Voci
Appello contro il boicottaggio delle università israeliane

Perché la ricerca e la formazione sono dei formidabili acceleratori dei processi democratici e di inclusione dei popoli

Riceviamo e pubblichiamo questo appello redatto su iniziativa dei professori Lucia Corso, Università Kore di Enna, Mathew Diamond, Alessandro Silva e Raffaella Rumiati, della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, SISSA, Trieste

Alle colleghe e ai colleghi firmatari della Richiesta di un’urgente azione per un cessate il fuoco immediato e il rispetto del diritto umanitario internazionale
A professori e ricercatori delle università italiane o che hanno rapporti di collaborazione con università e centri di ricerca italiani
Alla CRUI
Al Ministro dell’Università e della Ricerca
Alle cittadine e ai cittadini che hanno a cuore le sorti del Medio Oriente e che temono la recrudescenza dell’antisemitismo

Come membri di comunità accademiche e centri di ricerca italiani e studiosi che hanno collaborazioni con università italiane, nonché come persone comuni che hanno a cuore le sorti del Medioriente, scriviamo questa lettera per scongiurare il rischio di un crescente antisemitismo anche all’interno delle nostre università, e per segnalare allarmanti episodi di regressione culturale e democratica. Manifestiamo il nostro cordoglio ai cittadini di Israele e di altre nazionalità colpiti dal barbaro attacco perpetrato da Hamas, esprimiamo dolore e angoscia per i morti civili di Gaza, manifestiamo l’auspicio che gli ostaggi siano liberati senza condizioni e che le ostilità cessino in tempi brevi.

Qualche giorno fa è stato presentato al Ministro dell’Università e della Ricerca e alla CRUI, firmato da singoli professori di università italiane, un appello definito come “Richiesta di un’urgente azione per un cessate il fuoco immediato e il rispetto del diritto umanitario internazionale”, che in seguito chiameremo “Richiesta Urgente”. Dove la Richiesta Urgente propone il boicottaggio delle istituzioni accademiche di Israele, noi proponiamo di rafforzare i rapporti. Spieghiamo perché.

Con nostra lettera desideriamo sottolineare che la Richiesta Urgente, per quanto “urgente”, non rappresenta il punto di vista della totalità della comunità universitaria. Al contrario, esprime opinioni che molte colleghe e colleghi delle istituzioni di alta formazione respingono con decisione. Travestita da dichiarazione a favore delle vittime palestinesi di questo conflitto, la Richiesta Urgente è un coacervo ideologico che nega la realtà storica e fattuale, oltre a contenere elementi di pregiudizio antisemita.

A nostra volta sentiamo l’urgenza di ristabilire i fatti. Non perdiamo di vista il ruolo delle università, cioè offrire ai giovani gli strumenti necessari ad analizzare i fatti, distinguere fra storiografia e propaganda, e stabilire la validità di argomenti logici. Non è parte dei compiti delle nostre istituzioni incoraggiare o, peggio ancora, inculcare il pregiudizio. La definizione di pregiudizio è appunto la formulazione di un giudizio a priori, senza considerare i fatti. Alla base della Richiesta Urgente sta appunto un pregiudizio duro a morire contro gli ebrei e il popolo di Israele.

La Richiesta Urgente inizia con alcune affermazioni oltraggiosamente false, e su di esse costruisce il resto del ragionamento, anch’esso da considerarsi tale. Confutiamo i passaggi uno ad uno.
Per prima cosa vi si afferma che in Israele vi sia un “illegale regime di oppressione militare e Apartheid”:
Per quanto questa affermazione vada di moda, essa è il frutto di una lettura distorta ed univoca e di una frettolosa semplificazione: la società israeliana è secolare e rigorosamente multietnica, essendo il prodotto dell’incontro tra individui e gruppi dalle più disparate origini. I cittadini arabi (mussulmani e cristiani) che costituiscono circa il 20% della popolazione del Paese, a cui si uniscono altre minoranze non ebraiche, sono parte integrante della vita del Paese, partecipano alla vita culturale e istituzionale, siedono nelle medesime università e nei medesimi uffici e giocano nelle stesse squadre di sport. La popolazione araba è rappresentata in Parlamento e ha anche partecipato, con singoli parlamentari o in quanto parte di cosiddetti ‘partiti arabi’, a precedenti governi. La politica degli insediamenti e la presenza militare in Cisgiordania, passibile di aspre critiche anche all’interno di Israele, non può non essere letta alla luce del contesto geopolitico, fra cui il naufragio degli sporadici tentativi di pace (Accordi di Oslo I e II) per responsabilità condivise e della spirale di violenza che affligge l’area innescata e sostenuta da tutti i soggetti coinvolti.

Il passo successivo della Richiesta Urgente è la caratterizzazione dell’attacco premeditato, brutale e sadico di Hamas quale risposta (forse persino legittima a parere degli estensori?) all’oppressione coloniale sofferta dai palestinesi. Anche in questo caso, la nostra posizione è di netto dissenso. Nella Richiesta Urgente si parla di occupazione coloniale e disumana protrattasi per 75 anni, e cioè dalla nascita dello stato di Israele. Cosa che fa presumere un’identificazione fra sionismo e colonialismo. Viene dunque sottaciuta l’esistenza della risoluzione ONU n. 181 del 29 novembre del 1947 che ha sancito il diritto di Israele di esistere, né si fa menzione della circostanza che Gaza fino al 1967 fosse parte del territorio egiziano. L’operazione di Hamas poi non è il gesto improvvisato di una vittima che ha subito vessazioni, ma il risultato di anni di pianificazione e di investimenti milionari. Hamas le ha dato un nome, come se fosse un’operazione militare legittima: Al-Aqsa Flood. Per esser sicuri di avere potere negoziale i terroristi hanno poi rapito più di 200 ostaggi, di cui 33 bambini. Questa operazione costituisce un punto di rottura nel pluridecennale conflitto arabo – palestinese – israeliano. Innanzitutto, per la brutalità del massacro, fatto di stupri, decapitazioni, roghi di bambini ancora vivi, torture, di cui difficilmente si trovano analogie nella storia più recente. In secondo luogo, perché ha reso evidente la vulnerabilità di Israele alla esplicita volontà di annientamento da parte di Hamas e di altri soggetti internazionali. Nulla giustifica gli atti orripilanti che sono stati commessi. Nulla, nulla può giustificare lo stuprare, fare a pezzi, bruciare vive persone civili ed inermi che si trovano a casa propria.

Infine, nella Richiesta Urgente si caratterizza la risposta israeliana come “punizione collettiva”, una rappresaglia o vendetta (di nuovo ritorna lo stereotipo antiebraico dell’occhio per occhio), perfino un “genocidio”, invece di vederla per quello che è: un’operazione militare volta a neutralizzare la possibilità che vengano inferti ulteriori attacchi da parte di Hamas. Che questa eventualità non è remota lo affermano tutti i soggetti coinvolti. Non solo i leader di Hamas che hanno ribadito la volontà di espellere tutti gli ebrei dall’area, ma anche altri attori internazionali, come Hezbollah, Iran, Yemen e Siria, che non perdono occasione per negare il diritto all’esistenza di Israele.

Vogliamo esser chiari: noi firmatari condividiamo l’angoscia e il dolore per l’immensa tragedia che sta colpendo la popolazione di Gaza ed esprimiamo l’auspicio per un’immediata e incondizionata liberazione degli ostaggi e conclusione del conflitto.

A questa tragedia quale soluzione viene proposta nella Richiesta Urgente? I nostri colleghi richiedono “di procedere con l’interruzione immediata delle collaborazioni con istituzioni universitarie e di ricerca israeliane fino a quando non sarà ripristinato il rispetto del diritto internazionale e umanitario”. A noi docenti e alla Conferenza dei Rettori Universitari Italiana viene chiesto di usare l’unica arma in nostro possesso: interrompere tutti gli scambi e il sostegno accademico, nonché tutte le collaborazioni con le istituzioni israeliane. In breve, ci viene chiesto di farla pagare ai professori, ai ricercatori e agli studenti israeliani, conto che pagherebbe anche la comunità accademica italiana che con quelle studiose e studiosi intrattiene scambi proficui.
Una richiesta simile non è mai stata formulata nei confronti di altre comunità accademiche in seguito a conflitti che coinvolgevano i loro paesi, come ad esempio quelle statunitensi quando gli Stati Uniti furono coinvolti nella guerra del Golfo. Né del resto esiste un simile boicottaggio nei confronti di università di paesi con politiche brutali e ciniche, come l’Iran e Siria. Criticare Israele e le azioni di un suo governo è legittimo, dipingerlo ideologicamente come stato canaglia no. Ricordiamo che la Commissione europea include nella definizione di antisemitismo anche manifestazioni che hanno ad oggetto lo stato di Israele, tranne nelle ipotesi in cui la critica a Israele sia assimilabile alla critica mossa ad altre nazioni. È evidente che la Richiesta Urgente non ricade in questa eccezione.

Ancor più drammaticamente tutto questo avviene in un clima di crescente antisemitismo. Nelle manifestazioni a sostegno dei palestinesi sono apparse stelle di David associate a cestini della spazzatura, immagini oltraggiate di Anna Frank, e sono stati pronunciati slogan che suggeriscono l’annientamento di Israele (‘Apriteci i confini, uccidiamo gli ebrei’, ‘Dal Giordano al mare’). A Roma alcune pietre di inciampo sono state vandalizzate e stelle di David sono state dipinte su abitazioni di ebrei. L’antisemitismo si manifesta poi in forme molto più subdole e pervasive. I movimenti di boicottaggio di Israele, il tentativo di distinguere antisionismo da anti-semitismo, il negazionismo presente in molti siti web sugli eventi del 7 ottobre costituiscono profondi elementi di allarme. Il senso di profondo sconforto generato da queste irresponsabili manifestazioni di antisemitismo è espresso dalle parole della Senatrice Liliana Segre: ‘(…) mi sembra di aver vissuto invano’.

***

Dopo l’emanazione delle leggi razziali nel 1938, le università italiane non si sono distinte per grande coraggio…Adesso è il momento di fare sentire la nostra voce per contrastare il crescente odio antiebraico ed anti-israeliano, anche all’interno dell’università.

Chiediamo alla CRUI, alle Università, alle colleghe e ai colleghi, al Ministro della Università e Ricerca di monitorare attivamente il riemergere dell’antisemitismo in tutte le sue forme e di sollecitare l’approvazione di linee guida a questo proposito.

Auspichiamo che una diffusione per quanto possibile corretta e plurale delle vicende relative al conflitto arabo palestinese israeliano possano servire da antidoto a nuove forme di massificazione, di discriminazione, di prese di posizione indistinguibili da slogan, e di odio nei confronti del popolo ebraico.

Crediamo fermamente nella necessità che professori, studiosi, e ricercatori compiano ogni sforzo perché sulla dolorosa questione delle relazioni Israele e Palestina circoli un’effettiva pluralità di posizioni, smarcata da odiosi pregiudizi e facili semplificazioni.

Contestiamo infine in modo deciso la proposta di interrompere forme di collaborazione e cooperazione con università israeliane: proposta che oltre a essere ingiusta e dannosa, sembra confermare la temuta identificazione de facto tra critica alle azioni del governo Netanyahu – legittima e condivisibile – e rifiuto delle istituzioni culturali e accademiche israeliane che operano in piena autonomia dalla politica. Al contrario, proponiamo di rafforzare e moltiplicare i programmi di collaborazione e cooperazione con università israeliane, convinti che la ricerca e la formazione siano dei formidabili acceleratori dei processi democratici e di inclusione dei popoli.

Si può leggere, condividere e firmare l’appello cliccando qui

 

 

 

 


3 Commenti:

  1. Sono favorevole alla cooperazione e alla collaborazione con le università israeliane anzi, penso siamo indispensabili


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