Cultura
“Non sei invitata al mio Bat Mitzvah”, il film di Adam Sandler

La recensione

Che si tratti di un film per adolescenti non ci sono dubbi. E che ruoti intorno al passaggio alla maggiore età ebraica tanto meno. Eppure, non serve avere 12-13 anni e neppure essere ebrei per apprezzare Non sei invitata al mio Bat Mitzvah. Per la verità, questa commedia per famiglie è adatta persino a quanti non amano l’umorismo un po’ greve di Adam Sandler. La star statunitense di origini ashkenazite non si limita qui a produrre e a recitare la parte di Danny Friedman, padre della protagonista, ma porta con sé anche la moglie Jackie e, soprattutto, le sue due figlie, Sadie e Sunny. Per quanto lo riguarda, mantiene un basso profilo. Nonostante le onnipresenti camicie hawaiane. Fa sorridere, certo, ma più per la sua dolce svagatezza che per le battutacce. Peccato che le sue ragazze non sempre lo capiscano. La piccola Stacy (interpretata da Sunny) è nel pieno dei preparativi per il suo Bat Mitzvah e non ama che il padre le ricordi che la sua festa si era svolta nel seminterrato dei nonni. E non aveva avuto come tema né il cinema né il circo, ma “solo” l’essere ebreo. Per lei quello che conta non è il progetto Mitzvah né la lettura al Tempio, ma il party che accompagnerà il suo ingresso nel mondo adulto.

Nei propri sogni la ragazza si vede conquistare il bello della scuola circondata da una folla festante e nel progetto video che presenta ai suoi immagina di navigare su uno yacht privato sul fiume Hudson, con la pop star Olivia Rodrigo che la accompagna su una moto d’acqua. Sogni di gloria in fondo non così impensabili se si pensa, come ricorda Times of Israel, che le feste Bar e Bat Mitzvah negli Stati Uniti possono costare tra i 10 e i 40mila dollari, toccando i 100mila dollari a New York o a Los Angeles. Se a questo aggiungiamo che la vera figlia di Sandler al suo ricevimento aveva come ospiti personaggi come Jennifer Aniston… beh, meglio tornare alla finzione e alla sua semplice ma efficace morale.
Diretto dalla regista trentacinquenne Sammi Cohen, You’re not invited to my Bat Mizvah non entrerà nella rosa dei candidati agli Oscar né tra quelli dal più alto tasso di comicità, ma regala comunque un po’ di buonumore. Il merito va alla freschezza delle giovani Sandler, alla dolcezza della loro bella mamma per fiction, la cantante e attrice Idina Menzel, e alla bravura di tutta una serie di caratteristi e personaggi secondari. Si va dall’esuberante rabbina Rebecca (la comica Sarah Sherman), che prepara i ragazzi cantando e riceve i genitori correndo sul tapis roulant, all’adorabile Mateo (Dean Scott Vazquez), studente ecuadoriano ospite della scuola ebraica, fino alla mamma della coprotagonista Lydia, interpretata dalla vera moglie di Sandler, Jackie.

Dichiaratamente rivolto alle famiglie, il film è uscito sulla piattaforma Netflix lo scorso 25 agosto e si è già guadagnato giudizi positivi quasi unanimi dalla critica, ebraica ma non solo. In generale, è stata apprezzata la delicatezza con cui tratta temi delicati come l’adolescenza e i suoi momenti di passaggio, fatti di piccole incomprensioni con i genitori ma soprattutto di drammi sentimentali apparentemente insormontabili. Inizialmente più sentiti di qualunque questione religiosa e morale.

La trama, semplicissima, ruota intorno ai preparativi del Bat Mitzvah di due ragazzine, Stacy Friedman e Lydia Rodriguez Katz (Samantha Lorraine), amiche per la pelle ma separate dalla comune passione per un ragazzino, Andy Goldfarb, bulletto senz’anima interpretato da Dylan Hoffman. Sullo sfondo, famiglie affettuose e compagni di scuola divisi tra popolari o “sfigati”, con l’ansia di frequentare i primi e la continua tentazione di tradire i secondi.

Tra i tanti siparietti che punteggiano il racconto, che scorre via leggero e indolore, l’ideale per una serata casalinga di fine estate, non mancano episodi di dubbio gusto ma mai troppo volgari. Perfetti insomma per far sghignazzare i più giovani senza far scappare i più grandi (una politica seguita dalla stessa protagonista, che tra le star da invitare alla sua festa include anche l’“old guy” Paul McCartney, tanto per far contento papà). Da segnalare anche la leggerezza con cui si sfiorano i temi queer, con le ragazzine più cool che si stupiscono dell’eterosessualità delle due nuove arrivate, così come l’inclusività interreligiosa, con il non ebreo Mateo impegnato quanto i suoi amici della Yeshivah nell’osservanza delle Mitzvoth.
Senza spoilerare il tenero quanto prevedibile finale, va notato quanto la protagonista nel corso del film sappia rendersi credibilmente antipatica e quanto, nonostante ciò, si finisca col volerle bene. Scoprendosi affini a una tredicenne nonostante i raggiunti limiti di età. Può aiutare essere passati da un Bat o Bar Mitzvah, così come l’aver letto e amato a suo tempo l’omonimo romanzo per adolescenti del 2005 di Fiona Rosenbloom (alias Amanda Stern) da cui è tratto il film, ma è soprattutto l’universalità del messaggio a far capitolare anche gli spettatori più cinici. Si parla di adolescenza e famiglia, di amicizia e amore. Di lealtà e fedeltà, di fede e riti di passaggio. E pazienza se la storia del cinema se ne dimenticherà nel giro di una stagione: due ore scarse di buoni sentimenti non potranno certo far male.

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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