Cultura Cibo
Pesach, il capretto per il seder: un’eccezione tutta romana

Un racconto di Sandra Sabatello, tra Talmud e sonetti giudaico-romaneschi

Tra i piatti tipici del seder romano, c’è il capretto arrosto. Ce ne parla Sandra Sabatello, nostra agente segreto nelle cucine della capitale, esperta in storie e ricette della cucina ebraica romanesca. Nella prima puntata sul menù della prima sera di Pesah è indicato anche questo piatto.

Un alimento particolare, normalmente non ammesso tra le pietanze della festa. Ma, come già abbiamo visto per la farina, anche in questo caso la comunità ebraica romana ha avuto il suo lasciapassare.

“Nel Talmud Babilonese Pesachim, come si legge nel libro di Amedeo Spagnoletto e Micaela Procaccia, Tutto l’oro e l’argento di Roma (Patron editore)“, spiega Sandra Sabatello, “si racconta che a Roma viveva un ebreo importante, di nome Todos, che aveva introdotto l’uso di mangiare l’agnello arrosto la sera di Pesach. Questo fatto non piacque molto ai Maestri d’Israele, i quali mandarono a dire a Todos: “Se non fossi stato Todos avremmo decretato su di te la scomunica perché fai mangiare agli ebrei sacrifici consumati fuori dal santuario”. Per dimostrare che Todos era un uomo saggio e generoso, il Talmud riporta un midrash che era stato insegnato da lui. Sono varie le interpretazioni sul perché questo Midrash sia stato considerato così importante da perdonare a Todos l’introduzione di un uso inopportuno e sconsigliato come quello di mangiare l’agnello arrosto la sera di Pesach, ma di fatto è diventata una vera e propria tradizione. Al punto da essere raccontata anche in poesia”.

“Una volta le case non avevano il proprio forno”, continua Sandra Sabatello, “così le persone andavano ai forni più vicini con i tegami per cuocere le proprie pietanze. Spesso erano i ragazzi a occuparsi di portare avanti e indietro le pentole, pur con qualche rischio per le famiglie… Come quello raccontato in questa poesia in giudaico-romanesco, scritta per la cena del venerdì sera, pubblicata nel libro Cento sonetti giudaico-romaneschi di Salvatore Funari (con le meravigliose illustrazioni di Donatella Limentani): il “corriere”, premuroso di conrtollare la cottura, ha finito per mangiarsi tutte le patate!”. Ecco la poesia

Matrema (mia madre, ndr) pe’ la cena ‘o venerdì

me mannava a còce da ‘o fornaro

in piazza, da sor Angelo Funaro,

un tigame da ‘nfornasse lippellì.

 

Attraver’ ‘a bottega scura scura,

in mezz’a tutta quela confusione,

li strilli che faceva lo garzone,

mi sentivo morì da la paura.

 

‘O dopopranzo prima che fa scuro,

annavo a ripigliamme lo tigame,

e l’assajavo, p’esse più sicuro…

 

Una bontà tr’abbacch’ e patatine…

e quanno c’era l’ora de la fame,

la carne sì, ma li patati? Fine!

9 febbraio 1988

 

Micol De Pas

È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.


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