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It sounds Jewish#2

“Story of Isaac”, la Legatura di Isacco in una canzone di Leonard Cohen

La legatura di Yitzchaq o Isacco… passaggio sconcertante e difficile. Molte le interpretazioni, i midrash che lo raccontano nuovamente, le riflessioni filosofiche. Quella che manca sempre, è la voce della vittima predestinata, Yitzchaq, colui che nacque nel riso, tanto da averlo, il riso, nel nome. Quale ironia! Il più severo dei patriarchi, colui che per i cabalisti simboleggia la forza e il rigore, il vigore maschile, sarebbe colui che rise e/o riderà, o comunque ha lo scherzo nelle sillabe che lo definiscono…

Ci voleva un poeta divenuto musicista per farla sentire, quella voce. Leonard Cohen, in Songs from a Room, il suo secondo album, anno di grazia 1969. Ma molte di quelle canzoni iniziarono parecchio tempo prima a Hydra, in Grecia, viaggiarono per l’oceano assieme a lui e alla sua compagna Marianne, che gli aveva lanciato una chitarra a mo’ di salvagente contro la depressione, si stabilizzarono sulla East Coast americana per essere poi lasciate libere a girare il mondo. Fra queste, Story of Isaac.

Non è un Isacco remissivo, quello di Cohen. Il poeta canadese nipote di rabbini ci lascia un Midrash amaro, duro, accusatorio. Contro il padre Abraham, Abramo, contro i padri, contro il patriarcato. Serpeggia sottile l’idea che essere padri, esercitare l’autorità paterna, sia un atto di violenza, l’inizio di una catena che porta alle carneficine delle guerre. È una canzone contro la guerra, nel pieno della rivolta contro quella del Vietnam, sull’onda della messa in discussione di tutto, a cominciare dal patriarcato e dalla paternità.

La musica è sempre uguale, un perfetto canto strofico, pochi accordi ed un giro d’arpeggi fisso, un po’ come in un’altra canzone del medesimo album, The Partisan. Quasi una salmodia…

La voce di questo Isacco amaro, critico, duro, ribelle nel cuore ma non nei gesti, non può che essere fisicamente quella di Leonard Cohen. Vi sono molte altre belle versioni del pezzo, di Suzanne Vega, di Judy Collins… ma ogni paragone sarebbe ingiusto. Enjoy!

The door it opened slowly,
my father he came in, was nine years old.
And he stood so tall above me,
his blue eyes they were shining
and his voice was very cold.
He said, “I’ve had a vision
and you know I’m strong and holy,
I must do what I’ve been told.”
So he started up the mountain,
I was running, he was walking,
and his axe was made of gold.

Well, the trees they got much smaller,
the lake a lady’s mirror,
we stopped to drink some wine.
Then he threw the bottle over.
Broke a minute later
and he put his hand on mine.
Thought I saw an eagle
but it might have been a vulture,
I never could decide.
Then my father built an altar,
he looked once behind his shoulder,
he knew I would not hide.

You who build these altars now
to sacrifice these children,
you must not do it anymore.
A scheme is not a vision
and you never have been tempted
by a demon or a god.
You who stand above them now,
your hatchets blunt and bloody,
you were not there before,
when I lay upon a mountain
and my father’s hand was trembling
with the beauty of the word.

And if you call me brother now,
forgive me if I inquire,
“Just according to whose plan?”
When it all comes down to dust
I will kill you if I must,
I will help you if I can.
When it all comes down to dust
I will help you if I must,
I will kill you if I can.
And mercy on our uniform,
man of peace or man of war,
the peacock spreads his fan.


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