La diaspora e Israele
Che cosa significa per un ebreo della diaspora supportare Israele? Risponde rav Alberto Moshe Somekh
Il Profeta Isaia (58,7; Haftarah della mattina di Yom Kippur!) ci insegna: “Non ti disinteressare di chi è della tua stessa carne”. Chiunque di noi prenderebbe le parti di un proprio parente coinvolto in una causa. Gli Ebrei della Diaspora hanno il dovere, in nome della solidarietà, di sostenere i loro fratelli d’Israele di fronte all’opinione pubblica senz’altra considerazione che la solidarietà famigliare stessa. Ho trattato più estesamente questo problema, portando anche fonti halakhiche, in “Katuv le-Chayim, Spunti di riflessione dalle Tefillot del Giorno di Kippur”, La Giuntina, Firenze, 1994.
E proprio nella parte conclusiva del capitolo 8, Verità e solidarietà, Somekh scrive che il Talmud fornisce un utile insegnamento a noi che viviamo nella diaspora, rispetto a chi vive in Israele. Come è giusto che gli ebrei reagiscano alle notizie dal Medioriente? “C’è chi applaude, chi critica, chi si dissocia, chi si nasconde, chi perde la testa e chi viceversa se la monta. Personalmente credo che la via corretta da seguire sia proprio quella indicataci dal profeta Isaia”.
La conclusione del capitolo è affidata poi a un racconto personale. New York, 5th Avenue, nel giorno della Parade for Israel, uno spettacolo unico nella diaspora: “Fra i tanti carri allegorici che mi transitavano davanti, ad un certo punto ne vidi uno sfilarmi sotto gli occhi con un ampio striscione inalberato. In ebrqico e in inglese vi erano scritte le parole “Non ti disinteressare di chi è della tua stessa carne”. Mi sovvenne allora, in tutta la sua pienezza, il significato profondo della Haftarà del mattino di Kippur”.
Prendersi cura di coloro che sono dellla stessa carne e della nostra stessa famiglia, anche se questi sono diversi da noi e talvolta non condividono il nostro pensiero e le nostre azioni. Avere cura di chi più ci è prossimo in modo incondizionato senza con ciò escludere chi invece è da noi lontano,e ciò soprattutto nei momenti di crisi più difficili. Per questo condivido il suo invito rav Someck. Ci ricorda cosa è davvero importante. Restare sé stessi, accettare la propria “carne” senza per questo eacludere a priori chi ha un “altra carne”
Right or wrong, my Country, Israele Popolo e Paese, is my Country, ben riservandomi ogni e più ampia facoltà di critica. Shabbat Shalom