La notte delle zucche intagliate e del “dolcetto o scherzetto” vista da una prospettiva rabbinica
Negli ultimi anni ci siamo abituati a vederlo festeggiare qua e là anche in Italia: più che altro, come pretesto per organizzare una festa in costume, passare una serata diversa dal solito. Ma è in Paesi come gli Stati Uniti che Halloween conta davvero: un’istituzione, una tappa del calendario che non si può ignorare. La conseguenza è che anche per numerose famiglie ebraiche è diventato naturale lasciare che i propri figli si mettano in maschera e passino da una casa all’altra del vicinato per il classico gioco “Dolcetto o scherzetto”.
E per i genitori più attenti all’osservanza dei valori ebraici è stato inevitabile interrogarsi: festeggiare Halloween è “kasher” o no? A questo dubbio hanno risposto diversi rabbini, prendendo in considerazione sia l’aspetto storico, sia quello attuale e sociale della ricorrenza. Un’esauriente disquisizione sul tema è esposta su My Jewish Learning da Rabbi Michael Broyde. Le origini di Halloween, comincia l’autore, sono pagane, e nell’ebraismo è proibito celebrare feste legate ad altre religioni. Tuttavia, è indubbio che al giorno d’oggi la connotazione religiosa della festa si è completamente persa, perciò non deve essere questo il focus della discussione.
In Tosafot (una raccolta di commentarii al Talmud), c’è un dibattito su quali usanze non ebraiche sia permesso adottare agli ebrei. I rabbini Ran e Maharik concludono che gli ebrei dovrebbero astenersi dall’imitare non solo le usanze che li espongono al rischio d’idolatria, ma anche quelle che, pur essendo estranee a questa possibilità, “non hanno una spiegazione ragionevole”. Halloween, conclude Rabbi Broyde, fa parte del secondo gruppo e perciò, da una prospettiva ebraica, è consigliabile non festeggiarlo. Diversa faccenda è come comportarsi con i bambini mascherati che, girando per il vicinato con il loro sacco, bussano alla porta di famiglie ebraiche: in nome dei valori di darkhe’ shalom (lett. Le vie della pace) e della proibizione di provocare occasioni di ostilità inutile tra ebrei e non ebrei (in una parola, in nome dei rapporti di buon vicinato), Rabbi Broyde ammette che si possa aprire e fare la propria parte distribuendo caramelle e dolcetti.