Cultura
JOI Book Club, un’iniziativa per leggere insieme

Un buon esempio di dialogo e confronto sulla letteratura contemporanea. Un articolo a quattro mani per raccontarvi cosa succede al club del libro (e come si fa una recensione collettiva)

Alessia Bisini ci aveva contattato tempo fa per una collaborazione. Aveva un’idea: fondare un Book Club dedicato alla letteratura ebraica. Et voilà, nel giro di pochi giorni (una trentina?) è nato il JOI Book Club, con Federica Astrologo, Alessia Campagnano, Daniel Sioni e Micol Radzick. Ecco com’è andata. Anzi, come sta andando. Due i reportage dal book club: Alessia Bisini ha raccolto le impressioni dei partecipanti sul significato di questa iniziativa culturale; Micol Radzik ci racconta invece l’ultima lettura, una sorta di recensione collettiva de Il mostro della memoria.

Alessia Bisini, un jewish book club di grande soddisfazione
Siamo partiti in un viaggio attraverso ebraismo e filosofia con “Il problema Spinoza” di Irvin D. Yalom, autore americano di una trilogia interamente dedicata ai filosofi che hanno definito la sua lungimirante carriera.
Abbiamo riflettuto sul senso di appartenenza alla comunità ebraica, con tutte le sue mille sfaccettature, e sul potere della voce delle donne all’interno di essa con “Disobbedienza” di Naomi Alderman, voce fuori dal coro ed ex-membro della comunità ortodossa di Hendon, un sobborgo di Londra.
Infine, abbiamo discusso dell’importanza della Memoria personale e collettiva, dell’importanza di farsi testimoni della parola di chi un giorno non ci sarà più e dell’impatto della Shoah nella società contemporanea israeliana con Il Mostro della Memoria di Yishai Sarid, scrittore ad avvocato israeliano (autore de “Il poeta di Gaza”).

Una bella esperienza. Ecco cosa dicono i partecipanti.

Anna Grattarola: “Il Book Club è composto da un gruppo di persone davvero brave, aperte ed inclusive. Mi piace davvero tanto come vengono moderate le discussioni, perché danno spazio a tutti di esprimere la propria opinione in merito a quanto abbiamo letto. Apprezzo molto anche le domande che vengono formulate durante l’incontro. Sono utili, anzi preziose, per una discussione proficua. Bello anche il metodo di scegliere il libro, è la democrazia, bellezza!”

Giovanni Neiman: “Grazie a questo Club del Libro ho potuto leggere dei libri bellissimi che non avrei mai letto, e discuterne con persone simpatiche e interessanti, di ogni età”.

Chiara Castelbolognese: “Mi piace molto il fatto che ci siano persone così diverse tra di loro, sia in termini di età, che di provenienza geografica. Io vivo all’estero e sono felice di poter incontrare virtualmente tanti italiani appassionati di libri che altrimenti non potrei incontrare di persona. Inoltre, mi piace molto come gestite e moderate le conversazioni tra i partecipanti. In generale, uno dei motivi per cui ho scelto questo Book Club è il suo tema centrale: l’ebraismo in generale, senza confini precisi, e che lo si possa affrontare in tanti modi diversi perché ognuno di noi porta il porto contributo in base alla propria esperienza”.

Ella Sher: “Sono felicissima di esserci (almeno con la mente, perchè vivendo a Lisbona, con il fuso orario e due bambini piccoli è complicato) dall’inizio e di aver potuto leggere un libro come quello di Yalom. Per me significa molto! Lavoro con i libri, sono agente letteraria, leggo tante di quelle cose! Non avevo mai partecipato a un Book Club in vita mia.
Cosa mi piace? Sentirmi parte di un gruppo”.

Silvia Suzzi: “Quando si è presentata l’occasione di prendere parte al Book Club di JOI, ho colto al volo questa opportunità. Devo dire che le mie aspettative sono rimaste profondamente soddisfatte, perché mi si è aperto di nuovo un mondo. Non avevo mai partecipato prima ad un club del libro e non sapevo come si svolgesse, ma grazie all’organizzazione e all’attenzione curate dagli ideatori è stato facile per me farne parte e rimanere attiva in questa esperienza.
Nel Book Club ho fatto un incontro speciale con un autore che ora amo molto, Yalom: “Il problema Spinoza” è stata un’occasione per spingermi a profonde riflessioni circa la funzione che potrebbe avere quel genere di filosofia anche nella società odierna”.

Ma andiamo nei dettagli. Micol Radzik parla della lettura de Il mostro della memoria di Yishai Sarid

Nel mese di gennaio il Book club si è impegnato a leggere il libro di Yishai Sarid che, nelle sue poco più di 100 pagine, ha suscitato tanti quesiti e spunti di riflessione.

D’altronde si era capito fin da subito che avevamo tra le mani un libro sulla Shoah piuttosto particolare: indaga la percezione dell’Olocausto nella società contemporanea israeliana.  Gli studenti israeliani imparano a conoscere la Shoah fina dalla tenera età e durante il loro percorso scolastico si recano in Polonia per visitare i luoghi della memoria. Ed è proprio queste scolaresche che il protagonista de il Mostro della Memoria accompagna, come storico qualificato della Shoah.

L’io narrante non ha un nome, in effetti potrebbe rappresentare ognuno di noi alle prese con un “mostro” troppo grande da affrontare. Per allontanare tale mostro, però, non è sufficiente adottare un approccio razionale, freddo e distaccato, come quello del protagonista, che al figlioletto Idò dice che “il mostro è già morto, è rimasto solo il suo ricordo”. Questo genere di mostro è molto insidioso e lui stesso lo scoprirà ben presto, subendo nel corso del romanzo un tracollo psicologico graduale ma vorticoso, che culminerà in un finale drammatico e alquanto inaspettato. L’ angoscia del protagonista è ben evidenziata dal racconto in prima persona, che non subisce alcuna interruzione (il libro non ha capitoli!), apparendo come un flusso di coscienza in una lettera indirizzata al Direttore dello Yad Vashem. O forse le pause ci sono, suggerisce qualcuno di noi, ma sono figurate, e sono rappresentate dai momenti in cui il protagonista torna a casa dalla moglie e dal figlio dopo i lunghi viaggi in Polonia, e dedica finalmente del tempo alla sua famiglia.

Questa è un’interpretazione interessante, così come le diverse opinioni dei partecipanti al Book Club rispetto ad uno dei dilemmi che più ci ha fatto riflettere: chi è il famigerato “mostro” che dà il titolo al romanzo? E’ forse il regista tedesco che compare verso la fine del libro, che vuole girare un film su un “autentico” e stereotipato ebreo nei campi, alludendo metaforicamente all’antisemitismo e alle tante altre forme di razzismo che stanno dilagando in questi anni? O forse il mostro in realtà è la memoria stessa che perde valore quando viene banalizzata, come nel caso dell’inquietante videogioco ispirato alla Shoah che nel libro viene progettato in modo realistico seguendo i suggerimenti esperti del protagonista? O ancora è la memoria sterile, che se non calata nel presente rischia di diventare una natura morta e ridurre il giorno della sua ricorrenza ad una mera formalità?
Da queste riflessioni altre domande sorgono spontanee: qual è il ruolo della memoria oggi? E come va trasmessa, in particolare alle nuove generazioni?

A questo proposito molto provocatoria è la riflessione, contenuta nel libro, di un ragazzo a cui viene chiesto che insegnamento abbia tratto dalla visita ai campi: “penso che per sopravvivere dobbiamo essere anche un po’ nazisti”. Ma sono davvero la forza e la violenza le ricette per far fronte alla sopraffazione?

Siamo disposti a perdere i nostri valori e lasciare da parte l’etica pur di difenderci dal mostro e sopravvivere? Come ci saremmo comportati se alla nostra porta durante la guerra avesse bussato un bambino ebreo in fuga in cerca di ospitalità o se nei campi i Nazisti ci avessero obbligati a far parte del Sonderkommando?
Restiamo attoniti e frastornati dai mille interrogativi che la lettura di questo libro ci ha posto e a cui non sempre è facile dare una risposta.
Ma forse sta proprio qui il senso della memoria della Shoah: oltre a conoscere ciò che è accaduto, approfondendo anche le storie individuali, che hanno una forza a volte superiore a tanti dati e numeri, dobbiamo interrogarci, condividere le nostre riflessioni con gli altri, ma soprattutto metterci nei panni degli indifferenti, della gente comune, cercando sempre un filo di connessione con il presente.
Un buon libro, come un bravo psicologo, non fornisce soluzioni ai problemi, ma pone le domande giuste per affrontarli. E Il Mostro della Memoria è tra questi.

 

per informazioni sul Book Club e i prossimi appuntamenti, visitate la pagina Instagram di Joi


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