A giudicare dalle reazioni di molte nazioni alla feroce violenza di Hamas contro i civili innocenti del popolo ebraico quel che ancora una volta è mancata è la capacità di capire la situazione e di ragionare in termini storici: non si accetta che Israele lotti per il proprio diritto a vivere
Dal 7 ottobre 2023 abbiamo assistito al gran ritorno sulla scena mondiale degli accusatori di Israele, quasi tutti nel solco di una mentalità terzomondista sopravvissuta alla caduta delle ideologie di fine Novecento. All’inizio di gennaio abbiamo persino visto un paese cosiddetto non-allineato alzare il tiro e allinearsi, anzi guidare la schiera degli anti-sionisti e portare Israele davanti al Tribunale internazionale di giustizia, con le classiche accuse di chi proietta su Israele i propri stessi fantasmi: apartheid, pulizia etnica, genocidio… Esattamente come il mondo cristiano del passato, per secoli, ha scaricato – per contrappasso – sugli ebrei delle diverse comunità sparse in Europa il ‘prezzo’ della propria theologia crucis: il deicidio, l’accusa del sangue, la malvagità e la perfidia. E come già nel mondo antico precristiano, quando alcuni autori, che non avevano mai letto la Torà, si spinsero a definire gli ebrei “odiatori del genere umano”. Un autorevole rabbino italiano ha commentato che sembra vi sia una coazione a ripetere, anzi ad accusare il mondo ebraico di qualche “–cidio”: ieri era il teologico dei-cidio e il fantomatico infanti-cidio rituale (dei suoi vicini cristiani), oggi è il geno-cidio (dei suoi vicini palestinesi), e domani chissà, forse spunterà un eco-cidio o un geo-cidio… Senza nulla togliere alla tragicità della guerra in corso, invece di lavorare a soluzioni diplomatiche per un cessate il fuoco sui molti fronti aperti, ad alcuni importa soltanto mettere Israele alla sbarra e ogni vittima è buona per trovare gli ebrei colpevoli, ideali capri espiatori sempre utili quando si è ormai rinunciato all’uso della ragione applicata alle complesse situazioni geopolitiche. E cosa c’è di più complesso oggi del caos mediorientale? Israele come ‘occupante criminale internazionale’ è la soluzione chiara e sempliche di tutti i problemi!
Con non poca sorpresa si può leggere in una pagina di Talmud, trattato ‘Avodà zarà 3a, una specie di paradigma di questo tipo di processi, intentati nel tempo contro Israele. Tale pagina di aggadà è connessa alle tematiche dell’idolatria e ai rapporti, commerciali ma non solo, tra ebrei e non ebrei in un contesto di cultura ellenistica. Poiché l’omonimo trattato della Mishnà su questo tema è piuttosto tecnico, i maestri della Ghemarà hanno cercato di esplicitarne il senso attraverso l’immaginazione, inventando un fittizio giudizio finale nel quale ebrei e non ebrei devono rispondere delle loro azioni al Creatore del mondo. La fantasia rabbinica immagina dunque che tutte le nazioni, una ad una, e non solo Israele, siano chiamate dinanzi al Tribunale celeste per rendere conto di quel che hanno fatto e di quel che hanno omesso di fare: gli ebrei in rapporto alla Torà e i non ebrei sulla base delle sette leggi di Noè. Tale processo immaginario inizia con la comparizione delle due nazioni che, nel Talmud, rappresentano le due superpotenze politico-militar-culturali di allora (sotto il cui dominio vivevano gli ebrei): l’impero romano e l’impero persiano. Ora, davanti al Signore entrambi questi imperi si difendono dicendo di aver costruito opere importanti come mercati, impianti termali, ponti e città… tutto per permettere a Israele di studiare Torà! L’ironia è lampante in questa proclamazione in malafede! Ora, il Santo benedetto non smentisce affatto che tali imperi abbiano costruito tali grandiose cose, ma li sbugiarda quanto agli scopi: avete costruito mercati per mettervi prostitute, terme per compiacere i vostri corpi, ponti e città per estorcere più tasse! A questo punto molti maestri intervengono, pro e contro le nazioni, le quali avevano la possibilità di osservare le leggi di Noè ma non le hanno osservate; e che non meritarono di ricevere la Torà proprio perché avevano già rifiutato le leggi di Noè; e via argomentando. Viene infine il turno del giudizio su Israele, e le nazioni si precipitano, dinanzi al Giudice supremo, a chiedere che venga mostrato quando mai Israele abbia osservato la Torà…
Che fece allora il Santo benedetto? «Rispose alle nazioni: ‘Io rendo testimonianza per loro del fatto che hanno adempiuto la Torà intera!’. Ma le nazioni replicarono: ‘Signore del mondo, forse che [in un processo] un padre può rendere testimonianza a favore del proprio figlio?’. [Poiché il Signore è considerato il padre del popolo ebraico, legalmente Egli non può testimoniare]. Allora il Santo benedetto ribattè: ‘Che siano il cielo e la terra a testimoniare che i miei figli hanno adempiuto la Torà intera!’. Ma le nazioni replicarono: ‘Cielo e terra non possono testimoniare perché si trovano in un conflitto di interessi’. Infatti, spiega rabbi Shim‘on ben Lakish, quando il Creatore finì di creare il suo mondo, pose la clausola che se Israele non avesse accettato la Torà, il mondo sarebbe tornato allo stato di tohu va-vohu, nel caos primordiale. Il cielo e la terra, temendo questo caos, non potevano che dire bene di Israele…». Allora il Santo benedetto, per difendere Israele dalle accuse mossegli dalle nazioni, capovolse la situazione e invitò a testimoniare a favore di Israele proprio alcuni tra i più famosi esponenti di quelle nazioni. Anzitutto chiamò Nimrod, che testimoniò come Abramo si fosse rifiutato di inchinarsi agli idoli [ecco emergere il tema del trattato, l’idolatria e le tragressioni connesse come l’immoralità e l’omicidio; la storia di Abramo processato da Nimrod è narrata nel Bereshit rabbà]; Il Santo benedetto chiamò poi Labano, che testimoniò come Giacobbe non si fosse macchiato di latrocinio [cfr. Bereshit/Gn 31,36-42]; chiamò la moglie di Potifar, che testimoniò come Giuseppe non avesse commesso adulterio [cfr. Bereshit/Gn 39,7-12]; chiamò Nabucodonozor, che testimoniò come Chananià, Mishrael e Azarià non si fossero prostrati dinanzi a nessuna statua; chiamò il re Dario che testimoniò come Daniele non avesse mai trascurato di pregare; e ancora chiamò Bildad, Zofar, Elifaz ed Elihu – gli amici di Giobbe – che vennero a testimoniare su come il popolo ebraico abbia adempiuto tutta la Torà. Così il Signore realizzò la profezia di Isaia 43,9 secondo cui le nazioni avrebbero portato i loro testimoni!
Dinanzi a tale super-difesa, cosa risposero le nazioni (secondo i maestri del Talmud)? «‘Signore del mondo, offrici di nuovo l’occasione di ricevere la Torà e la osserveremo…’. ‘Sciocchi!’ replicò il Santo benedetto. ‘Chi si dà pena di preparare la vigilia di Shabbat mangerà di Shabbat, ma chi non si dà pena di preparare la vigilia di Shabbat non mangerà di Shabbat’». Ciò significa: avete avuto l’offerta ma l’avete rifiutata, non avete colto l’occasione propizia, e ora è troppo tardi. E mi piace pensare che, invece, alloraquando Israele rispose «Tutto ciò che il Signore ha parlato faremo e ascolteremo» [Shemot/Es 19,8]… abbiano aggiunto: se non ora, quando? [cfr. Pirqé avot I,14]. Certe situazioni non si ripetono e nel mondo, nella storia, niente vale di più dell’intelligenza delle situazioni. E quante occasioni di pace hanno perso i leader palestinesi nel corso degli ultimi cinquant’anni? A giudicare dalle reazioni di molte nazioni alla feroce violenza di Hamas contro i civili innocenti del popolo ebraico – anziani, donne e bambini soprattutto – quel che ancora una volta è mancata è la capacità di capire la situazione e di ragionare in termini storici; non si accetta che Israele lotti per il proprio diritto a vivere e a vivere lì dove ormai la quasi totalità degli israeliani è nata e lavora e sogna la pace.
In troppi sembrano non capire che vi sono situazioni nelle quali occorre “cogliere al volo” quel che va fatto, senza demandare ad altri quelle responsabilità per noi stessi che incombono soltanto su noi stessi. Im ein anì lì, mì lì? Se io non sono per me, chi sarà per me? Quasi tutti gli israeliani oggi stanno vivendo questo pensiero, espresso anni fa dal professor Aviezer Ravitzky: «Voglio essere in grado di guardare i miei figli negli occhi e dir loro che la nostra generazione ha fatto tutto il possibile per evitare la catastrofe». Im lo ‘akshav, emmatai?