Cultura
Cinque libri da leggere in questi giorni di guerra

Qualche titolo, tra saggi e romanzi

Cinque proposte selezionate tra quelle che ci sono arrivate dalle case editrici.

Verso_casa Romanzo d’esordio di Assaf Inbari, salutato da Amos Oz con plauso, definendolo “il miglior libro che abbia mai letto sulla nascita e il declino del kibbutz e sulla conseguente, profonda trasformazione dell’anima d’Israele”. La storia si svolge negli anni ’20 del Novecento, quando un gruppo di giovani ebrei lascia l’Unione Sovietica e si trasferisce nella Palestina mandataria. Desiderano realizzare una società più giusta e inaugurare un nuovo modo di essere ebrei. L’insediamento nella realtà mediorientale si rivela però difficile: il lavoro è massacrante e il caldo insopportabile, la convivenza con gli arabi tutt’altro che pacifica e la nostalgia di casa fa capolino nelle ore più buie. Eppure questi ragazzi danno vita al kibbutz Beth Afikim, il vero protagonista di questa storia.
Assaf Inbari, “Verso casa”, traduzione di Shulim Vogelmann e Rosanella Volponi, pp. 342, 18 euro.

 

V. Robiati Bendaud, La stella e la mezzaluna, Guerini e Associati, 2018

Vittorio Robiati Bendaud propone due ricostruzioni storiche che si fronteggiano circa i complessi, difficili e ambigui rapporti tra ebrei e musulmani. Da un lato viene celebrata, venata da miti, la coesistenza andalusa medievale, dall’altro, esiste una ricostruzione storica che riduce il rapporto tra ebraismo e Islām soltanto a incomprensione e odio. La ricchissima storia degli ebrei dimoranti nei domini islamici, che per secoli è stata «decisiva» per il plasmarsi dell’ebraismo che conosciamo, è la storia per lo più negletta o ignorata, affascinante e sofferta, che questo libro tenta di restituire sino agli albori del XX secolo.
Il volume è l’ottavo numero della collana Frammenti di un discorso mediorientale.

Vittorio Robiati Bendaud, “La stella e la mezzaluna”, Guerini e Associati, pp. 248, 20 euro 

 

Il canto del fuoco è un libro prezioso ed emozionante perché racconta una parte poco nota della storia di Leonard Cohen: il tour del 1973 in Sinai. Lo spunto per il libro, edito da Giuntina e realizzato da Matti Friedman, sono un diario e alcune lettere di Leonard Cohen ritrovati in un archivio canadese. In quegli scritti Cohen raccontava il periodo trascorso in Israele durante la Guerra del Kippur, nel 1973. Quell’anno si era trasferito in Grecia in preda a una crisi esistenziale che stava mettendo a rischio la sua carriera artistica. Improvvisamente, appena scoppiata la guerra, Cohen prese la decisione di salire su un aereo e volare a Tel Aviv. Qui si unì a un gruppo di artisti israeliani in partenza per il Sinai. Iniziò così una serie di concerti tenuti nel deserto, in piena zona di guerra.
Matti Friedman, “Il canto del fuoco”, traduzione Rosanella Volponi, pp. 240, 18 euro.

 

  “Fintanto che il tuo senso dell’umorismo tiene, sei almeno in parte immune dal fanatismo“. Sono le parole di Amos Oz raccolte nel libro Contro il fanatismo edito da Feltrinelli e tratto da tre interventi dello scrittore all’Università di Tubinga, in Germania in cui si interroga sulla natura del fanatismo. “Il fanatismo nasce molto prima dell‘islamismo, del cristianesimo, del giudaismo. Viene prima di qualsiasi stato, governo o sistema politico. Viene prima di qualsiasi ideologia o credo. Disgraziatamente, il fanatismo è una componente sempre presente nella natura umana, è, se così si può dire, un gene del male”, spiega Amos Oz. Sulle pagine di Feltrinelli si trova ora un decalogo tratto da questo libro, realizzato in questi giorni.

 

 

Esiste un luogo nel cuore di Israele, un luogo minuscolo che ha fatto la storia dello Stato. Questo luogo è Degania, madre di tutti i kibbutzim, il cui insediamento principale (Degania Alef) risale al 1910. Degania è nota anche per un celebre episodio della guerra del 1948: quando l’esercito siriano invase la valle del Giordano avvicinandosi ai cancelli del kibbutz, fu uno dei suoi membri, Shalom Hochbaum, a fermare l’avanzata nemica lanciando una molotov contro uno dei carri armati. Ancora oggi quel carro armato siriano si trova all’ingresso di Degania, reperto incancellabile di un evento che ha determinato non poco il corso del conflitto. Così è stata tramandata la vicenda. Ma altri quattro uomini reclamano la paternità del gesto. Qual è la verità storica – sempre che ne esista una? A questie domande è dedicato il romanzo di Assaf Inbari, Il carro armato, edito da Giuntina (traduzione Alessandra Shomroni, pp. 228, 20 euro).


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