Cultura
L’ebraismo americano e il Giorno del Ringraziamento

Festeggiare questa ricorrenza è diventato costume diffuso tra gli ebrei americani. Ecco perché

Riunirsi l’ultimo giovedì del mese di novembre con la famiglia intorno a una tavola imbandita al cui centro troneggia un bel tacchino ripieno per molti ebrei americani è ormai un’abitudine che si ripete ogni anno. Gli ingredienti del successo di questa festa non ebraica tra gli ebrei sono il beneplacito di alcuni autorevoli pareri rabbinici, la voglia di celebrare la propria americanità, una certa propensione all’affinità con i valori dell’ebraismo – come, appunto, quello della gratitudine – e addirittura anche delle suggestioni ebraiche nelle origini della festa stessa.

Le opinioni dei rabbini

Festeggiare il Giorno del Ringraziamento è “kasher”? Benché sia evidente che parliamo di una ricorrenza laica e non religiosa (se questo fosse il caso, festeggiarla sarebbe senz’altro proibito), il quesito è stato comunque posto. Alla base, spiega My Jewish Learning, c’è un versetto del Libro del Levitico che viene generalmente inteso come una proibizione a imitare le usanze dei non ebrei, nel senso propriamente religioso del termine. Rabbi Moshe Feinstein e Rabbi Joseph Soloveitchik, due eminenti autorità dell’ebraismo ortodosso negli Stati Uniti, stabilirono che il Giorno del Ringraziamento non è una festa religiosa e che perciò la proibizione del Levitico non si applica. A questo approccio, tutt’oggi largamente accettato all’interno dell’ortodossia, si contrappose il parere di Rabbi Yitchok Hutner, che riteneva che il Giorno del Ringraziamento fosse alla fine dei conti una ricorrenza cristiana, proibita dunque per la Halakhà.

I rabbini favorevoli ai festeggiamenti sottolineano in ogni modo che questi devono essere vissuti come una possibilità e non come un obbligo: altrimenti, il Giorno del Ringraziamento finirebbe per essere equiparato alle feste del calendario ebraico e allora qui sì che sorgerebbero problemi halakhici. Malgrado tale ammonizione, troviamo nella storia e nella contemporaneità diversi esempi di ritualità ebraica legati alla ricorrenza. Nel XIX secolo, non era infrequente per le sinagoghe tenere una funzione per il Giorno del Ringraziamento, esattamente come facevano le chiese. E oggi abbiamo sinagoghe come la New York Central Synagogue che mette a disposizione sul suo sito un vero e proprio seder!

Le origini della festa e le affinità con l’ebraismo

Rabbi Eric Eisenkramer su Reform Judaism spiega che i Padri Pellegrini che diedero il via alla celebrazione della festa appartenevano per la maggior parte al puritanesimo, un movimento del cristianesimo protestante che si identificava in modo molto forte con le tradizioni del popolo ebraico descritte nella Bibbia. “Nella loro ricerca di libertà religiosa, i puritani vedevano il loro viaggio in America come esattamente analogo all’esodo degli Israeliti dall’Egitto. L’Inghilterra era l’Egitto, il re era il Faraone, l’Oceano Atlantico era il Mar Rosso e i Puritani erano gli Israeliti, che stabilivano con Dio una nuova alleanza entrando in una nuova Terra Promessa. Non a caso, molti puritani portavano nomi ebraici e ci fu persino una proposta di fare dell’ebraico la lingua ufficiale delle colonie!”.

È opinione diffusa che per il Giorno del Ringraziamento i Padri Pellegrini trovarono ispirazione nella festività ebraica di Sukkot: per le affinità stagionali (l’autunno) e di concetto (il raccolto, l’abbondanza, la gioia). In realtà, Robert Gluck su Jewish News Syndicate sottolinea che da un punto di vista storico non è così semplice e immediato affermare che una festa deriva dall’altra. Citando i professori Jonathan Sarna e Diana Muir Applebaum, esperti di storia ebraica americana, l’articolo spiega che i puritani guardavano sì al testo biblico, ma separando ciò che ritenevano essere universale e osservabile da ogni essere umano in qualsiasi epoca da ciò che ritenevano essere propriamente storico ed ebraico. È improbabile dunque che nelle loro intenzioni ci fosse una vera e propria volontà di appropriarsi della festività di Sukkot; piuttosto, dalla narrazione biblica trassero e fecero proprio il valore del ringraziare Dio attraverso una celebrazione per aver provveduto al loro sostentamento.

E poi c’è una strana coincidenza, in ebraico la parola che significa “ringraziamento” (hodaya) assomiglia a hodu, che significa tacchino.

Silvia Gambino
Responsabile Comunicazione

Laureata a Milano in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale, ha studiato Peace & Conflict Studies presso l’International School dell’Università di Haifa, dove ha vissuto per un paio d’anni ed è stata attiva in diverse realtà locali di volontariato sui temi della mediazione, dell’educazione e dello sviluppo. Appassionata di natura, libri, musica, cucina.


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