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Circoncisione tra attualità e pensiero ebraico

Perché si pratica la circoncisione, perché i genitori sono i veri protagonisti, perché occorre modificare il proprio corpo. Ne parliamo con rav Haim Fabrizio Cipriani

Dialogo sulla circoncisione, tra pregiudizi e filosofia del pensiero ebraico, con rav Haim Fabrizio Cipriani. Per scoprire che “togliere” serve a “completare”: si taglia per essere integri.

Partiamo dalla cronaca: il ministro della salute Giulia Grillo, in seguito alla morte di un bambino causata da una circoncisione fatta in casa ai primi di aprile, ha parlato dell’urgenza di mettere a punto un protocollo per la sicurezza dei bambini. Soltanto la Regione Toscana ha inserito la circoncisione tra le prestazioni pubbliche del sistema sanitario, diversamente dal resto d’Italia dove si può fare solo privatamente e a cifre molto elevate. Cosa pensa della possibilità di praticare la milà in ospedale, con un’equipe medica?

Personalmente sono a favore. Sono pienamente cosciente che questa formula non è soddisfacente per alcuni, ma vi sono basi per permetterla anche a livello di normativa ebraica. Non solo, in considerazione della priorità dovuta, che è la sicurezza dei bambini, mi sembra necessario andare in questa direzione, oltre a un’esigenza di controllo medico per le circoncisioni effettuate da Mohalim, circoncisori rituali. Se la Milà viene praticata in clinica o ospedale però, è necessaria la presenza di un supervisore rituale per verificare che tutto sia fatto come dovuto e occuparsi dell’aspetto religioso. Si tratta di una procedura che io a volte seguo, sia in Francia che in Italia. Purtroppo il deterrente è che i costi sono elevati, ma lo sono anche quando a circoncidere è un Mohel, perché la media degli onorari di queste figure professionali è mediamente piuttosto elevata.

Quali sono i pregiudizi rispetto alla circoncisione? A volte si parla di mutilazione, in qualche caso aggravata dal fatto che il “mutilato” è inconsapevole… Addirittura la Germania l’ha vietata classificandola come delitto perseguibile penalmente.

Chiaramente lo sguardo di molti è animato dal sospetto. Io dico sempre che è innegabile la componente “violenta” di un atto simile, troverei ipocrita affermare il contrario. Eppure, resta un gesto importantissimo perché più di ogni altra cosa simboleggia un’idea ebraica fondamentale, quella secondo cui l’essere umano nasce imperfetto, incompleto, con la necessità di essere rimodellato, fin dall’inizio e senza tregua. Nell’ebraismo ogni concetto importante deve trovare espressione corporale, da cui la necessità del Brit Milà.

Qual è il ruolo dei genitori?

Quando pensiamo alla circoncisione, troppo spesso affrontiamo il discorso dal punto di vista del bambino, che è percepito come il protagonista del rito. Invece, nella visione ebraica, i veri protagonisti sono prima di tutto i genitori, con la facoltà che è loro donata di incidere, letteralmente, il segno dell’Alleanza sui loro figli. Questo, direi, è l’aspetto centrale di tale gesto. In un certo senso, questo atto rimarrà incompreso, perfino da un ebreo che l’abbia subito in prima persona, fino al momento in cui non deciderà di praticarlo sui suoi figli. Per il tramite di questo segno imposto ai figli, cercherà di trasmettere l’idea che il fatto di far parte del popolo di Israele è un destino ingombrante, che lascia un marchio profondo e indelebile. Ma, al tempo stesso, questa indelebilità costituisce anche un segno dell’eternità dell’Alleanza così come noi la consideriamo.

Praticare la Milà in età adulta e per scelta: può una famiglia ebraica scegliere di non circoncidere il figlio, crescendolo però secondo i principi ebraici e lasciare che sia lui, poi, a scegliere se farla o meno, magari intorno al bar mitzva per esempio? Perché?

Questo è senza dubbio possibile, almeno in via teorica. Ma generalmente è sconsigliato di effettuare questo tipo di intervento all’inizio della pubertà. Senza contare che si rischierebbe di trasformare la Milà in un rito di iniziazione alla maturità sessuale, come è concepito in altre culture. Laddove in ambito ebraico, il suo significato è un altro.

Tagliare per includere è un concetto filosofico molto interessante, come il tagliare per dare un senso di appartenenza: l’uomo sarà integro attraverso la circoncisione. Come si spiega questo paradosso?

Quando la Trascendenza chiede ad Avram di circoncidersi, nel capitolo 17 del libro della Genesi, questa prescrizione è introdotta dalla frase : «Cammina davanti a me e sii integro» (Gen 17 :1), ma come può una ferita, una mancanza, contribuire alla possibilità di essere «integro»? Per comprendere meglio dobbiamo ricordare che il termine ebraico Orlà, prepuzio, designa una sorta di chiusura e di blocco, un ostacolo che impedirebbe la piena espressione di una facoltà. Mosè descrive il suo difetto nel parlare, qualificandosi come Arel Sefatàim «incirconciso nelle labbra» (Esodo 6:12), e la Torà parla altrove di Orlà del cuore (Deuteronomio 10:16) e delle orecchie (Geremia 6:10). La scelta di questi due organi non è casuale. Se consideriamo che il cuore presso le civiltà antiche era considerato come la sede delle emozioni ma anche del pensiero e della volontà, il vero centro psichico dell’individuo, riusciamo a capire ancora meglio la richiesta avanzata dalla Torà di sbloccare le potenzialità dell’individuo, liberandolo da questa Orlà, questa membrana che gli impedisce di aprirsi all’altro, di «concepire» l’altro, oltre che di ascoltarlo, invece che limitarsi ad ascoltare solo se stessi.

Portare un segno identitario sul proprio corpo: perché la milà ha significato di appartenenza e qualsiasi altra modifica del corpo è bandita?

In effetti, può sembrare paradossale. Direi che in linea generale, l’ebraismo è critico nei confronti delle modifiche corporali, ma le permette in casi di disagio anche psicologico. Questo significa che in alcuni casi, ciò che è proibito diventa necessario. Troviamo elementi di questo genere in diversi aspetti dell’ebraismo classico. La mescolanza fra lino e lana è proibita, ma i sacerdoti del Tempio portavano tale mescolanza. La proibizione di modificare l’integrità corporale (l’esempio più classico è il tatuaggio) vige soprattutto relativamente a gesti che non hanno motivazioni né fisiche, né spirituali, né psicologiche.

Qual è il ruolo del corpo nella religone ebraica?

Come già accennato, nell’ebraismo ogni concetto importante deve trovare espressione corporale, da cui la necessità del Brit Milà. Una convinzione interiore, pur profonda e sincera, non può in alcun modo essere considerata di per sé sufficiente. Per questa ragione diventa necessaria una ferita reale, un taglio tangibile, affinché l’individuo porti su di sé costantemente questa esigenza di vulnerabilità e di apertura verso l’altro, esigenza imperiosa che solo una vera ferita può veicolare. Vivere in maniera integra significa anche vivere pienamente, in profondità e non in superficie, accettando di rinunciare a una parte di protezione, benché sia rassicurante. In questo senso è anche interessante notare che la richiesta fatta ad Abramo come introduzione alla circoncisione, ossia quella di essere/divenire integro, viene formulata con una parola ebraica espressa al plurale, tamim, e non al singolare, tam. Quasi a ricordare che l’integrità non può riguardare solo l’individuo, ma passa necessariamente attraverso la relazione e la condivisione con gli altri, di cui anche il gesto di offrire una parte di sé (il prepuzio, appunto) è simbolo. In questo modello di alleanza, una parte di sé viene condivisa con l’Altro, realizzando una nuova forma di integrità che è quindi anch’essa condivisa.

Micol De Pas

È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.


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