Hebraica
I libri di Ester

Storia di una meghillah o melio, di un romanzo identitario di epoca ellenistica

Come Tobia, Giuditta e i libri dei Maccabei, Ester è un testo storico-narrativo di epoca ellenistica. La tradizione rabbinica successiva si è mostrata tendenzialmente restia a includere nel canone biblico questi libri nonostante, come noto, fossero scritti da ebrei per un pubblico ebraico, e in seno alle comunità ebraiche siano stati diffusi e trasmessi. Perciò di queste opere Ester è l’unica inserita nel Tanakh, e la sua accettazione nel canone deve essere avvenuta solo dopo lunghe discussioni tra i rabbini. Tra le difficoltà che hanno determinato questa incertezza possiamo menzionare l’assenza del nome di Dio, che non compare neanche una volta nel testo, la struttura di racconto popolare e una serie di appariscenti elementi leggendari. L’uso che del rotolo di Ester veniva (e viene) fatto durante la festa di Purim, oltre a costituire il motivo fondamentale della sua popolarità, probabilmente è stato rilevante e forse decisivo nel determinare l’accoglienza nel novero degli Scritti (o Agiografi, in ebraico Ketuvim, la terza sezione del Tanakh) come una delle cinque meghillot. Nonostante le difficoltà di identificare il re Achashverosh (Assuero) con uno dei re persiani succedutisi tra V e III secolo, la tradizione rabbinica considera storici gli avvenimenti narrati. Ma cerchiamo di penetrare nelle pieghe del testo, senza che questo significhi sminuire il valore di una storia che non smette di appassionare lettori e ascoltatori.

Se letto come un racconto unico e continuo, il libro di Ester dà una strana impressione di disorganicità che dipende da una situazione testuale a dir poco complessa. Sono conservate infatti almeno quattro storie compiute sulla vicenda di Ester e Mordechai: il testo masoretico ebraico, due versioni in greco (la LXX e la cosiddetta lucianea o antiochena) e una in latino, la vetus latina, precedente alla traduzione operata da Girolamo nella Vulgata.
Ne va aggiunta secondo alcuni studiosi una quinta, quella di Giuseppe Flavio compresa nelle Antichità giudaiche, che pur prendendo come base la LXX è arricchita da sfumature romantiche che la rendono più simile a una novella ellenistica. Il motivo per cui si preferisce parlare di diverse versioni, o anche di diversi libri di Ester, è che le differenze sono molto più grandi di quelle che ci si potrebbe attendere da qualsiasi traduzione anche libera. La stessa estensione è molto diversa, con la LXX che è decisamente più lunga del testo masoretico ebraico, con quasi il doppio delle parole e circa cento versetti in più, situazioni raddoppiate e contraddizioni.
Nelle versioni greche e in particolare nella lucianea è Mordechai e non Ester il vero e proprio protagonista attorno a cui si dipana la storia. La versione latina, a lungo trascurata in quanto tarda, è stata in anni recenti posta al centro dell’attenzione da Haelewyck perché sarebbe traduzione di una versione greca più antica di quelle che ci sono conservate, inclusa la LXX. Da decenni gli studiosi scandagliano il testo, dividendolo in sezioni narrative, individuano macro e microstrutture e costruiscono tavole sinottiche con cui confrontare le differenti versioni. Non è questo il luogo adatto a elencare ipotesi e tentativi di ricostruzione testuale, ma va sottolineato come ci sia sostanziale accordo su un fatto: la meghillà di Ester è il risultato di un lavoro a strati di autori o circoli di autori con esigenze, convinzioni e interessi non sempre identici. Allo stesso tempo, le versioni diverse da quella masoretica ebraica, a differenza di quello che si pensava agli albori degli studi quanto erano ritenute semplici traduzioni, oggi vengono considerate tradizioni parallele grossomodo indipendenti una dall’altra. È molto probabile che la lingua originale della prima versione del libro fosse l’ebraico, ma non è affatto detto che questa versione sia quella ebraica che leggiamo oggi. Per la composizione viene di solito indicato il periodo intorno alla metà del II secolo a.e.v., quindi poco dopo la guerra dei Maccabei e la successiva ascesa della dinastia asmonaica, ma esistono proposte di datazione diverse.

A questo punto sarà chiaro ormai che siamo di fronte a una storia letteraria incredibilmente intricata. Secondo alcuni sarebbero esistiti dapprima racconti indipendenti su Ester e Mordechai in un momento successivo uniti in un’unica vicenda; altri studiosi si soffermano su possibili versioni precedenti a quella ebraica conservata senza riferimenti a Purim e al massacro dei nemici, che in questo caso sarebbero dunque aggiunte posteriori. In ogni caso, prendendo a riferimento il testo ebraico tràdito letto ancora oggi nelle sinagoghe, la vicenda è scorrevole e coesa fino quasi alla fine, e più precisamente fino alla reazione da parte degli ebrei che si difendono con successo facendo strage degli aggressori. Alla descrizione delle stragi perpetuate per legittima difesa seguono le due lettere scritte da Mordechai ed Ester; sono brani che rispondono alla finalità di interpretare quanto accaduto e fondare eziologicamente sui fatti prima raccontati la festa di Purim. Anche in questi casi esistono ipotesi alternative e non è detto che vada postulato l’intervento di un autore diverso e successivo rispetto a quello del resto della storia, ma è chiaro che chiunque sia l’autore risponde a esigenze nettamente distinte da quelle soggiacenti alle pagine che precedono. Lo stesso discorso vale per gli ultimi tre versetti dedicati alla grandezza di Mordechai, che riprendono il tema già fondamentale nella storia di Giuseppe in Bereshit/Genesi secondo cui anche in un paese straniero è possibile per un ebreo avere successo e ricoprire ruoli politici rilevanti. Un ultimo nodo problematico riguarda le versioni greche (inclusa quella da cui deriverebbe l’antica traduzione latina), le quali comprendono episodi non presenti nel testo masoretico. Tra questi un sogno di Mordechai nell’incipit con relativa interpretazione (non senza venature apocalittiche) nel finale; le preghiere di Ester e Mordechai e in un caso anche quella collettiva del popolo. Nella LXX, inoltre, il complotto degli eunuchi si trova duplicato. Le versioni greche nel complesso sono più drammatiche, comprendono riferimenti apocalittici, accentuano il sentimento di fede e fiducia individuale e di conseguenza una forma intima di religiosità, danno più spazio alla preghiera e molta più centralità alla figura di Mordechai. Si tratta di sviluppi non accidentali bensì organici e meditati.

Ester, come i libri dei Maccabei, risente del forte influsso dei moduli dell’etnografia e soprattutto della storiografia greca, nonostante la storia che racconta sia orientata teologicamente. La meghillà di Ester fa per Purim quello che 2 Maccabei fa per Chanukkà, e cioè narra eziologicamente l’origine della festa. Entrambi questi libri, in altre parole, trasformano un racconto di liberazione in un racconto sull’origine di una festa. Oltre alla storiografia, l’altro genere letterario importante in età ellenistica che esercita forte influenza su Ester è quello del romanzo. Un romanzo, quello ellenistico, tipicamente improntato all’approfondimento psicologico dei personaggi, alle emozioni, all’amore fatale, al rapporto tra sessi, all’innocenza e alla violenza. Unendo i due modelli della storiografia e del romanzo è stata fatta l’ipotesi, per Ester, del romanzo storico: storico nell’ambientazione, romanzo nelle fantasiose vicende dei personaggi. Un romanzo storico inoltre orientato alla costruzione di una identità ebraica con gli strumenti messi a disposizione dalla multiforme e pervasiva civiltà ellenistica. Con quello che a un osservatore successivo può sembrare un paradosso e ancora una volta come nel caso dei libri dei Maccabei, Ester mette in risalto la peculiarità ebraica contrapposta agli altri popoli, ma nel farlo utilizza la cassetta degli attrezzi della koiné ellenistica. Dimostra così una volta di più, anche senza volerlo, lo straordinario grado di penetrazione dell’ellenismo presso la civiltà ebraica antica.

Come le storie di Giuseppe e di Daniele, la vicenda della regina Ester dà una visione sostanzialmente positiva della vita degli ebrei nelle corti. Certo, questa presenza solleva questioni e tensioni. Come trovare collocazione tra i diversi poli di lealtà verso le leggi del paese e conservazione delle proprie tradizioni etniche, tra omologazione e distinzione, dispersione e senso di appartenenza, inclusione ed esclusione sono quesiti su cui la storia di Ester interroga i lettori antichi e moderni.

Giorgio Berruto
collaboratore
Cresciuto in mezzo agli olivi nell’entroterra ligure, dopo gli studi in filosofia e editoria a Pavia vive, lavora e insegna a Torino. Ama libri (ma solo quelli belli), musei, montagne

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