Israele
Cronache dal Jerusalem Film Festival 2023

Si conclude il 23 luglio la quarantesima edizione del festival internazionale di cinema, quest’anno inaugurata nel nome della democrazia, un valore, nelle parole del Presidente Isaac Herzog, intrinseco allo Stato d’Israele

Giovedì 13 luglio ha inaugurato la 40esima edizione del Jerusalem Film Festival, in presenza del Presidente Isaac Herzog, che è stato accolto con applausi e standing ovation, e con il coro “democratia”, che ormai da mesi è diventato il motto del movimento anti-“riforma giudiziaria”, per la salvaguardia della democrazia di Israele.
La parola “democrazia” non è mancata nel suo discorso di apertura, in cui Herzog ha sottolineato il ruolo cruciale che ha avuto in questi 40 anni il JFF, nel promuovere i valori della cultura, delle diversità e della democrazia: “Valori intrinsechi e fondamentali per la società israeliana”.

Non sorprende che il Festival abbia aperto con un film che racconta la storia di uno dei personaggi e uno dei momenti storici che hanno segnato, in modo definitivo, la storia di Israele: Golda, un ritratto introspettivo di Golda Meir, magistralmente interpretata da Helen Mirren che, sul palco del JFF, ha ricevuto il premio alla carriera, consegnatole dal regista del film Guy Nattiv, classe 1973, vincitore del Premio Oscar per il miglior cortometraggio con il film, israeliano, Skin.
La scelta di aprire il Festival con il film Golda non è casuale. Questa pellicola, infatti, oltre ad esplorare la biografia della prima donna premier in Israele – e seconda nella storia – racconta anche la Guerra di Yom Kippur, vista dalla prospettiva, femminile, dell’allora Primo Ministro in carica, e sottolinea l’obbiettivo di questo Festival – di portata internazionale – di non rinunciare ad indagare le specificità, le bellezze, ma anche le sofferenze, del Paese che lo ospita.
E non sorprende che, accanto al vasto programma di film provenienti da tutto il mondo, sia stato dedicato un ampio spazio alla cinematografia israeliana.

Nello specifico, tra i film israeliani, sono 9 i film in concorso nella categoria lungometraggi; 8 film nella Diamond Competition per la categoria documentari; 17 film nella Diamond Competition nella categoria cortometraggi e 7 film in concorso nella sezione video art e film sperimentali.
A questi si aggiunge il premio speciale Wim van Leer per studenti delle scuole superiori.
Come è stato ricordato nel corso della cerimonia di apertura, la Youth Film Competition, fondata nel 1991 in memoria del celebre produttore cinematografico e filantropo Wim Van Leer, quest’anno partecipa al JFF per il suo 32esimo anno consecutivo.
Grazie a questa iniziativa, ogni anno partecipano al concorso oltre 100 film, tra fiction e documentari, presentati da scuole superiori, di cui 16 vengono presentati durante il Festival con lo scopo di mostrare e riflettere le complessità dei giovani israeliani con i propri desideri, paure, amori, dibattiti spirituali ed etici.

Un’immagine dal film “Delegation”

A proposito di crescita, tra i lungometraggi israeliani di quest’anno spicca il lavoro di Asaf Saban, già vincitore di numerosi premi internazionali, grazie al suo primo film Outdors.
Per la prima volta al JFF, Sabani presenta Delegation, pellicola che racconta la storia di tre amici d’infanzia che, durante l’ultimo anno di liceo, vanno in gita scolastica in Polonia, in visita ai luoghi della Shoah.
Tra campi di sterminio e luoghi della memoria, compiono un viaggio che è anche un percorso iniziatico, e il regista, partendo dalla propria esperienza personale, esplora un momento cruciale nella formazione dell’identità israeliana: il rito di passaggio tra la fine del liceo e  il servizio militare. Un film, al tempo stesso, personale e collettivo.

Il Festival – ricco di numerosi eventi paralleli, per tutti i 10 giorni di proiezione – si conclude il 23 di luglio con la proiezione del film francese Anatomy of a Fall di Justine Triet, vincitore della Palma d’Oro 2023.
Questa pellicola racconta l’ultimo anno di Sandra, una scrittrice tedesca, del suo marito francese Samuel e del loro figlio di undici anni Daniel, mentre vivono una vita isolata nelle Alpi francesi.
Quando Samuel viene trovato morto nella neve sotto il loro chalet, la polizia investiga per capire se si sia suicidato o se sia stato ucciso, e lo spettatore viene così accompagnato ad indagare una crisi che è anche esistenziale e che va ben oltre al thriller.

Un Festival, dunque, che non finisce mai di sorprendere per la vastità di tematiche affrontate e per la grande partecipazione internazionale. Hanno ricevuto quest’anno un premio speciale alla carriera sia i Fratelli Darren che Oliver Stone.
Ciascuno di loro, inclusa Elena Miller, sono saliti sul palco in occasione dell’apertura del Festival, salutando e ringraziando la magica città di Gerusalemme che, in occasione del JFF e della sua ventata internazionale, durante questi dieci giorni, è più magica che mai.

Fiammetta Martegani
collaboratrice

Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.


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