Cultura
Gabriele Coen omaggia Bernstein al Roma Jazz Festival

Dalle musiche di West Side Story a brani rari il musicista compositore reinterpreta attraverso la lente del jazz contemporaneo il genio di Leonard Bernstein

Per il gerarca nazista Joseph Göbbels il jazz era “musica americano-negro-ebraica da jungla” e tanto basterebbe per certificare l’importanza del contributo ebraico alla nascita e allo sviluppo del jazz.

Gabriele Coen, sassofonista, clarinettista e compositore, è il musicista italiano che più ha indagato e lavorato sul rapporto tra jazz e musica ebraica in tutte le sue forme e reciproche acquisizioni. Il suo nuovo progetto, che presenterà il 27 novembre all’Auditorium Parco della Musica di Roma nell’ambito del Roma Jazz Festival, è dedicato alla figura del compositore, pianista e direttore d’orchestra Leonard Bernstein, del quale sono noti l’amore per il jazz e la vicinanza con i movimenti di liberazione afroamericani come le Black Panther.

Dalle musiche del celebre musical West Side Story, ambientato sullo sfondo delle tensioni razziali tra bianchi e portoricani, fino ad arrivare a brani rari, Coen reinterpreta quel patrimonio con partecipazione rileggendolo attraverso la lente del jazz contemporaneo, accompagnato da Benny Penazzi al violoncello, Alessandro Gwis al pianoforte, Danilo Gallo al contrabbasso e Zeno De Rossi alla batteria.

Uno dei momenti più attesi del concerto saranno naturalmente i brani di West Side Story, uno dei più bei musical di sempre, oltre che uno dei capolavori della storia del cinema, premiato con ben 10 Oscar e osannato da milioni di persone in tutto il mondo. È stato il primo film ad aver vinto un doppio Oscar al miglior regista, inoltre, con i suoi 10 Premi Oscar, West Side Story è diventato il film musicale che ha avuto il maggior numero di Oscar, battendo Gigi del 1958, che ne aveva ricevuti nove.

Il successo della pellicola, arrivata dopo quattro anni di successi e di repliche ininterrotte a Broadway, è dovuto a diversi fattori.

La storia in primis, ambientata nell’ambito dello scontro tra le bande rivali Jets contro Sharks in cui subentra l’amore tra Tony e Maria, che da sempre suscita spirito di immedesimazione nel pubblico, la fotografia dai colori vivi, l’ambientazione popolare ma, soprattutto, le coreografie perfettamente eseguite dagli attori e le straordinarie musiche della coppia L.Bernstein-S.Sondheim, con canzoni rimaste celebri ancora oggi come Maria, America, Somewhere e Tonight.

Gabriele Coen si forma musicalmente prima alla Scuola di Musica Popolare di Testaccio, poi frequenta i seminari di Siena Jazz e viene in contatto in diverse occasioni con importanti interpreti del suo strumento d’elezione (Steve Lacy, Dave Liebman) per poi completare il percorso di studi con la Laurea in Scienze politiche e con il diploma in sassofono presso il Conservatorio Morlacchi di Perugia.

Dalla metà degli anni Novanta è fondatore e leader dei “Klezroym”, ad oggi la più importante formazione italiana di musica klezmer con la quale è tra i massimi divulgatori in Europa della tradizione musicale popolare ebraica reinterpetata in chiave jazzistica.

L’esperienza e il percorso maturati con i Klezroym a partire dalla intensa attività discografica e concertistica in Italia e in Europa, confluiscono poi nell’attività solistica con la fondazione nel 2004 del quartetto “Gabriele Coen – Atlante sonoro” (Lussu, Loddo, Caponi) con il quale pubblica due dischi “Duende” (2004) e “Alhambra” (2006), sempre per l’etichetta CNI.

Con questi due lavori, Coen propone un inedito e personale incontro tra il jazz e la world music, compiendo un viaggio a 360 gradi nella fusione tra le diverse tradizioni musicali ebraica, mediterranea, balcanica e il jazz contemporaneo, affiancando la produzione di composizioni originali alla reinterpetazione di materiale tradizionale.

Parallelamente, il musicista amplia la sua intensa attività didattica e divulgativa che vede uno dei suoi momenti più importanti nella pubblicazione del saggio “Klezmer, la musica popolare ebraica dallo shtetl a John Zorn” edito nel 2000 da Castelvecchi e in seguito nella pubblicazione del saggio “Musica errante. Tra folk e jazz: klezmer e canzone yiddish” edito nel 2009 da Stampa Alternativa entrambi scritti a quattro mani con Isotta Toso.

Nel 2005 fonda intanto il quintetto “Gabriele Coen Jewish Experience” (Lussu, Berg, Loddo, Caponi) con il quale pubblica nel 2009 l’album d’esordio “Golem” per l’etichetta Alfamusic, distribuito da Egea. Con il quintetto, l’artista raggiunge una nuova maturità espressiva nel proporre il materiale musicale ebraico in chiave jazzistica fino al folgorante incontro con John Zorn a New York nell’estate del 2010 e l’ingresso nella scuderia della “Tzadik” la prestigiosa etichetta indipendente di Zorn che produce l’album “Awakening” (2010).

Il suo è il primo ensemble italiano a produrre un disco per la “Tzadik”, che è diventata negli anni un punto di riferimento importante per il jazz contemporaneo, nella collana “Radical Jewish Culture” che John Zorn ha voluto dedicare alle migliori espressioni della nuova musica ebraica a livello internazionale. Di Gabriele Coen e del suo progetto John Zorn ha scritto: “Gabriele Coen è compositore e interprete di uno dei più entusiasmanti esempi di Nuova Musica Ebraica, capace di combinare una profonda conoscenza e un sincero rispetto per la tradizione, con un eccezionale intuito comunicativo e sensibilità immaginifica. All’avanguardia, eppure fermamente radicato nella tradizione, il progetto “Jewish Experience” esprime passione, integrità e un’impeccabile arte interpretativa”.

L’ultima fatica discografica di Coen è Sephirot del 2017, ispirato alla simbologia dell’albero della vita secondo la Kabbalah e la mistica ebraica; un viaggio dentro la struttura del mondo divino a livello mistico, ma anche un’esplorazione degli stati d’animo dell’essere umano.

“Spiritualismo ed elettricità – dichiara Gabriele Coen – sono i due principi che ho voluto coniugare in questo mio nuovo lavoro: l’albero della vita e i principi della kabbalah e della mistica ebraica, raccontati attraverso dieci composizioni originali ispirate al jazz elettrico di Miles Davis e alle nuove sonorità di John Zorn. Un’esplorazione della struttura del mondo divino ma anche un viaggio dentro gli stati d’animo dell’essere umano”.

Le Sephirot, infatti, sono i dieci principi basilari che ritroviamo sia nel mondo divino che nella psicologia umana, e sono strutturate come un grande albero e collegate tra loro in modo magico, attraverso ventidue canali. Ventidue come le lettere dell’alfabeto ebraico.

Questo mondo magico e metafisico ha dato ispirazione a dieci brani originali dalle forti sonorità elettriche che combinano l’energia e la passione del rock con la profondità e la raffinatezza del jazz.

Centrale nel progetto il suono del fender rhodes, il mitico piano elettrico che ha caratterizzato a partire dagli anni Sessanta molta storia del rock, ma anche del jazz. L’ispirazione, quindi, è quella del jazz elettrico alla Miles Davis di Bitches Brew e In a Silent Way, fino alle sonorità attuali dell’Electric Masada e di The Dreamers  di John Zorn, formazioni chiave dell’incontro tra musica ebraica e jazz elettrico.

“Sono sempre stato affascinato – continua Coen – dalla spiritualità e dagli omaggi che molti musicisti hanno voluto dedicare a questa imprescindibile sfera dell’uomo. Penso in particolare a A Love supreme e Ascension di John Coltrane, a Sun Ra, Don Cherry e John McLaughlin ma anche ai Beatles, affascinati dal misticismo indiano. Ho voluto dedicare molto spazio alle chitarre elettriche, al fender rhodes e all’organo Hammond, gli strumenti cardine dell’incontro tra jazz e rock a partire dalla fine degli anni Sessanta”.

Gabriele Antonucci
Collaboratore

Giornalista romano, ama la musica sopra ogni altra cosa e, in seconda battuta, scrivere. Autore di un libro su Aretha Franklin e di uno dedicato al Re del Pop, “Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica”,  in cui ha coniugato le sue due passioni, collabora con Joimag da Roma


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