Cultura
“La leggenda dei tre bambini magici e del loro cane santo”, un libro sulla speranza

Un sorprendente romanzo sulla diversità, il dialogo e la collaborazione

Nel dramma collettivo generatosi dalla tragedia del 7 di ottobre, la ricerca della speranza è un paradigma fondamentale per dare linfa al diritto e al bisogno di mantenere viva la propria identità culturale e religiosa, senza rinunciare alle possibilità e opportunità offerte della coesistenza con gli altri. Romanzi come La leggenda dei tre bambini magici e del loro cane santo di Adam Gidwitz di recente pubblicato in italiano da Giuntina, si inseriscono nel filone storico-fantasy per Young Adult, distinguendosi però dall’ampia offerta del genere per un’interessante rilettura di uno dei periodi europei più bui nella storia: il medioevo spesso interpretato come periodo stagnante, privo di stimoli per la crescita, prigioniero della violenza nonché bloccato da oscurantiste ortodossie religiose, attraverso la penna di Gidwitz assurge inaspettatamente, come sostenuto dall’autore stesso, a periodo di collaborazione e collisione culturale, un periodo vibrante, straordinario e dinamico.

L’autore era già noto in Italia per il romanzo, In una notte buia e spaventosa (2012, Salani Ed.), acclamato dalla critica e best seller del New York Times, in cui rilegge la fiaba dei fratelli Grimm Hansel e Gretel, creando un universo favolistico originale in cui i due fratelli varcano il confine della loro stessa storia per trovarsi a vagare in una realtà alternativa costituita dalle migliori fiabe classiche dei fratelli Grimm. Ma in questo nuovo romanzo dalle pagine egregiamente miniate dall’artista egiziano Hatem Aly, frutto di ricerche storiche e letterarie durate più di sei anni, si viene calati in un Basso Medievo in transizione culturale in cui i personaggi ben si adattano al periodo storico con le loro ibridazioni tra fantasia e realtà. Sono tre ragazzi dalle origini diverse ma con caratteristiche etniche ben definite e distinte che attraverso una fluida ed attrattiva narrazione strutturata dai racconti parziali di diversi viandanti in una locanda, permettono al lettore di trovare conferma passo per passo, dal loro incontro improbabile al finale metafisico, come le diversità possano coesistere e creare una positiva dipendenza reciproca per superare i momenti più difficili.

I protagonisti principali di questa avventura del 1412 che si dipana in Francia tra borghi, foreste dal sapore di magia, mercati e corti reali, sono dipinti con tratto fantastico senza però sbiadirne il lato storico. Si incontra Jeanne, la giovane contadina dalle capacità precognitive chiaramente ispirata a Giovanna d’Arco, William un monaco di origini arabe dotato di una forza sovrumana tratto dalla leggenda di Guilhelm d’Orange ma qui rappresentato con la pelle scura, Jacob, un ragazzo ebreo appena scappato da un pogrom e capace di guarire con le erbe medicinali anche le più mortali ferite che assume il valore simbolico dell’esperienza religiosa ebraica in contrasto o conflitto con un’avversa Europa fortemente cristianizzata e infine la cagna soprannaturale GwenForte, ispirata al levriero Guenforte citato nelle cronache del reale inquisitore Stefano di Borbone che si era trovato a confrontarsi con il culto di un cane venerato come santo. Infine si muovono accanto ai tre ragazzi alcune figure di rilievo storico come il Re Luigi IX ,che tra le sue evidenti incoerenze non poteva mancare da un lato il forte odio per gli ebrei, al punto da organizzare con la madre Bianca di Castiglia il rogo di migliaia di testi ebraici, dall’altro la capacità di condannare formalmente le violenze subite dai 4.000 ebrei che vivevano allora in Francia, o il temuto frate Michelangelo da Bologna che secondo il detto di “Bologna la dotta, Bologna la grassa”, viene descritto come ben piazzato e colto, senza però non stupire i lettori nel suo finale mistico, quasi surreale. Nel racconto non mancano cavalieri, apparizioni di draghi, polverose taverne, saggi rabbini e frati open-minded, senza però abbandonare la costante sensazione che alle tragedie del passato siano collegate quelle del presente, ma che ieri come oggi è possibile farne fronte.

Il Medioevo di Gidwitz non appare così tanto dissimile dal presente: accanto al ciclo generato dagli zeloti che uccidevano e le vittime poi si vendicavano creando un ciclo di odio senza fine, esistevano contesti come il regno spagnolo di Al Andalusia in cui ebrei, cristiani e musulmani potevano coesistere, mostrando che la speranza poteva e può ancora oggi sempre muoversi in parallelo alla violenza e alla sofferenza conseguente.
Un libro, pluripremiato da grandi testate come New York Times, Washington Post, People, da raccomandare alle scuole primarie e medie per ricercare, tra magia e storia, qualcosa che colleghi oggi tra loro le diversità. Da non perdere.

 

Adam Gudwitz, La leggenda dei tre bambini magici e del loro cane santo, traduzione di Marina Morpurgo, miniature di Hatem Aly, pp. 368, euro 20


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