Hebraica
“Camminare nel tempo”, ovvero interrogare la Torah con le questioni di oggi

La recensione al nuovo libro di rav Roberto Della Rocca

I giorni della settimana sono chiamati in ebraico primo giorno, secondo giorno e così via. In questo modo la lingua suggerisce che i giorni sono quello che sono non tanto in sé, quanto in riferimento ad altro, cioè la settimana che li comprende tutti o, se si preferisce, la creazione del cielo e della terra. Settimana e creazione culminano nel giorno di riposo, lo Shabbat, tramite il quale secondo la tradizione tutto ciò che viene prima va visto e interpretato. Il ciclo dei yemè chol – “giorni feriali”, ma anche “giorni di sabbia” secondo una possibile traduzione – e dello Shabbat costituisce una unità minima di tempo che, composta insieme ad altre unità, forma il mese e quindi l’anno. Il ciclo della settimana non si annulla d’altra parte nei cicli più ampi; al contrario, la vita ebraica si estrinseca nel dipanarsi a velocità diverse di questi cicli compresenti. È un camminare nel tempo, nei tempi.

In concomitanza con le feste che segnano il ricominciamento dell’anno ebraico esce il nuovo volume del rabbino Roberto Della Rocca Camminare nel tempo. Spunti e riflessioni sulle parashòt settimanali e sulle ricorrenze (Giuntina). In continuità con il precedente Con lo sguardo alla luna, Della Rocca muove dalla natura temporale dell’esperienza di vita ebraica. Ma questo nuovo libro adotta la medesima struttura ciclica dell’anno ebraico, con tanti brevi capitoli corrispondenti alle parashot in cui è diviso il testo della Torà e alle feste. Di Shabbat in Shabbat, di settimana in settimana, l’autore propone un cammino nel tempo con il testo. Le riflessioni proposte, che rimandano a versetti biblici, sono spunti brevi ed essenziali che ciascuno può leggere, meditare e rielaborare in base alle proprie capacità e alle proprie esigenze. Molti testi sono stati pubblicati tra il 2009 e il 2016 su Moked, portale dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane; revisionati, ampliati e uniti a nuovi brani, prendono oggi significato diverso nel nuovo contesto organico del libro.

Quello di rav Della Rocca è infatti un testo vivo. Obiettivo principale non è soppesare differenti interpretazioni sul medesimo passo biblico – tuttavia su specifiche questioni c’è anche questo – bensì leggere una selezione di versetti chiedendosi che cosa possano rispondere alle domande quotidiane del nostro tempo. Porre domande a un testo, rendendolo un classico attuale per il presente o addirittura una mappa in grado di orientare le azioni, è in fondo l’unico modo per tenerlo in vita anche secoli e millenni dopo la sua composizione. L’interrogazione, l’interpretazione e anche la critica del testo – la decostruzione, secondo l’influente terminologia introdotta dalla fine degli anni sessanta dal filosofo francoalgerino ebreo Jacques Derridasono analoghe all’afflato vitale con cui il presente si relaziona a porzioni significative di passato. Senza di esse la memoria storica diventa archeologia, la tradizione collezionismo. Senza un presente che domanda non si dà spazio per una tradizione viva ma soltanto per un monumentalismo magari grandioso che è però altra cosa. Le domande di Della Rocca riguardano la vita all’interno della comunità in un contesto, come quello italiano, in cui la presenza ebraica è piccola e per di più in significativa contrazione. Riguardano la gestione delle comunità, che non di rado avviene all’insegna di contrasti, divergenze aspre e inimicizie. Il rapporto con lo stato e con la terra di Israele. La famiglia, la relazione tra generazioni e tra fratelli, e ancora l’accoglienza, il rigore, la discendenza e la trasmissione.

Per questo motivo Camminare nel tempo è un libro che si rivolge a tutti, di lettura agile e di facile consultazione. È, soprattutto, un libro accorato in cui l’autore – che ricopre da anni ruoli di primo piano nel panorama dell’ebraismo italiano – esprime priorità, preoccupazioni e speranze. Secondo Dov Baer di Meseritch, discepolo del leggendario fondatore del chassidismo, il Baal Shem Tov, è indispensabile l’aiuto del cuore per penetrare i misteri della Torà. I suoi cinque libri sono infatti avvolti in un cuore perché cominciano con la lettera bet (ב) di bereshit e terminano con la lamed (ל) di Israel. Queste due lettere, conclude il maestro chassidico, prese insieme formano la parola lev (לב), “cuore”. Ed è quindi il cuore ciò che non può mancare per una piena comprensione, cioè una interpretazione del testo. Rivolgersi ai versetti della Torà non può che essere la scelta conseguente da ciò.

Affiora in molti punti, tra gli argomenti affrontati, il tema dell’identità. Della Rocca sottolinea con vigore il diritto alla diversità di fronte al rischio del livellamento culturale. Tanto più quando questo livellamento comporta una assimilazione alla civiltà di maggioranza. A proposito della festa di Chanukkà, sostiene che vi siano “situazioni in cui bisogna schierarsi e definirsi con nettezza e senza ambiguità. Nell’universo ebraico esiste il concetto del parve, la neutralità, ma mischiare carne e latte assieme non è contemplato. Per lo stesso motivo non possiamo indossare lana e lino, shaatnez, in uno stesso indumento. Ognuno ha il diritto di essere ciò che desidera essere, ma su basi consapevolmente meditate, e cosciente che se si è «olio» non è possibile essere contemporaneamente anche «acqua»”. Chanukkà è d’altra parte la festa ebraica la cui popolarità è cresciuta di più dopo l’epoca dell’emancipazione, del riformismo e delle nuove ortodossie. La parola stessa deriva da chinukh, “educazione”. Il fatto che la festa delle luci sia oggi tanto sentita è forse da mettere in relazione con l’esigenza di educazione in un mondo globale pieno di tensioni, schermi e distrazioni. Camminare nel tempo è una chiamata alla responsabilità di chi, genitore o maestro, si assume il compito di educare.

Roberto Della Rocca, Camminare nel tempo. Spunti e riflessioni su passi della Torà e sulle ricorrenze ebraiche, Giuntina, pp. 252, 17 euro.

Giorgio Berruto
collaboratore
Cresciuto in mezzo agli olivi nell’entroterra ligure, dopo gli studi in filosofia e editoria a Pavia vive, lavora e insegna a Torino. Ama libri (ma solo quelli belli), musei, montagne

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