Cultura
Jean Clair: l’Inferno, Dante, Primo Levi alle Scuderie del Quirinale

Una mostra indaga gli inferni dell’umanità

Fino al 9 gennaio, le Scuderie del Quirinale ospitano la mostra Inferno, curata da Jean Clair insieme a Laura Bosso: un’esposizione ambiziosa e spettacolare, capace di condurre con diversi media in differenti ambienti narrativi, connettendo tra di loro territori inattesi attraverso la potenza delle opere e la sapiente messa in esposizione.
Il progetto espositivo si inserisce all’interno delle celebrazioni dedicate a Dante Alighieri, nel settimo centenario della morte, avvenuta il 14 settembre 1321 a Ravenna.
Inferno si snoda nei differenti spazi delle Scuderie del Quirinale e occupa i due piani della struttura, in un’esposizione dedicata esclusivamente alle figurazioni infernali – attraverso le tante opere ad esse dedicate – alla presenza nella storia dell’uomo, della letteratura e dell’arte del concetto di inferno e dannazione, dal Medioevo ad oggi. Jean Clair mette in mostra la dissoluzione dell’individuo umano, la perdita di ogni valore spirituale e materiale. I tanti volti dell’Inferno presentati sono l’emblema di questa spaventosa concezione: un Inferno che distrugge materialmente le anime che lo abitano, e con esse la lingua, le parole, la cultura, la bellezza delle forme e delle arti.

Il curatore ha disposto le opere seguendo delle simmetrie sottili, creando dei contrasti vivi fra i quadri, nella magnificenza delle sale delle Scuderie del Quirinale. L’effetto sullo spettatore è di stupore. E l’opera più monumentale della mostra, collocata nella prima sala del percorso espositivo è la versione in gesso della Porta dell’Inferno di Auguste Rodin, realizzata nel 1989 per la fusione di uno degli ultimi esemplari bronzei dell’opera. La porta che accoglie e spaventa, sembra dialogare con la Caduta degli angeli ribelli di Andrea Commodi e con il capolavoro scultoreo delle Gallerie d’Italia, attribuito a Francesco Bertos (in passato dato ad Agostino Fasolato), poste di fronte. In tutte queste opere protagonista è un groviglio di anime che esprime la dannazione eterna, il tormento cupo e magnificente dell’Inferno. Anche nelle altre sale il visitatore è travolto dalla suggestione degli accostamenti: le carceri e le prigioni di Piranesi, le opere di Goya, di Ander Montan, tra gli altri, suggeriscono una condizione umana sopravvissuta al crollo delle antiche fedi, alla distruzione, all’alienazione profonda, il tutto incorniciato nei versi danteschi e nelle diverse raffigurazioni dell’Inferno di Dante.
Il tipo di percorso, pensato da Jean Clair e proposto ai visitatori, è quindi una vera e propria discesa negli inferi, ma anche un chiaro riferimento alla presenza dell’Inferno sulla terra: da Beato Angelico a Botticelli, da Bosch a Bruegel, Manet, Rodin, Franz von Stuck, Giacomo Balla, Otto Dix, Taslitzky, William Blake, Richter e infine Anselm Kiefer, il visitatore si troverà immerso nelle opere tra le più rappresentative di come l’Inferno è stato immaginato nell’arte. Incluso il bellissimo teatrino napoletano con i pupi siciliani, proveniente dal Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino di Palermo.

Quasi alla fine dell’esposizione ecco comparire l’inferno sulla terra: la follia, la guerra e l’Olocausto, considerato l’apice del male, dove si incontrano diverse opere dedicate alla Shoah, tra cui quella gigantesca di Boris Taslitzky, che il visitatore scorge ancor prima di entrare nella sala. Ancora, qui sono esposte le opere Zoran Music, Nous ne sommes pas les derniers: corpi isolati o accumulati l’uno sull’altro in quelle che Music descrive come «cataste, montagne di cadaveri».

Conclude la sala l’esposizione della bozza originale di  Se questo è un uomo di Primo Levi, testo letterario, testimoniale e documento fondamentale sull’analisi delle condizioni estreme in cui hanno vissuto i deportati nei campi di concentramento. Qui Jean Clair ricalca l’ormai noto rapporto intertestuale e spirituale tra l’Inferno di Dante e l’opera di Levi.
Una corrispondenza che si scorge già dalla poesia posta in epigrafe da Levi, dove compare la prima parola tratta dalla Commedia “considerate”: «Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango […] considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome». Il riferimento è alla dignità calpestata degli esseri umani e la memoria corre subito alla famosa invocazione di Ulisse ai suoi compagni nella bolgia dei consiglieri di frode, «Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtute e canoscenza». La meditazione su ciò che distingue l’uomo dal bruto e sul compito morale della conoscenza accomuna già in apertura i due autori. La figura dell’eroe greco sarà poi al centro del capitolo intitolato proprio Il canto di Ulisse, dove il Levi prigioniero prova a raccontare al giovane deportato Jean, che nel campo svolge la funzione di Pikolo (Piccolo), vale a dire fattorino-scritturale, addetto alla pulizia della baracca, qualcosa che gli ricordi l’Italia. È uno dei rari momenti di tregua nei quali la comunicazione umana è ancora possibile.
Levi parla della Divina Commedia, cerca di tradurre nel suo francese i versi del canto di Ulisse che a intermittenza gli tornano alla mente, dimentica per un momento dove si trova per tornare a essere intimamente se stesso, soffre per le rime che non riesce a ricordare e sente di comprendere fino in fondo e dolorosamente il significato di questo canto.
E ancora i dannati di Auschwitz, come i dannati danteschi parlano una lingua “che non sembra di questo mondo”, Primo Levi si trova di fronte a una confusa babele linguistica che ricorda il canto III dell’Inferno: “Diverse lingue, orribili favelle parole di dolore, accenti d’ira voci alte e fioche”.

In tal senso, si segnala l’incontro del 7 dicembre alle 18.00, alle Scuderie del Quirinale, a cura di Andrea Cortellessa, in cui Marco Belpoliti, uno dei massimi conoscitori italiani di Primo Levi, insieme a Walter Siti, presenterà L’Inferno degli altri. Se questa è umanità. Si segnala che l’ingresso è gratuito con prenotazione. L’evento è parte del ciclo di appuntamenti denominato Infernauti, che accompagna la mostra e ne approfondisce alcuni aspetti.

Quello appena affrontato è un viaggio esteso, nel tempo, nello spazio, nella storia dell’arte, nel mito, in Dante, nella storia umana, nelle controversie della contemporaneità, nel male assoluto, ma anche nella speranza.
E infatti, alla fine del percorso espositivo, non appena oltrepassato il limite del male, la mostra trova la sua conclusione nella speranza della salvezza, nell’armonia della volta stellata, nel moto degli astri preciso e regolare, e ancora una volta nella narrazione dantesca, nell’ultimo verso della Divina Commedia: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Qui il cielo stellato proiettato sulle pareti accompagna e completa le opere Completezza delle stelle e Stelle cadenti di Anselm Kiefer e Costellazione di Richter, quasi a rassicurare il visitatore, appena uscito dal percorso nell’Inferno.

Eirene Campagna
collaboratrice

Classe 1991, è PhD Candidate dello IULM di Milano in Visual and Media Studies, cultrice della materia in Sistema e Cultura dei Musei. Studiosa della Shoah e delle sue forme di rappresentazione, in particolare legate alla museologia, è socia dell’Associazione Italiana Studi Giudaici.


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