Cultura Cibo
“Honey Cake and Latkes”, il cibo che nutre l’esistenza

Il mondo prima di Auschwitz e quello dopo la Shoah si incontrano in un libro. Che raccoglie storie e ricette dei sopravvissuti

Oggi si parla con leggerezza di comfort food riferendosi a quei piatti che fanno bene all’anima oltre che al palato. E che il cibo sia da sempre anche una fonte di piacere e, perché no, di consolazione, non è mai stato un mistero.
Ci sono situazioni però in cui il mangiare assume un valore che va al di là del solo nutrirsi o del soddisfare l’appetito. A volte un piatto salva la vita nel suo valore più profondo. Le ricette raccolte in Honey Cake & Latkes sono la prova inconfutabile di quanto il cibo nutra l’esistenza. Il sottotitolo del libro, in uscita in Italia in ottobre e già disponibile per il preordine online, basta da solo a capire di quanto stiamo parlando: Recipes from the Old World by the Auschwitz-Birkenau Survivors. Impostato come un raffinato ricettario, con bellissime foto e testi a fronte, rappresenta molto di più di un semplice libro di cucina. Raccoglie infatti le preparazioni che legavano i sopravvissuti ai mondi che avevano perso offrendo loro conforto mentre costruivano nuove vite dopo l’Olocausto.

Come si legge nell’articolo che JTA dedica al volume, questo si apre con una ricetta semplicissima ma dal valore immenso per il bambino destinato a provarla. Si tratta di un panino di pane nero generosamente spalmato di burro e completato con scaglie di cioccolato fondente. A ideare questo sandwich dolce era stata la mamma di Eugene Ginter, liberato da Auschwitz a poco meno di sei anni nel gennaio 1945. Solo ed emaciato, il piccolo era stato inviato prima in un ospedale e poi in un orfanotrofio di Cracovia, la sua città natale. Diversi mesi dopo si era ricongiunto miracolosamente con la madre, che aveva dovuto affrontare il difficile compito di rimettere in forze il piccino, che sembrava avere perso ogni interesse per quel cibo che per tanto tempo gli era stato negato. Da qui la creazione di un panino che riuniva tutto quello che piaceva al bimbo.
Nel libro sono presenti diverse altre storie come questa, con ricette ideate da madri come Goldie, nota per servire quantità eccessive di cibo e i cui piatti compaiono ben 11 volte nel libro. Di lei il figlio Joe Finkelstein ha dichiarato che “collegava il cibo e l’alimentazione alla vita e alla sopravvivenza”. Le storie dei sopravvissuti affiancano nel libro le ricette, così come le immagini dei piatti sono accostate alle fotografie di questi collaboratori d’eccezione, d’archivio e contemporanee. La fotografa Ellen Silverman, che li ha immortalati mentre preparano le ricette proposte, ha dichiarato che questo è stato il progetto più significativo a cui abbia mai lavorato: “Questo libro vuole celebrare la sopravvivenza, celebrare il presente e celebrare il futuro”.

Secondo quanto riporta JTA, l’idea per il libro era venuta nel 2020 a Ronald Lauder, uomo d’affari e presidente della Auschwitz-Birkenau Memorial Foundation. E pare che all’origine di tutto ci fosse un gefilte fish. Tre mesi dopo aver portato 120 sopravvissuti e le loro famiglie ad Aushwitz per celebrare il 75° anno dalla liberazione, Lauder avrebbe chiesto ai partecipanti di condividere le loro ricette per il pesce ripieno ashkenazita, ricevendone ben 20 diverse versioni, tutte inviate all’indirizzo di Maria Zalewska, direttrice esecutiva della fondazione. Da qui la comprensione che queste persone avevano ancora una gran voglia di condividere e la decisione di creare un libro di cucina che esprimesse e soddisfacesse al meglio questo desiderio.

Lottando contro il tempo che stava portando via i più anziani tra i protagonisti del progetto, Zalewska e Lauder sono riusciti a raccogliere oltre 110 ricette da ventinove sopravvissuti da Auschwitz e Birkenau. Quasi tutti tranne uno vivono tra gli Stati Uniti e il Canada, ma i loro piatti spaziano da classici del Vecchio Mondo come il rakott krumpli di David Marks, una casseruola ungherese a base di patate a strati con panna acida e uova sode, ad altri influenzati dalla cultura del Nuovo Mondo, come la torta al whisky di Goldie Finkelstein, fatta con il mix del marchio americano di preparati per dolci Duncan Hines.
Quasi tutte le ricette sono corredate da una storia, legata alle loro origini e al valore che esse hanno per chi le propone. Eva Szepesi presenta così le sue palacinta, le frittelle ungheresi che lei accompagna con la confettura che la madre e la nonna preparavano con le albicocche raccolte dall’albero del loro giardino, mentre Alexander Spilberg racconta di avere imparato a cucinare un piatto tradizionale dell’Est Europa come il vitello alla paprica solo dopo essersi trasferito in Canada, visto che in patria la sua famiglia non poteva permettersi di acquistare il taglio di carne necessario a realizzare la ricetta.
Cinque dei protagonisti di Honey Cake & Latkes si sono anche incontrati a New York nell’ottobre del 2021 per cucinare alcuni dei piatti inseriti nel volume. Le immagini di questo ritrovo fanno a loro volta parte del libro che mantiene, come auspicato dagli autori, uno stile “elegante e senza tempo, classico e invitante”. Come ha raccontato la Zalewska, si è cercato di “spogliare le immagini di un contesto storico specifico e concentrarsi solo sulla bellezza del piatto. Abbiamo mantenuto gli allestimenti minimalisti e limitato il numero di oggetti di scena. Abbiamo mantenuto l’attenzione sul cibo”.

Le testimonianze legate a piatti e ricette fanno eco a quelle rilasciate in altre occasioni dagli stessi sopravvissuti e raccolte nella sezione Survivors’ Stories del sito della Auschwitz-Birkenau Memorial Foundation. Tra queste, Elisabeth Citrom racconta la sua esperienza nei campi (“Non vivevamo di nient’altro che di storie sul cibo”) e regala ai lettori non solo la ricetta della sua insalata di melanzane, ma anche l’evoluzione nello spazio e nel tempo del piatto, dalla Transilvania controllata dagli Ungheresi dove vivevano sua nonna e sua madre alla Palestina e l’Israele dell’immediato dopoguerra, dove Citrom si era trasferita a vivere. Il viaggio era proseguito in Svezia, dove la donna aveva scoperto che ancora viveva suo padre, e infine a New York City, dove la preparazione rappresenta uno dei piatti preferiti dei suoi nipoti.

Non mancano poi le storie di quanti non avevano potuto partecipare a quel primo incontro del 2020 ma le cui ricette sono arrivate comunque fino a noi, portando il passato nel presente e mantenendone viva la memoria. Nella prefazione del libro, Lauder dichiara che il volume è una testimonianza del potere dello spirito umano, augurandosi che possa essere donato a ogni coppia di sposi ebrei all’inizio della loro vita insieme. “Questo libro porta una connessione con il passato”, dice. “Non c’è connessione più forte che puoi avere del cibo. In genere non puoi indossare gli abiti dei tuoi antenati o visitare le loro case. Ma puoi preparare lo stesso cibo”.

Honey Cake & Latkes
Recipes from the Old World by the Auschwitz-Birkenau Survivors

Tutti i proventi della vendita del volume sono destinati alla Auschwitz-Birkenau Memorial Foundation.

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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