Cultura
“Il rumore della memoria”, una mostra a Carpi

71 opere raccontano l amemoria e l’arte come linguaggio necessario dell’impegno civile

La memoria fa rumore. O almeno dovrebbe. Così come fa l’arte, quando diventa impegno civile. Parte da questi assunti la mostra che il Museo Monumento al Deportato  di Carpi (MO) inaugura sabato 27 gennaio, in concomitanza con la giornata che ricorda l’orrore dello sterminio nazista e commemora le vittime dell’Olocausto. Una mostra che si intitola proprio Il rumore della memoria e che presenta i lavori di artisti che hanno voluto farsi testimoni della tragedia del proprio tempo, rispondendo al richiamo dell’”esserci” come scelta civile, convinti che l’arte in quanto espressione di un linguaggio universale avesse gli strumenti per intervenire e sollecitare le coscienze e fosse per questo tenuta a farlo.
Tra bozzetti, graffiti, disegni, sculture e dipinti sono 71 le opere che fino al prossimo primo maggio si potranno ammirare nelle sale del Museo Monumento al Deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti della città di Carpi. Un luogo che, quegli orrori, li aveva visti da vicino. Il centro emiliano si trova infatti a pochi chilometri dal luogo in cui sorgeva, in località Fossoli, il campo di concentramento per ebrei voluto dalla Repubblica Sociale Italiana e utilizzato dalle SS come anticamera dei lager nazisti.

Il Memoriale ideato negli anni Sessanta dallo studio milanese BBPR (Banfi Belgiojoso Peresutti Rogers) e inaugurato il 14 ottobre 1973 celebra con questa esposizione il suo cinquantenario inaugurando la stagione espositiva 2024 del complesso dei Musei di Palazzo dei Pio. Testimone da mezzo secolo del dramma della deportazione attraverso tredici sale dall’allestimento essenziale e il linguaggio antiretorico e simbolico, il Museo Monumento di Carpi è stato fin dalla sua nascita espressione dell’impegno civile di artisti che avevano conosciuto di persona il male del proprio tempo. Ed è proprio da alcuni di essi che si articola la mostra temporanea, dai testimoni cioè di un’arte chiamata all’impegno morale di risvegliare le coscienze di fronte al declino delle democrazie in Europa e alla sconsiderata follia dei campi di sterminio.

Emilio Vedova, Incendio del villaggio, 1945

Curata da Ada Patrizia Fiorillo e Lorenza Roversi, la rassegna segue un percorso progettuale legato fortemente al contesto, accostando all’esposizione permanente opere provenienti da collezioni pubbliche e private di autori quali Pablo Picasso, presente tra l’altro con le incisioni Sogno e menzogna di Franco I e II (1937), di Julio Gonzales, di cui si vede il disegno Studio di figura che grida (1941), Corrado Cagli, rappresentato dalla serie di disegni Buchenwald (1945), o Emilio Vedova, autore del dipinto Incendio del villaggio (1945). Si potranno vedere anche i bozzetti originali delle opere realizzate da Renato Guttuso e Corrado Cagli per il museo, graffiti di grandi dimensioni che insieme ad altri firmati da Alberto Longoni, Picasso e Léger ricoprono alcune delle pareti delle sale.

Suddivisa in tre sezioni, la mostra Il rumore della memoria espone nella prima parte le opere pittoriche e scultoree di Giacomo Manzù, presente con il bassorilievo Cristo con generale del 1947, di Sandro Cherchi, di cui si ammira la terracotta Figura del 1948, di Franco Garelli, con il dipinto L’impiccato del 1944, Mirko Basaldella, con il mosaico Furore del 1944, di Corrado Cagli, con l’imponente scultura Figura d’uomo realizzata intorno al finire degli anni Quaranta, di Ernesto Treccani, con il dipinto La collina del 1943, di Tono Zancanaro con una china della serie Peragibba del 1943, e di Ennio Morlotti, con l’olio Estate 1946.

Aldo Carpi, Violinista – il dottor Toni Goscinski – 1944-45

La seconda tappa del percorso espositivo si concentra sull’opera di Aldo Carpi, in particolare sui suoi disegni. Di proprietà del museo carpigiano e realizzato in gran parte durante la reclusione Mauthausen e Gusen, campi dove l’artista milanese di origini ebraiche era stato deportato dopo la delazione di un collega, l’intero corpus grafico si compone di pagine di piccolo formato che testimoniano gli orrori vissuti e visti nei lager. Una lenta e implacabile discesa agli inferi dai quale Carpi riesce a sopravvivere e riemergere grazie al talento artistico. Come ricorda Lorenza Roversi, l’artista aveva dipinto «molti quadri per i tedeschi, principalmente paesaggi e ritratti, a cui alterna le immagini di un quotidiano devastante, documentando la vita del lager per lo più a matita su fogli di spartito o su quelli recuperati nell’infermeria: i compagni, l’indicibile sofferenza del muselmann, il prigioniero già in fase di pre agonia, qualche esterno e anche “lampi” di normalità e speranza».

Georges Braque, Colomba

L’ultima sezione della mostra si apre proprio a questa speranza. Come una luce oltre il buio, le opere che concludono il percorso comprendono quelle realizzate nei primi anni Sessanta da Carlo Carrà e da Georges Braque e accomunate dal tema della colomba, simbolo di grande forza per la conquista di un mondo libero e pacificato. Accanto a queste, e sempre risalente allo stesso periodo, si troverà esposta anche l’unica litografia tirata in Italia da Picasso, un rasserenante Volto di donna realizzato presso la Stamperia Il Bisonte di Firenze.

Il rumore della memoria, Carpi, Musei di Palazzo dei Pio, 27 gennaio – 1 maggio

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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