Cultura
Guido Lopez, racconti di una vita in mostra

Un libro e un’esposizione al Memoriale della Shoah di Milano in occasione dei 100 anni dello scrittore e giornalista

Cento anni fa a Milano nasceva Guido Lopez, scrittore e giornalista di origini ebraiche e copywriter ante litteram.
In occasione del centenario della sua nascita si è inaugurata nei giorni scorsi al Memoriale della Shoah di Milano una mostra intitolata In mano. Guido Lopez 1924-2024 rievocando nel titolo il suo scritto più famoso, Milano in mano, pubblicato per la prima volta nel 1966. La mostra è curata da Alberto Cavaglion e Fabio Lopez, organizzata in collaborazione con la Fondazione CDEC, Mursia editore, la Fondazione Mondadori e il Comune di Milano.

I curatori della mostra hanno lavorato anche alla stesura di un volume di prossima pubblicazione intitolato Guido Lopez Fàlfal. Essere ebrei è difficile, pericoloso, ma stimolante, che contiene un racconto inedito, due recensioni e due carteggi.
Fàlfal è dunque un racconto di Guido Lopez, probabilmente scritto dopo la Guerra dei Sei Giorni (1967), periodo che si contraddistingue per il cambio di paradigma nella percezione dello Stato di Israele, che da Stato costretto a difendersi, diventa  Stato occupante, proprio a partire dall’esito di quella guerra.
Oltre a riferimenti chiaramente politici, Guido Lopez disegna dei personaggi che richiamano i tratti dei più noti protagonisti della trilogia fantastica e allegorica sull’uomo contemporaneo di Italo Calvino Nostri antenati, i cui personaggi, proprio come in Fàlfal, liberano «una serie di significati che restano sempre un po’ fluttuanti, senza imporsi in un’interpretazione unica e obbligatoria» come ebbe a dire Calvino.

Il lettore, affascinato ma anche disorientato dall’insolito approccio narrativo dell’autore, molto presto inizia a chiedersi: chi è Fàlfal? Potremmo dire che Fàlfal non offre subito un’interpretazione univoca e chiara del suo pensiero e che, come tante altre persone, è combattuto nell’esprimere esplicitamente la propria opinione, Fàlfal può essere tutti noi in un mondo ambiguo e a tratti ipocrita, specie quando si trova davanti a questioni controverse, come quella della ragione dell’esistenza degli ebrei, popolo tristemente perseguitato in diversi periodi della storia.

Così come l’intera opera di Guido Lopez si articola e si sviluppa in ambiti diversi, troviamo all’interno della pubblicazione di Alberto Cavaglion e Fabio Lopez altri significativi materiali prodotti da quel narratore e instancabile interprete del suo tempo che è stato Guido Lopez. Vengono presentate nella pubblicazione la prima recensione fatta per la rivista L’eco della educazione ebraica al «Diario» di Anna Frank nel 1954 e alcune parti dei carteggi intercorsi con due dei testimoni e scrittori fondamentali della Shoah: Edith Bruck e Primo Levi.
Sul Diario Lopez scrive un testo accorato e commovente, nel quale esprime uno slancio quasi istintivo verso la figura della quattordicenne olandese. La ragazza diventa simbolo dell’ingiusta persecuzione, il suo doloroso viaggio verso la morte suscita in Lopez pensieri di sincera ammirazione e di profonda solidarietà nei confronti di una giovane inconsapevole scrittrice: «Se di tutti i libri usciti a testimonianza degli anni della tempesta uno solo dovesse salvarsi, io sceglierei il Diario che una ragazza ebrea fra i tredici e i quindici anni scrisse quasi giorno per giorno guardando in se stessa e nel piccolo mondo che la circondò per ventiquattro mesi». Nella stessa recensione Lopez ricorda le parole di Natalia Ginzburg su Anna: «E forse lei sola in qualche modo si disponeva davvero a morire, lei sola cercava nel pensiero della morte qualcosa che non fosse puramente orrore o pena, spingendo il proprio pensiero fuori dalla quotidiana vicenda, cercando nella propria storia un significato universale».

Lopez riesce in questa recensione a trasmettere anche tutta la passione che prova per l’attività della scrittura, come vedremo più avanti anche negli scambi che tra gli anni Settanta e gli anni Novanta intrattiene con Primo Levi e Edith Bruck.
Le lettere tra Lopez e Levi sono una finestra aperta sulla nascita di un’amicizia che col tempo diventa un rapporto fraterno tra due persone profondamente diverse per carattere e per le esperienze vissute, accomunati dal loro sentirsi ebrei con orgoglio, ma consapevoli allo stesso tempo che «essere ebrei è difficile e pericoloso» come scrive Primo Levi in una delle sue lettere indirizzate proprio a Guido Lopez, frase che viene scelta anche come sottotitolo della pubblicazione di Cavaglion e Lopez.

Infine, troviamo il carteggio con Edith Bruck, anch’essa ebrea sopravvissuta ai lager nazisti e instancabile scrittrice e testimone. I due si incontrano per la prima volta a Milano nel 1960 in occasione della presentazione del primo libro di Edith Bruck, Chi ti ama così, incontro che li legherà in una profonda amicizia durata tutta la vita.

Ad Alberto Cavaglion e Fabio Lopez, curatori del volume, va il merito di aver fatto nuova luce su un autore così versatile e per certi versi inafferrabile, e di esserci riusciti prima di tutto attraverso il canale della scrittura, a cui hanno aggiunto l’allestimento di un’efficace mostra che offre ai visitatori la possibilità di venire a contatto con aspetti inediti della vita di Lopez e con parte dell’universo narrativo, sconosciuto ai più, che è stata la produzione letteraria italiana del secondo dopoguerra.
La mostra è visitabile fino al 1° maggio 2024.

In mano. Guido Lopez 1924-2024, Memoriale della Shoah di Milano

 

Eirene Campagna
collaboratrice

Classe 1991, è PhD Candidate dello IULM di Milano in Visual and Media Studies, cultrice della materia in Sistema e Cultura dei Musei. Studiosa della Shoah e delle sue forme di rappresentazione, in particolare legate alla museologia, è socia dell’Associazione Italiana Studi Giudaici.


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