Diritti umani
Gioele Dix, appunti per un aggiornamento della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo

Intervista semiseria con l’attore, comico, regista e scrittore, a proposito di come ripensare la Dichiarazione oggi

Se la dichiarazione è universale e i diritti che propone sono per tutti gli esseri umani, possiamo parlare di un codice etico applicabile a ogni latitudine. E in effetti era questo l’obiettivo delle Nazioni Unite, nel tentativo di costruire un futuro possibile e sicuro. Era il 1948 e oggi, 70 anni dopo, a leggere con attenzione i suoi articoli, si trovano la puntualità e la precisione di un documento attuale e ancora urgente. Ma a guardarlo con gli occhiali del presente, il nostro futuro prossimo, quello scenario in cui immaginare di proteggere l’uomo con le norme della dichiarazione universale, presenta caratteristiche inedite. A cominciare dall’iperconnesione di cui siamo tutti vittime, per arrivare alle questioni politiche internazionali. Ne abbiamo parlato con Gioele Dix, in una conversazione tra il serio e il faceto. Ma decisamente radicata nell’attualità.

Quali ragioni avremmo oggi per scrivere una dichiarazione universale dei diritti dell’uomo? Da cosa ci dovremmo difendere e in quale scenario futuro ci immaginiamo di agire?

“Intanto penso sarebbe molto difficile mettere al tavolo i rappresentanti giusti: si perderebbe molto più tempo a decidere come convocare un’assemblea per scrivere la Dichiarazione, chi dovrebbe convocarla, dove e con chi. E alla fine probabilmente ne verrebbe fuori una dichiarazione dei diritti di una certa parte, una dichiarazione dei diritti di alcuni. Non veniamo da una guerra, ma ce n’è una sotterranea, strisciante in corso da molto tempo, che ha segnato chiaramente i confini tra un mondo molto povero e uno molto ricco. Detto questo, credo emergerebbero due necessità, quella di affermare ancora più fortemente il rispetto delle diversità e il diritto all’irreperibilità”.

Cosa significa diritto all’irreperibilità?

“Il diritto a fare l’eremita. Oggi è impossibile. Non sai dove andare perché tutti i posti sono abitati e controllati e poi verrebbero a chiederti ragioni, a partire dal codice fiscale: “Ma lei come si mantiene? E come mai non fa niente? Allora lei ha sicuramente dei fondi in qualche paradiso fiscale…”. Ci vorrebbe una sezione dedicata al diritto all’oblio, all’anonimato, alla non tracciabilità. Insomma, va sancito il diritto a essere lasciato in pace”.

Quanto al rispetto delle diversità, invece?

“Sono per una maggiore indeterminatezza dei sessi. E io sarei proprio tassativo: alla nascita si viene catalogati, ma poi c’è un remind tra i 15 e i 18 anni in cui si viene chiamati a definirsi, una volta compreso chi si è. Allora si può scegliere e indicare quello che si vuole:  M – maschile; F – femminile; MF; FM… Modulazioni di frequenza… “.

Dunque sostiene l’autodeterminazione in materia di genere.

“Penso faccia parte dell’evoluzione. E lo stesso farei riguardo al diritto di cittadinanza: ognuno è, come diceva Einstein, di razza umana e cittadino del mondo. Poi se si vuole assolutamente precisare la parte di mondo, bisogna fare delle pratiche faticose, andare in un sacco di uffici, prendere il numerino, aspettare, sentirsi dire che serve un altro documento… “.

Dunque la burocrazia potrebbe fare da antidoto alle derive nazionaliste?

“Disincentiva i particolarismi. Penso sia importante affermare la necessità di partire dal generale per poi andare nel particolare. Cioè, noi abbiamo bisogno di identità, ognuno ha diritto a coltivare il proprio particolare, ma in un’idea di unione, non di separazione, per cui il particolare identitario diventa solo un arricchimento, non una contrapposizione. Allora, uno può essere contemporaneamente cittadino del mondo, lombardo onorario, interista e filo-animalista”.

Cos’è l’identità?

“Una comunanza di gusti, di abitudini e di affetti. L’identità è fatta di tante identità: siamo figli, poi genitori, quindi genitori dei genitori quando li dobbiamo assistere, poi sognatori, quindi pompieri… Viviamo della ricchezza di avere più identità. Anche sessualmente, benché io abbia avuto sempre un interesse solo, non condanno chi spazia”.

In ambito ebraico si parla sostanzialmente di doveri, da cui conseguono i diritti. Tre doveri per l’uomo contemporaneo?

“Lo diceva Kant, ma è molto ebraica come cosa: se devi, puoi. Che significa, in altre parole, considerare la forza potenziale racchiusa nel vivere secondo la disciplina, seguendo determinate regole, costruendo un fare responsabile. Insomma, l’invito a fare un uso responsabile della propria esistenza… bevete respons…guidate con… Com’è lo slogan? Dunque, tre doveri. Primo, dovere della conoscenza, come opposto di ignoranza, per garantire il rispetto. Secondo: il dovere alla discrezione. Essere discreti, non nel senso di discreto che è un pochino meno di buono, ma di non invadere gli spazi altrui. Terzo, beh, l’amore non può essere un dovere, dunque direi il dovere alla cura di chi è più debole, fragile, sfortunato. Tutte le volte che è possibile fare qualcosa di buono per qualcuno è giusto farlo: ti infili in una immaginaria (e neanche tanto immaginaria) partita di giro, per cui poi qualcosa di buono ti tornerà indietro”.

Micol De Pas

È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.


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