Dan Senor e Saul Singer raccontano Israele, il suo “eccezionalismo” e le ragioni di una creatività unica
The Genious of Israel
Tutti conoscono Dan Senor e Saul Singer per il noto best seller “Startup Nation”, pubblicato nel 2009 e diventato, da allora, un brand con cui ribattezzare lo Stato Ebraico: un sinonimo di Israele utilizzato da giornali e giornalisti di tutto il mondo.
Da anni si aspettava un seguito e il 2023 doveva essere l’anno di “The Genious of Israel”. Data prevista per l’uscita: 7 novembre. I libri erano praticamente già in stampa il 7 ottobre, quando Hamas ha massacrato oltre 1200 israeliani nei kibbutz al confine con la Striscia.
Una doppia ferita inflitta al popolo israeliano: non solo la perdita di fiducia nei confronti dei gazawi che fino al 6 ottobre, ogni giorno, entravano a migliaia per lavorare in Israele, ma soprattutto nei confronti del proprio governo e della propria intelligence: un fallimento a 360 gradi reso possibile da un primo ministro sotto processo per corruzione e frode, che stava crollando prima ancora dell’attacco del Sabato Nero.
Nei nove mesi precedenti, centinaia di migliaia di manifestanti avevano sfilato per 39 sabati consecutivi affermando che la loro amata nazione stava venendo trascinata dal suo governo populista in una miseria autoritaria, che stava mettendo a rischio la sicurezza stessa del Paese. In prima linea a manifestare contro l’esecutivo, i riservisti.
Eppure, proprio loro, il 7 ottobre si sono uniti senza indugi: 360.000 miluimnikim di tutti i credo – ebrei, musulmani e cristiani – si sono precipitati ad indossare le uniformi per combattere il gruppo terrorista, trovandosi a lottare con attrezzature scadenti che sono state sostituite grazie a fondi privati raccolti dai volontari che si sono rimboccati le maniche già la notte dell’8 ottobre.
La forza trainante dell’esercito come motore di “Startup Nation” è anche uno dei temi principali affrontati nel nuovo volume dei due autori americani.
Il consigliere politico Dan Senor e l’ex direttore del Jerusalem Post Saul Singer hanno scritto un libro dal titolo “Il genio di Israele” e, sebbene il loro tempismo non avrebbe potuto essere peggiore, il volume offre importanti riflessioni su uno Stato che, nel suo essere così piccolo sia per superfice che per numero di abitanti, ha dimostrato, da sempre, la sua straordinaria grandezza sui piani economico, culturale e militare.
Per questo, secondo gli autori, gli israeliani si riprenderanno dal brutale attacco di Hamas e riusciranno a ristabilire un nuovo equilibrio nazionale.
Senor e Singer sono diventati famosi nel 2009 con “Start-Up Nation: The Story of Israel’s Economic Miracle”, che cercava di spiegare come un piccolo e giovane Paese circondato da nemici potesse avere la più alta percentuale al mondo di compagnie quotate sul mercato Nasdaq. La risposta: un mix di “nuovi arrivati” disposti a correre i rischi dell’imprenditoria, e la cultura dell’innovazione promossa tra i giovani israeliani a partire dagli anni del servizio militare obbligatorio.
Il loro nuovo libro si basa su queste prime intuizioni esaminando, nel dettaglio, come funziona la società israeliana aldilà dell’high tech. Negli ultimi 15 anni, infatti, il P.I.L. pro capite era salito al di sopra di quello di Gran Bretagna, Francia e Giappone.
Il numero di società multinazionali che operavano nel Paese era passato da meno di 150 a più di 400.
Israele – ben prima del 7 ottobre – è stato esposto a traumi costanti eppure, scrivono gli autori, il Paese ha tassi di abuso di alcol, morte per oppioidi e suicidio tra i più bassi al mondo. Inoltre, i cittadini israeliani sono stati definiti tra i più “felici” del pianeta. Hanno un’aspettativa di vita tra le più lunghe e danno al mondo il maggior numero di figli per famiglia di qualsiasi Paese occidentale. Inoltre, producono – pro capite – più contenuti originali per film e TV rispetto a Gran Bretagna, Canada o Francia.
Partendo da queste premesse, pur trovandosi di fronte a una resa dei conti a causa delle profonde divisioni sociali e la sua posizione precaria in Medio Oriente, Israele è arrivato fino ad oggi – e al 7 ottobre – come una delle società di maggior successo al mondo, con un’energia pulsante e unica e questo potrebbe rivelarsi, ancora una volta, la sua salvezza.
Un Paese che non molto tempo fa era agrario, in difficoltà economica e sotto assedio è diventato nel giro di pochi decenni un faro di crescita e sviluppo ad alta tecnologia. Come analizzano gli autori, in un’area che era deserto si stanno già costruendo treni ad alta velocità per collegare città precedentemente remote e parti del centro un tempo pittoresco di Tel Aviv ora competono con lo skyline di Shanghai.
Senor, scrittore, podcaster e consulente economico, e Singer, giornalista che ha fornito consulenza ai membri del Congresso prima di trasferirsi in Israele 30 anni fa, negli anni precedenti la pubblicazione hanno intervistato di israeliani: dagli imprenditori ai politici, dai leader religiosi agli autori televisivi.
Il libro è di facile lettura e il concetto narrativo – una ricerca per capire l’eccezionalismo israeliano – funziona in modo brillante. La ricerca di una risposta a questo eccezionalismo li riporta, per quanto possa sembrare paradossale in questi giorni, proprio a puntare sull’esercito. Secondo gli autori, a differenza degli americani, i giovani israeliani imparano, in quelli che dovrebbero essere gli anni del college, a far parte fin da subito di qualcosa di più grande. L’esercito offre un’alternativa alla meritocrazia accademica e valorizza la determinazione, il lavoro di squadra e l’autocritica. Concentrarsi su tali competenze, sostengono, aiuta a costruire una forza lavoro superiore e più creativa.
Nella loro attenta analisi la solitudine è sempre più vista come la rovina dell’esistenza occidentale. Mentre in Israele, come dice ai suoi interlocutori la dirigente televisiva Danna Stern, “condividiamo eccessivamente. Entriamo nei dettagli delle vite personali. Non c’è alcun senso di privacy e non ci sono confini tra casa e lavoro. È una ricetta perfetta per l’amore ma anche per il conflitto”.
E il modo in cui il Paese si è unito per affrontare le sfide militari in questi mesi ne è un’ulteriore prova.
In conclusione, sostiene il libro, la continua minaccia esterna e l’obiettivo condiviso di costruire uno Stato ebraico sicuro che sfidi non solo l’Olocausto nazista ma secoli di antisemitismo creano, di fatto, un senso di “scopo”: “sapere che è in gioco la tua stessa esistenza costringe a stare focalizzati”.
Come lo scrittore Micah Goodman racconta agli autori, in Israele c’è sempre la sensazione che “la storia stia accadendo ora” e che ogni cittadino contribuisca a realizzarla.
Mai come in questi giorni.
Dan Senor e Saul Singer, “Startup Nation”, Constable, 17 euro