Se ne parla al Festival Torino Spiritualità. E noi lo abbiamo fatto con Paolo Ghezzi, in vista del suo intervento torinese
Oppositrice al regime nazista, educatrice, studentessa di filosofia. Sophie Scholl era membro del movimento tedesco della Rosa Bianca, insieme al fratello maggore Hans e agli amici più intimi. Di estrazione culturali diverse, facevano capo a una forma di cristianesimo spirituale.
Sophie Scholl era una ragazzina appena ventunenne quando venne uccisa insieme al fratello, poco più grande di lei. E presto è diventata un simbolo di libertà. Perché parlarne oggi? Lo abbiamo chiesto a Paolo Ghezzi, autore di studi sulla sua figura e presente al festival Torino Spiritualità per raccontare di Sophie Scholl insieme a Lorenzo Tibaldo e Federico Vercellone.
“Sophie Scholl è la resistenza allo stato puro”, spiega Ghezzi, “Proprio per la brevità della stagione che ha vissuto, solo 21 anni, e la conseguente brevità resistenziale. Sophie Scholl è la coscienza di una ragazza che prende atto di una situazione intollerabile per la libertà”. Tra il 1941 e il 42, i membri della Rosa Bianca decidono di passare all’azione e pubblicizzare le proprie idee. Centinaia di volantini vennero distribuiti in tutti i modi possibili, indirizzati nelle case, abbandonati sui mezzi pubblici, affissi nelle cabine telefoniche e distribuiti davanti alle università. Parlavano di una legge morale superiore e di antimilitarismo. Nel 1943, proprio mentre distribuiva queste pubblicazioni minime davanti all’Università di Monaco, venne fatta arrestare. Finisce nella stessa cella di Else Gebel, attivista comunista che poi racconterà gli ultimi giorni di Sophie, interrogata dalla Gestapo viene accusata di alto tradimento e condannata a morte insieme al fratello Hans e all’amico Christoph Probst. Furono ghigliottinati il 22 febbraio 1943 nel cortile del carcere di Monaco. Andò incontro alla morte con queste parole: È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?
Sì, resistenza allo stato puro. “Quell’entusiasmo che non si ha poi più in età adulta rende Sophie Scholl una figura paradigmatica, tanto che quando vado a parlarne nelle scuole vedo un’immediata partecipazione e identificazione. La sua esperienza e quella della Rosa Bianca hanno poche sovrastrutture e non ci sono mediazioni politiche intese in senso stretto, bensì si assiste al miracolo della coscienza che si risveglia. In questo è molto contemporanea e oggi, in una fase storica in cui il pericolo dell’omologazione esiste, questo bisogno di sentirsi individuo è molto forte”.
Sophie aveva inizialmente aderito alla gioventù hitleriana diventando una leader in giovanissima età per poi capire “il meccanismo infernale, come lo descrive lei, di una propaganda che avrebbe portato la Germania a una avventura demoniaca”, continua Ghezzi, “E in pochi anni passa alla resistenza. Nelle lettere che si sono conservate si assiste proprio a una rivolta interiore, che nasce in una coscienza che si risveglia dall’ubriacatura offerta dal regime, e l’immediato bisogno di imporsi come individuo e non appartenere alla massa da manovrare in funzione del consenso”.
E la religione ha un ruolo in tutto questo? “La questione è controversa, anche se nei volantini della Rosa Bianca si fa riferimento al cristianesimo, ma anche all’Antico Testamento. Il gruppo non è omogeneo, forse c’è un elemento comune nell’ecumenismo e in una fede che va oltre il presente, sicuramente in quei volantini c’è molto della resistenza, della politica studentesca, insieme a dei fattori estetici. Per me l’elemento cruciale sta nella radicalità di ognuno di loro e la coscienza individuale è il vero motore del gruppo. Che aveva anche un progetto politico europeista, federale, democratico e antimilitarista”.
Paolo Ghezzi con Lorenzo Tibaldo e Federico Vercellone parlano di Sophie Scholl il 28 settembre al Tempio Valdese per il festival Torino Spiritualità.
GRAZIE!
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