da Rabbi Yehuda Khasid e lo pregò di prescrivergli una penitenza, poiché era molto pentito dei suoi peccati, e cominciò a raccontare le gravi trasgressioni da lui commesse nei giorni della sua vita, da quando era divenuto un convertito. E quando il Khasid udì di tali cattive azioni, non volle prescrivergli penitenza alcuna. Disse: “Le tue trasgressioni sono troppo grandi”. E il Khasid tagliò via un ramo da un bastone di spine che aveva in mano, e disse al convertito: “Tanto quanto questo bastone può diventare verde e questo ramo far germogliare foglie verdi, altrettanto tu puoi espiare la tua colpa. Cosa dovrei stabilire per te come penitenza?” Il convertito se ne andò e disse: “Il Khasid non vuole stabilire per me penitenza alcuna, allora diventerò ancora più malvagio di quanto non fossi prima.” Non molto tempo dopo che il convertito se ne era andato, il Khasid vide che il bastone era tornato ad essere verde e aveva fatto germogliare foglie verdi. Si meravigliò molto e ricordò le parole che aveva dette al convertito, e pensò: “Il convertito può ancora espiare, poiché il ramo è tornato ad essere verde”. E mandò immediatamente a chiamare il convertito e gli disse: “La volta scorsa non ho voluto stabilire per te alcuna penitenza, e ti ho detto che tanto quanto questo bastone può diventare verde e germogliare foglie, altrettanto puoi espiare le tue colpe. Ora il bastone è tornato a diventare verde e ha germogliato foglie verdi. Dal momento che ti è accaduto un tale miracolo, una volta almeno devi avere compiuto una buona azione. Se tu me la mostri, stabilirò per te una penitenza, e se ti pentirai, riceverai l’espiazione”.

Il convertito disse: “Devo riconoscere le mie colpe. Caro Maestro (Rabbi), voglio raccontarti che da quando sono diventato un convertito, non ho fatto del bene agli ebrei. Ogni volta che ho avuto la possibilità di fare del male ad un ebreo, mi ci sono impegnato alacremente, tranne una volta, quando giunsi in una città. Vi trovai molti ebrei e i cittadini li odiavano molto e avrebbero voluto sbarazzarsene volentieri, e non sapevano come liberarsi di loro. Allora escogitarono una falsa accusa e buttarono nella casa di un ebreo un cadavere di un bambino illeggittimo e dissero che lo avevano ucciso gli ebrei. Allora i cittadini si riunirono in città, giovani e vecchi, e coloro che odiavano gli ebrei volevano fare un tumulto e volevano ucciderli tutti. Nel Consiglio della città vi era un cittadino che era molto buono verso gli ebrei. Egli parlò davanti al popolo della città che si era radunato, [dicendo] che non dovevano affrettarsi a versare sangue innocente: “Andremo a fondo della questione se gli ebrei debbano avere il nostro sangue oppue no. E vi dirò come faremo: abbiamo qui un ebreo battezzato. Chiederemo a lui, poiché sicuramente egli lo sa bene. Se dice di sì, che devono avere il nostro sangue, sicuramente sono colpevoli. Se il convertito dice no, che non lo fanno [non cercano il nostro sangue], certamente non lo hanno fatto [non sono colpevoli]. Volete versare del sangue innocente? Agiremmo in modo errato, se versassimo così tanto sangue innocente! Ma se anche avete ragione, comunque non dovreste uccidere gli ebrei.” Allora i cittadini mi mandarono a cercare e mi fecero giurare in modo molto severo che avrei detto la verità. Allora giurai che avevano mentito loro, e avevano dato molte spiegazioni che erano menzogne, poiché – [dissi loro] – io vi dico: “guardate: gli ebrei hanno l’obbligo di salare e lavare tutta la loro carne, per lavare via il sangue dalla carne, poiché è scritto nella Torà che non possono mangiare sangue. E inoltre devono macellare ritualmente il bestiame di modo che ne esca il sangue. Come potrebbero allora avere bisogno di sangue?”. Quando udirono queste parole, dissero: “Se è così, allora non deve accadere agli ebrei male alcuno”. E così il decreto fu annullato e nulla accadde agli ebrei. Ma se avessi detto di sì, allora sarebbero morti, non sia mai!. Questa è la migliore azione che abbia fatto in tutta la mia vita”. Disse il Khasid: “Questa è stata una buona azione”. Stabilì per lui una penitenza e [il convertito] si comportò rettamente e tornò ad essere un ebreo devoto.

Questo racconto ci giunge da due manoscritti ed un libro a stampa in yiddish antico. I manoscritti furono copiati alla fine del ‘500 in Italia Settentrionale, probabilmente tra gli attuali Trentino Alto Adige e Veneto, sedi di comunità ashkenazite. Il libro che include la versione a stampa qui tradotta – e leggermente riscritta, per evitare alcune ripetizioni – fu stampato a Basilea nel 1602, con il titolo: ‘Un bel libro di storie’.
Due note sono indispensabili per offrire un orientamento minimo al lettore che inavvertito abbia letto la storia: Yehuda heKhasid fu un rabbino che visse nella zona delle comunità di ‘Shu“m’ (Speyer, Worms e Mainz) a cavallo dei secoli XII e XIII. Autore prolifico, a lui fu attribuito tra l’altro il Sefer Khasidim (Libro dei devoti), che godette di una grande fortuna nella cultura ashkenazita. Divenne l’eroe di tanti racconti agiografici che sono stati trasmessi sia in ebraico che in yiddish; infine, il tema del ramo secco che torna a fiorire come segno miracoloso della possibilità di perdono per chi ha commesso gravi colpe è dominante nel Tannhäuser, dove al posto di Yehuda heKhasid c’è il Papa. Il racconto è dunque un breve esempio di riscrittura in versione ebraica di un motivo diffuso nella letteratura tedesca medioevale, riscrittura ‘ebraizzata’ volta a presentare una difesa dall’accusa di omicidio rituale.

Claudia Rosenzweig
collaboratrice

Insegna Letteratura yiddish antica all’Università di Bar-Ilan.


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