Cultura
Gli incredibili viaggi di Moisé Vita Cafsuto, gioielliere dei Medici

I diari del mercante fiorentino sono la testimonianza avvincente e divertita delle peripezie e dei pericoli che l’uomo non esitò ad affrontare nella prima metà del 1700 per portare il figlio in Terra Santa e nelle principali corti europee

Asher Salah, il mondo fuori dal Ghetto. I viaggi di Moisé Vita Cafsuto, gioielliere dei Medici, edito da Paideia, è un libro la cui realizzazione ha richiesto una buona dose di coraggio e determinazione. Proporre una lettura su un personaggio del passato, la cui storia è sconosciuta ai più, è un’impresa un ardita, ma la sua storia viene presentata al lettore in modo originale e insolito.

La narrazione avviene sotto forma di diario, scritto da Moisè Vita Cafsuto, vissuto a Firenze nel diciottesimo secolo, gioielliere alla corte dei Medici e dei Lorena e mercante di origine ebraica, appartenente a una comunità aperta alle sollecitazioni culturali della società italiana dell’epoca. Il diario, che racconta di due viaggi compiuti da Cafsuto, è rimasto quasi del tutto ignoto al grande pubblico, anche perché il manoscritto originale è accessibile solo in pochissime copie.

Il curatore del libro, Asher Salah, presenta in realtà anche i legami genealogici tra Moisè David Cafsuto, (col tempo il cognome è stato italianizzato diventando Cassuto) l’autore dei diari, e i suoi discendenti, tra cui Umberto Cassuto, nonno dell’architetto David Cassuto, che per primo ha avuto l’idea di affidare al curatore l’incarico di realizzare la pubblicazione dei diari. Quest’ultimo ha raccolto l’invito lavorando dapprima alla raccolta di documenti dagli archivi israeliani, europei e americani, e poi occupandosi del testo di Cafsuto, che risulta di notevole qualità letteraria, e inoltre mette in luce la vivacità culturale di un periodo della storia della comunità ebraica di Firenze.

Cafsuto è una di quelle personalità intellettualmente vive, che mantiene relazioni con i grandi centri cabalistici in Terra Santa, ma anche scambio costante col mondo artistico, letterario e scientifico del tempo. Lo stesso curatore, nell’introduzione agli scritti, precisa che egli «non era né un rabbino né uno studioso, ma un mercante appartenente alla classe dirigente della comunità, ed esibisce nei suoi scritti un’eccellente padronanza della cultura tanto ebraica che in generale, mostrandosi a suo agio nei contesti più diversi».

Il lettore inoltre viene a conoscenza di uno spaccato della comunità ebraica della Firenze del diciottesimo secolo, quando il Ghetto per gli ebrei fiorentini «era una realtà che da oltre un secolo aveva determinato il profilo della loro vita associativa e la loro stessa identità culturale e spirituale […], una comunità organizzata con le proprie istituzioni di governo beneficianti di un notevole margine di autonomia». Qui la famiglia Cafsuto ebbe modo di prosperare in un ambiente economico abbastanza favorevole.

Le notizie e le informazioni che il curatore fornisce sull’origine della famiglia Cafsuto, e sulla vita e le attività di Moisè Vita, sono precise e dettagliate, risultato di un attento esame dei documenti e del loro confronto, non mancando di sottolineare che “la famiglia Cafsuto occupava un posto di rilievo nella classe dirigente della comunità ebraica fiorentina”.

Sono gli anni Trenta del Settecento, quando Cafsuto intraprende i viaggi, dalla straordinaria estensione geografica e dalla lunghissima durata, di cui racconta nei diari. Veniamo a sapere un particolare che riguarda uno dei motivi che lo hanno spinto ad andare in Terra Santa, luogo di origine della famiglia. Lui stesso, nel diario, esprime l’intenzione di lasciare proprio lì il figlioletto Jacob Efraim «per fare meritevole la famiglia…. sicchè non rimanga questa terra senza Cafsuto». Jacob Efraim era però figlio illegittimo di Moisè Vita, particolare non esplicitato nel diario ma di cui si viene a sapere da una serie di atti giudiziari che lo riguardano.

I diari, che sono una vera e propria miniera di informazioni e di descrizioni, testimoniano giorno per giorno gli eventi di quasi tre anni in cui Moisè Vita attraversò il Vicino Oriente e l’Europa. Il primo dei due viaggi durò da ottobre 1733 ad aprile 1735. Nel secondo viaggio, avvenuto tra maggio 1741 e giugno 1743,

Moisè percorse la Francia, l’Inghilterra e l’Olanda. Sono oltre mille i luoghi e le persone che egli menziona nei diari, nei cui testi, scritti in italiano in un periodo in cui gli ebrei italiani sceglievano di scrivere in ebraico, troviamo una grande originalità per le novità che essi introducono nel panorama culturale dell’ebraismo italiano dell’epoca, inoltre da essi emerge una ricchezza documentaria e una scelta stilistica finalizzata a renderne accessibile la lettura a una cerchia di lettori più ampia di quella dei soli eruditi dentro e fuori la comunità ebraica.

I dettagliati resoconti, a metà strada fra il promemoria privato e la testimonianza storica, oltre ad offrire un esempio di scrittura che rompe con gli schemi della letteratura ebraica, dedicano anche un ampio spazio alla descrizione di episodi umoristici e spiritosi. Egli descrive i luoghi e le città viste fornendo una grande quantità di informazioni, dagli usi alimentari alle tradizioni religiose, dalle norme che regolano la vita pubblica e privata degli abitanti, alle generali condizioni degli ebrei del tempo.

I diari di Cafsuto, che spesso assumono un taglio antropologico oltre che esplorativo dovuto alla natura cosmopolita e all’acuto spirito di osservazione del loro autore, offrono uno spaccato fuori dal comune della vita quotidiana delle grandi corti europee e ottomane, attraverso una ricchissima galleria di personaggi con cui egli entra in relazione. In conclusione, anche se Cafsuto non è ancora un turista nel senso moderno del termine, non è neanche un tradizionale pellegrino in cerca di un’esperienza religiosa importante né un mercante interessato al solo valore della merce, si potrebbe dire che egli appartenga alla categoria dei viaggiatori sentimentali e dei flaneurs per l’accento posto sull’esperienza soggettiva nel conoscere le varie culture del Mediterraneo e del Vicino Oriente e dell’Europa nel pieno del Secolo dei Lumi.

Eirene Campagna
collaboratrice

Classe 1991, è PhD Candidate dello IULM di Milano in Visual and Media Studies, cultrice della materia in Sistema e Cultura dei Musei. Studiosa della Shoah e delle sue forme di rappresentazione, in particolare legate alla museologia, è socia dell’Associazione Italiana Studi Giudaici.


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