Mondo
La rinascita della comunità ebraica dell’Indonesia

Rav Baruch e il recupero delle tradizioni ebraico-olandesi

Nel 1850, un emissario di Gerusalemme chiamato Jacob Saphir visitò l’Indonesia riportando di aver conosciuto 20 famiglie ashkenazite a Jakarta e qualche altro ebreo tra Semarang e Surabaya. Nel 1921 l’emissario Israel Cohen stimava una presenza di circa 2.000 ebrei nell’arcipelago.
Gli ebrei in Indonesia arrivano infatti con l’approdo dei mercanti ebrei olandesi nel XVIII secolo, a cui si aggiungono i mercanti di Baghdad. L’Indonesia è oggi il paese con il più grande numero di fedeli musulmani e le sei religioni di stato (Islam, Cristianesimo Protestante, Cattolicesimo, Induismo, Buddismo, Confucianesimo) non includono l’ebraismo: la comunità conta ad oggi solo un centinaio di membri. Manado, una città nell’isola Sulawesi dell’arcipelago indonesiano, ospita uno degli ultimi nuclei ebraici rimasti nel paese, di cui rav Yaakov Baruch è la guida spirituale.

Rav Yaakov Baruch è infatti il fondatore dell’unica sinagoga in funzione, la Shaar Hashamaim nell’isola di Sulawesi. Fino al 2013, prima che cadesse in disuso, anche Surabaya (est di Java) poteva vantare una propria sinagoga.
Sulla presenza degli ebrei in Indonesia, rav Baruch spiega: “La comunità in Indonesia discende dagli ebrei ashkenaziti, ma anche dai sefarditi spagnoli e portoghesi. Prima dell’indipendenza dell’Indonesia i numeri erano più alti, ma dopo la guerra molti si trasferirono in Australia, a Los Angeles, in Israele… Vent’anni fa ho deciso di recuperare la storia delle origini ebraiche dei discendenti olandesi del paese e ricostruire una comunità. Il mio sogno è stabilire un’infrastruttura kosher”.
Aggiunge: “Dal 2004 lavoriamo quindi per il recupero delle tradizioni di chi ha origini ebraiche. Dal 2015 ho visto invece una nuova euforia da parte dei locali a capire l’ebraismo, o alle volte a convertirsi. Generalmente c’è anche molto antisemitismo di base antisionista e non è sempre facile”.

Sui motivi che l’hanno spinto a ristabilire una comunità, rav Baruch racconta: “Durante la Guerra i giapponesi occuparono il paese stabilendo dei campi di concentramento, in cui vennero mandati gli ebrei e gli europei. Nessuno dopo la Guerra voleva parlare del proprio passato e delle proprie origini. Mia nonna, un’ebrea di origini olandesi, mi disse che il suo sogno era di ristabilire una sinagoga. Così ho deciso di darmi da fare.”
Sulle sfide da superare, spiega: “l’obiettivo maggiore è ottenere il riconoscimento dal governo a religione di stato. Al momento non è possibile dichiarare di non appartenere ad alcuna delle sei religioni, e molti sono costretti a dire di essere cattolici, è un’assurdità”.

Le tradizioni degli ebrei indonesiani di origine olandese includono delle preghiere in ladino o dei saluti alla monarchia olandese, oltre a rituali particolari. Per esempio, il sabato precedente a Kippur viene macellato un pollo e portato poi nel cortile della sinagoga, per espiare i peccati della comunità. Rav Baruch ha l’obiettivo di preservare questo patrimonio.

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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