Voci Ebreo Non Ebraico
C’è chi dice No!

Nuovo incontro con Ene, l’Ebreo Non Ebraico, che questa volta si è messo alla prova cercando di definire… se stesso.

È stato un bambino, di cinque anni o giù di lì, a  chiamarmi per la prima volta ‘Ebreo Non Ebraico’, un bambino che ora ne ha poco meno di trenta.
Già mentre le diceva – motivate dal panino non esattamente kosher che il piccolino mi vide addentare, suscitando imbarazzato divertimento nei suoi genitori e pura gioia in me –  io comprendevo che quelle tre parole erano perfette per nominarmi e definirmi, e non solo per quanto riguardava la mia apparente (in)appartenenza religiosa, ma proprio per tutto. Mi riconoscevo – e finalmente ! – in quel NON.
Tifoso del bel gioco, non di una sola squadra; impegnato politicamente, ma senza né iscrizioni né pregiudizi; appassionato di libri e cinema e musica, ma senza fanatismo. Eccetera. Il NON mi definisce bene; ma non nel senso del rifiuto alla Bartleby Lo Scrivano che ‘preferisce di no’, piuttosto in quello di chi non crede negli assoluti, ma abbraccia  la vita e i suoi relativi, che ama l’attimo e diffida della durata.  Se proprio dovessimo metterla in filosofia, all’ENE piace il panta rei, piacciono i cinesi del vuoto che è pieno, del bianco che c’è nel nero e viceversa, del saggio che non ha idee (preconcette). Ma in realtà è molto meno complesso di così: il NON è una condizione che si esercita in spontaneità, è libertà che cerca di farsi strada fra condizionamenti, leggi e altre prigioni.
È proprio questa appartenenza alla non appartenenza che mi permette di innamorarmi totalmente, ma impermanentemente, di ogni persona o cosa che susciti la mia attenzione, che solleciti la mia curiosità, che muova le mia emozioni. Mentre leggo Jankelevich o Roth o Bellow o Piperno, ( ma anche Heidegger, Topolino o Agata Christie ) io sono dove le loro parole mi mettono, sono con loro e lì dentro; quando prego, in sinagoga o in giardino, sono nelle preghiere; quando ascolto Bach o Frank Zappa, sono l’aria che le loro note spostano. Sono lì, e poi non più. Vale anche per momenti meno commendevoli, e ve ne risparmio l’elenco – pensate ai vostri e state certi che sono anche i miei.
Perché, vedete, ho l’impressione che sotto-sotto, ma anche sopra-sopra e in mezzo-in mezzo, siamo tutti dei Non. Lo sappiamo, e non ci piace, perché – come canta Robert Zimmerman in arte Dylan – “ …You Got To Be Honest Living Outside The Law ”. E l’onestà – l’esser sincero e vero – costa più dell’ubbidienza, perché presuppone la consapevolezza e forza alla responsabilità.
Poi magari mi sbaglio, e questa auto giustificazione è debole, ma insomma – per tornare al mondo cabalistico ebraico – io credo che siamo al mondo più per riparare che per creare, e che sia l’imperfezione a renderci umani e belli: che la natura è, e tutto il resto sembra.
Valerio Fiandra
Collaboratore

Valerio Fiandra abita a Trieste ma vive altrove.

Ha sessantotto anni ma non li dimostra.

È Ebreo, ma non ebraico.


1 Commento:

  1. Un po’ come me. Non sono ebreo, ma neanche cattolico, men che meno evangelico, ma l’ebraismo mi intriga, a volte. Anche se ritengo che le Sacre Scritture debbano riprendere il loro posto nel mondo, come anche il Popolo Ebraico, come libri e gente come tutti gli altri.

    Shalom


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