Photomenta, sguardi sul Mare Nostrum in mostra all’Eretz Israel Museum di Tel Aviv
Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco in Iugoslavia.
Con queste parole, nel 1949, Fernand Braudel descriveva il mare che divide – e unisce – i paesi che lo abbracciano. O meglio, che dal Mediterraneo vengono abbracciati, e a cui ha dedicato il suo celebre saggio (Il Mediterraneo, Bompiani), oggi attuale come non mai.
Guy Raz, fotografo e curatore del Dipartimento di Fotografia del Museo Eretz Israel di Tel Aviv, ha cercato di restituire la storia e le persone di questo grande mare attraverso una raccolta di 300 stampe – oltre ad alcune opere video – realizzate da 35 fotografi provenienti dalle sponde del Mare Nostrum, nella nuova grande esposizione Photomenta. Con questo neologismo il curatore si riferisce a una serie di dialoghi tra fotografia, cartografia, monumenti, documenti e mitologia: “Sono questi – spiega Raz – gli elementi alla base di un linguaggio fotografico che nasce tra tre continenti: Europa, Asia e Africa”.
Per realizzare questo percorso espositivo che è anche un viaggio nel Mediterraneo – grazie alla selezione di immagini che provengono da Turchia, Grecia, Cipro, Albania, Montenegro, Italia, Francia, Spagna, Marocco, Malta, Israele e I Territori Palestinesi – il curatore ha scelto di suddividere i lavori tra dieci dei diversi padiglioni del Museo, attraverso un sapiente gioco di specchi tra arte antica, etnografia, archeologia e lo sguardo contemporaneo dei fotografi ospitati. Ogni sezione, dunque, è stata costruita attraverso una relazione tra questi due diversi linguaggi “in modo da connettere il passato con il presente”. Come spiega Raz, infatti, uno degli scopi di questa manifestazione è generare “incontri mitologici nella culla della civiltà: il bacino del Mediterraneo che, oggi come allora, è un ponte culturale tra Oriente e Occidente, un crocevia galleggiante di mari e popoli, confini e conflitti”.
Conflitti non solo tra nazioni ma anche “interni” agli Stati stessi, come mostrato nella splendida retrospettiva dedicata a Letizia Battaglia, con uno sguardo penetrante sulla Mafia nell’Italia del Sud. Non a caso la sezione della fotografa ottantenne si chiama “Photography as a Life Choice”, con riferimento alla sua scelta di vita come professione e alla gamma di argomenti catturati attraverso il suo obiettivo. Battaglia, per altro, non è l’unica italiana ospite nella mostra.
Luca Locatelli con “White Gold” racconta lo sfruttamento massiccio del territorio nelle Alpi Apuane, mentre nel video “Per Speculum” Adrian Paci – albanese per nascita ma italiano di adozione – indaga il delicato passaggio dall’infanzia all’età adulta, zoomando sul gioco “della guerra”, con tutte le implicazioni politiche che esso comporta. Tra gli artisti italiani spicca il lavoro di Maria Pansini che racconta il dramma dell’immigrazione attraverso una serie di ritratti intitolata “Blanket”.
Se l’essere umano e il suo territorio sono sicuramente uno dei fili conduttori della mostra, altro tema centrale è l’uso – e il consumo – delle materie prime, uno sfruttamento tale da mettere a rischio la nostra stessa esistenza, specie nell’era dei grandi cambiamenti climatici.
Il percorso è intenso e merita uno sguardo attento: occorre visitare la mostra con calma, godendosi anche gli spazi museali. E c’è tutto il tempo per farlo: Photomenta rimarrà aperta fino all’estate 2022. Primo appuntamento di una nuova serie concepita dal Museo Eretz Israel – dopo il grande successo della Biennale di arte contemporanea israeliana, ideata dalla Chief Curator Debby Hirshman – che si propone di replicare lo stesso format ogni cinque anni, al fine di monitorare gli sguardi sul Mediterraneo e i suoi mutamenti.