Cultura
“L’ospite”: quando il Dr. Mengele arrivò in Brasile. Un romanzo

Intervista all’autrice, Margherita Nani, che ha indagato l’animo umano in entrambi i sensi di marcia: dal malvagio al buono

Ripubblichiamo questo articolo perché il libro è appena stato candidato al Premio Strega. Complimenti a Margherita Nani!

L’ospite si presenta alla porta di casa della famiglia Souza per affittare una stanza, nel paesino brasiliano di Candido Godoi. A quell’ora non c’è nessuno per le strade: fa troppo caldo. E quando sentono bussare, i Souza sanno con certezza che si tratterà di qualche straniero. Infatti. L’uomo è prossimo all’insolazione, porta con sé due grosse valigie che sembrano pesanti e parla un portoghese stentato con un forte accento. “Tedesco?” gli chiedono subito. Avrà la sua stanza e per lungo tempo vivrà nella casa della famiglia Souza.

La storia però si intreccia con Auschwitz, capitolo dopo capitolo. L’ospite infatti è il dottor Mengele e il romanzo è un doppio racconto sugli orrori compiuti dal medico durante la seconda guerra mondiale e sulla sua vita postbellica in Brasile, a comporre un ritratto glaciale della sua personalità. Un romanzo ben fatto che prende il titolo proprio de L’ospite. Le anatomie di Josef Mengele, edito da Francesco Brioschi e scritto da una giovanissima autrice, Margherita Nani. Nata a Roma nel 2000, è al suo esordio letterario, insignito del Premio internazionale Città di Como 2018. E del suo libro abbiamo parlato con lei in questa breve intervista.

Perché ha scelto di parlare di un personaggio come Mengele?
Dopo averne parlato a scuola in occasione della Giornata della Memoria non riuscivo a smettere di pensarci. Non riuscivo a capacitarmi che fosse esistita davvero una persona del genere e ancora di meno che avesse potuto farla franca tutta la vita. Ho cominciato allora a “studiarlo” per conto mio. Scrivere è sempre un ottimo mezzo, per me, per elaborare e capire l’incomunicabile e l’incomprensibile, allora tra una ricerca e l’altra è nata l’idea per la storia.

Dove si è documentata e quanto tempo ha dedicato a questa parte?
Mi sono documentata per alcuni mesi e ho continuato anche mentre scrivevo. Prima di inserire qualcosa lo ricontrollavo dati alla mano: ho continuato ad approfondire anche per trovare nuovi spunti. Ho fatto riferimento principalmente agli scritti di Robert Lifton, Saul Friedländer e Paul Weindling. Ma sopratutto mi sono documentata attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, e dei prigionieri di Auschwitz e delle vittime di Mengele in particolare. Era importante per me, al di là dell’esattezza dei dati storici, comunicare correttamente l’atmosfera atroce del campo di sterminio, perciò ho prestato molta attenzione a ciò che ha potuto dire chi ha vissuto tutto quello sulla propria pelle.

La figura di Pia, la figlia della padrona di casa, è molto interessante. Intesse una relazione con Mengele molto particolare. Come la definirebbe?
Pia è la protagonista di mia invenzione, a differenza di quasi tutti gli altri personaggi che sono storicamente esistiti. È una ragazza reale, ma allo stesso tempo vuole essere un simbolo, una “nemesi” di Mengele, se così si può dire. In contrapposizione al male puro, lei è invece assai più vicina al bene totale. Difatti, Mengele, nella sua follia, la considera proprio “il simbolo del bene” e per questo motivo ne è molto attratto: è tutto quello che lui non sarà mai e che non potrà mai avere. Il loro rapporto di certo non è sano e non vuole essere una storia d’amore. Lei prova per lui un’attrazione da ragazzina, a tratti giocosa. Lui si approfitta dell’ascendente che può esercitare su di lei, cerca di controllarla come ha sempre controllato tutto nella sua vita. Anche se è attratto dalla nobiltà d’animo della ragazza, non manca di mostrare la bassezza del proprio.

Si tratta di una forma di attrazione tra masochismo e sadismo? Perché?
La relazione tra un uomo adulto e una ragazza così giovane inevitabilmente porta a pensare al più maturo e forte che soverchia il più fragile: si può poi dire che il primo sa di potere infliggere sofferenze al secondo e quindi sia di certo un po’ sadico, mentre il più debole, poiché può sembrare condiscendente, può risultare masochista. Ma Pia è un essere che rasenta la purezza assoluta. Non ha malizia, non esercita le arti della seduzione. Se Mengele ne diventa poi succube è perché lui ne ha bisogno. Forse ha bisogno di soffrire, e in questo senso c’è una componente di masochismo. Al tempo stesso c’è sempre in lui una vena di sadismo, con Pia e naturalmente al campo. Ma di lui, più che del sadismo, io racconto la mancanza di empatia, così grande che gli ha permesso di diventare una forma di pura malvagità.

La cura del morbillo del fratello di Pia e poi la malattia di Pia stessa. Che ruolo hanno nella narrazione e nel delineare la figura di Mengele?
Volevo raccontare uno degli aspetti della vita di Mengele in Sud America che mi ha sempre turbato molto: in quei paesi lui esercitò spesso come medico. Mi ha sempre fatto impressione pensare che donne e bambini venivano visitati e curati, a loro insaputa, da un mostro del genere. Spero di aver comunicato, nella storia, il paradosso di quella realtà che si era creata.

La struttura del romanzo è interessante con continui cambi di tempo e di stato. Come è nata e come l’ha gestita durante la scrittura?
È nata subito, volevo raccontare due lati di Mengele, gli anni di Auschwitz e una parte della fuga in Brasile. Ad Auschwitz racconto chi era, perché fu un mostro e di cosa è stato capace. In Brasile immagino una sua breve crisi di coscienza. Spero che quest’alternanza di tempo e di luogo aiuti anche a rendere la lettura più appassionante.

Perché scrivere oggi un romanzo su Mengele? A chi vuole parlare con questo libro?
Perché non scriverlo? Di certi argomenti, secondo me, non si parla mai abbastanza. Col mio libro vorrei parlare a tutti coloro che sono disposti ad ascoltare. Ho scritto questa storia pensandola come universale, sperando abbia qualcosa da dire anche a chi meno si interessa di olocausto e della caccia ai nazisti nel dopoguerra. Volevo raccontare il male in tutte le sue sfaccettature, e far parlare ancora una volta le vittime di questa tragedia. La descrivo sempre, a chi me lo chiede, come una storia umana, di esseri umani. È la storia dei lati peggiori dell’uomo.

 

 

 

Margherita Nani, L’ospite. Le anatomie di Josef Menghele, Francesco Brioschi editore

Micol De Pas

È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.


2 Commenti:

  1. È molto interessante il commento della giovanissima autrice, così intenso e profondo. Ho avuto occasioni, grazie ad un convincente passaparola di leggere questo bellissimo romanzo, che mi ha scosso, interessato e soprattutto incollato fino alla fine, facendomelo leggere in ogni mio momento libero. Complimenti alla scrittrice e l’augurio di proseguire in questo suo percorso per raccontarci ancora storie così belle e intense

    1. Grazie Paola,
      sì, è vero, è un romanzo che scuote. Complimenti anche da parte mia all’autrice, in attesa di leggere le prossime creazioni


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