Joi in
Elezioni Ucei, intervista alla candidata romana Ruth Dureghello

La partecipazione è democrazia. Un invito ad andare a votare per il rinnovo del consiglio dell’Ucei

“Mettersi a disposizione con competenza su temi fondamentali dell’ebraismo nel contesto nazionale è tema di responsabilità”. Con queste parole inizia la sua intervista Ruth Dureghello, già Presidente della comunità di Roma e ora in corsa per l’Ucei con la lista Per Israele. L’esperienza di Roma al servizio dell’ebraismo italiano è quanto garantisce la presidente che con questa candidatura guarda a tutte le comunità italiane.

Con la sua lista, invitate tutti gli iscritti ad andare a votare, sottolinando l’importanza di Ucei nella vita ebraica. Perché?
“L’allontanamento dai meccanismi elettorali riflette la tendenza nazionale al riguardo e penso che invece sia importante scegliere e poi votare i propri rappresentanti: partecipazione è sinonimo di democrazia. L’Ucei nello specifico è molto importante a livello istituzionale nei rapporti con lo stato, ma lo è anche all’interno del mondo ebraico per il suo compito nella conservazione e nella crescita della vita ebraica: i fondi raccolti con l’otto per mille servono per garantire attività prioritarie alle comunità. Dunque l’Ucei è lo strumento migliore per fare strategie a lungo termine”.

Chi rappresenta oggi l’Ucei?
“Lo statuto dell’Unione è molto chiaro al riguardo: rappresenta la nostra tradizione ortodossa, che non esclude, ma sa precisamente dove andare. Questa questione viene riproposta spesso, ma temo che tolga l’attenzione ai temi importanti e urgenti che invece non vanno assolutamente accantonati”.

Quali sono?
“Il decremento demografico è un grossissimo problema che riguarda tutte le comunità e rappresenta un impoverimento quantitativo. Il calo che si registra tra le comunità ebraiche è leggermente superiore a quello della media del paese, in più va aggiunto un calo degli iscritti dovuto alla scelta di lasciare l’Italia in favore di altre situazioni che meglio sono in grado di rispondere alle proprie esigenze (penso a Israele e Stati Uniti soprattutto). Poi ci sono le difficoltà dei giovani, che vanno sostenuti nella formazione e nella ricerca del lavoro, elementi che spesso limitano le possibilità per loro di formare nuove famiglie ebraiche. C’è un problema economico e del mondo del lavoro che colpisce poi i meno giovani, che vanno a loro volta sostenuti, magari anche con progetti di formazione specifici, accanto al sostegno per le classi più deboli. Infine, l’Ucei deve occuparsi anche del posizionamento politico in un paese dove l’ebraismo va rinvigorito”.

Cosa  fare?
“Bisogna ripensare la distribuzione dei fondi raccolti con l’otto per mille, soprattutto per sostenere le piccole comunità, con una visione non solo nazionale, ma anche internazionale. Anche in questo caso occorre lavorare sulla comunicazione, per rendere la formula di raccolta più efficace”.

La comunicazione è importante, basti pensare che molti non conoscono l’Ucei, dentro e fuori il mondo ebraico.
“C’è d fare moltissimo. Il posizionamento attuale non è sufficiente e io mi stupisco sempre molto di scoprire che pochi conoscono l’Ucei. Il coinvolgimento dei giovani, che pure con UGEI negli ultimi anni hanno fatto moltissimo, è necessario, anche per la comunicazione. Sono loro che maneggiano gli strumenti più efficaci e più veloci per farla! E questo è anche un modo per responsabilizzarli: comunicare, raccontare i valori del mondo ebraico, attraverso la partecipazione”.

Micol De Pas

È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.


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