Cultura
“Per la nostra libertà”, la prima Haggadah in lingua ucraina

Fortemente voluta da Project Kesher, una non profit a sostegno delle donne e della vita ebraica, la haggadah in ucraino è il primo risultato del team di traduttori che sta lavorando alla Torah

«Entro 10 anni ogni ebreo in Ucraina parlerà l’ucraino». La previsione fatta dal rabbino Meir Stambler alla JTA  suona piuttosto forte se si pensa che fin dall’Ottocento gli ebrei ucraini hanno scelto il russo come lingua madre. All’epoca, l’idioma nazionale veniva percepito come troppo legato al mondo contadino, poco adatto alla cultura e ai discorsi alti e senza vantaggi dal punto di vista economico. Del resto, fino a dieci anni fa anche tra la popolazione non ebraica un buon 50 per cento parlava principalmente il russo. Tale percentuale sarebbe scesa al 20 per cento dopo le aggressioni russe in Crimea del 2014, mentre la stragrande degli ebrei ucraini avrebbe continuato a studiare, parlare e, soprattutto, a pregare in russo persino nelle zone in cui la lingua nazionale era prevalente. Tra le lingue europee più diffuse, quella ucraina restava l’unica a non avere una sua versione standardizzata della Torah.

L’inizio della guerra ha messo gli ebrei davanti alla possibilità (e in certi casi anche alla necessità) di mostrare la propria solidarietà e integrazione nella società ucraina anche attraverso il rifiuto della lingua del paese aggressore. Come si legge nell’articolo pubblicato su JTA, qualche anno fa un team di traduttori operanti in Israele, Austria e Ungheria aveva iniziato a lavorare a testi ebraici in lingua ucraina, ma al momento dell’invasione russa lo sforzo aveva prodotto solo un libro di salmi. Due mesi dopo l’inizio degli scontri si era deciso di dare un’accelerata alla traduzione di un libro di preghiere nonché della Torah.
La recente pubblicazione della prima Haggadah in ucraino condivide questo stesso spirito. Racconta JTA  che il testo è opera dalla musicologa ucraina Michal Stamova che da Israele, dove è fuggita come circa altri 15mila suoi connazionali dopo l’invasione russa, si è occupata di redigere una inedita versione del principale testo di Pesach. Il libro è disponibile online dall’inizio del mese scorso, si intitola Per la nostra libertà ed è stato scritto, non senza difficoltà, a partire dall’originale in ebraico e aramaico, senza alcuna possibilità di appoggiarsi a testi di riferimento in ucraino.
A commissionare la stesura del testo alla Stamova è stato Project Kesher un’organizzazione no profit femminista ebraica con sede a New York, fondata nel 1989 da Sallie Gratch, un’assistente sociale dell’Illinois, e Svetlana Yakimenko, un’insegnante di Mosca. Le due donne, riconosciuti i comuni ideali e retaggi, avevano compreso l’importanza di dare potere e coinvolgere le donne in Bielorussia, Georgia, Russia, Moldavia e Ucraina, sostenendo il ritorno della vita ebraica negli stati post-sovietici. Negli anni successivi, tra il 2009 e il 2019, le leader del progetto in Bielorussia, Israele e Ucraina hanno istituito organizzazioni no profit indipendenti gestite da e per le donne in ogni paese.
Fondato sui valori dell’ebraismo, del femminismo e del pluralismo, Project Kesher si pone tuttora come obiettivo la costruzione di una comunità ebraica e il progresso di una società civile attraverso il sostegno e la responsabilizzazione di donne leader. Nel farlo, estende i suoi interessi a tutte le esigenze, materiali e spirituali, delle comunità presso le quali opera.
In Ucraina, in particolare, si occupa oggi di prestare soccorso alle persone bisognose così come di consentire una continuità nella vita religiosa. Questa come si è visto è stata messa a dura prova sia dal dramma della guerra sia dall’assenza, finora, di testi di riferimento. Per quanto riguarda le necessità materiali, il progetto, già forte di una lunga storia di lavoro sui bisogni sanitari delle ragazze e delle donne ucraine, si sta oggi concentrando sull’assistenza alle donne incinte e a quante hanno appena affrontato un parto. Con tutte le risorse concentrate sugli uomini al fronte, mancano i fondi per i bisogni primari di chi è rimasto a casa. Tra gli altri, c’è un enorme bisogno di prodotti per l’igiene così come di integratori di vitamine e si sali minerali per scongiurare malformazioni del feto e malattie neonatali. Inoltre, sempre il progetto si sta occupando della distribuzione di forniture di primo soccorso rivolte alle donne che hanno subito violenza sessuale e che non possono accedere ai servizi sanitari.
Per favorire l’autosufficienza finanziaria delle donne ucraine, il progetto ha anche messo a disposizione un fondo per l’acquisto di attrezzature e forniture utili a riaprire o a inaugurare attività produttive, sostenendo al tempo stesso le piccole imprese già esistenti con l’acquisto e la promozione dei loro prodotti.

Fuori dai confini ucraini, il progetto segue le donne in fuga dalla guerra che si sono rifugiate in Europa aiutandole nelle pratiche burocratiche, come iscrivere i figli a scuola o a ottenere un’assistenza medica.
Spostandosi in Israele, il Project Kesher offre anche qui sostegno agli immigrati dal paese in guerra a diversi livelli, dai gruppi di salute mentale ai corsi di cultura ebraica e israeliana senza dimenticare l’assistenza, in collaborazione con altri attivisti locali e gruppi affiliati, ai rifugiati nella richiesta di sussidi, nell’apertura di conti bancari e nell’iscrizione dei bambini a scuole e campi estivi.

Per contribuire a queste e altre iniziative del progetto, sia in Ucraina sia negli altri paesi in cui la rete opera, è possibile fare una donazione direttamente dal sito di Project Kesher .

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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