Cultura Cibo
Piccolo viaggio tra le cantine di vino kosher

Da nord a sud, un itinerario tra le etichette italiane certificate

Con il vino non si scherza. E chi osserva la kasherut (o appartiene alla religione ebraica) lo sa bene: il vino fa parte delle celebrazioni della festa intesa anche come rito religioso. Le celebrazioni di Pesach non fanno eccezione, e anzi sono tra quelle in cui si fa più forte questo bisogno, con l’esigenza aggiuntiva di rispettare l’astensione dal consumo di lieviti, farine e di alimenti che vi siano entrati in contatto. Insomma, ci vuole il vino kasher. E i produttori italiani si sono attrezzati per mettere in bottiglia prodotti rispettosi (e certificati) delle regole della Torah.

Per salvaguardare l’idoneità dei vini al consumo degli osservanti esiste un complesso protocollo che le cantine devono osservare per poter apporre sulle loro bottiglie l’etichetta di certificazione. Riassunto in pochi dati, tale processo comprende la pulizia degli impianti, la kasherizzazione, con la preparazione attraverso lavaggi consecutivi delle vasche e dei macchinari in attesa dell’arrivo delle uve, la spremitura eseguita da personale ebraico osservante, e la presenza di un’autorità rabbinica che sovraintenda il trattamento delle uve.
A quanto detto si aggiunge la certificazione kasher per gli eventuali additivi (in particolare quando i vini sono destinati al consumo di Pesach e quindi alla particolare certificazione Kosher Le Pesach-Kosher for Passover), la pastorizzazione, necessaria affinché il vino possa essere poi servito anche da non ebrei e riceva quindi la certificazione mevushal, il filtraggio, con il relativo controllo che i filtri non contengano amidi o residui di cereali (sempre essenziale nel caso di vini Kosher Le Pesach), e infine l’imbottigliamento con la relativa etichettatura che deve riportare il nome del rabbino che ha eseguito il controllo e rilasciato la certificazione. Infine c’è il tappo, che deve avere un segno di riconoscimento o il marchio del Rabbinato.
Da quanto sommariamente riportato risulta evidente quanto una cantina debba necessariamente riservare energie, impegno e risorse economiche per dedicare anche solo una parte della sua produzione a questo tipi di vini. Anche per questo, fino a non troppo tempo fa era più facile anche per gli italiani rivolgersi a case vinicole israeliane o francesi per trovare una proposta più vasta per questo tipo di vini.

Oggi le cose stanno però cambiando, e sono sempre più numerose, dal Nord al Sud, le aziende vitivinicole che si sono avvicinate a questa produzione. Finendo col soddisfare non solo le esigenze della clientela ebraica, ma anche dei tanti appassionati di enologia interessati a sperimentare prodotti che, necessariamente sottoposti a controlli così accurati, risultano anche più garantiti dal punto di vista igienico e biologico (per quanto quest’ultima caratteristica non sia obbligatoriamente implicita nella produzione kasher).
Tra le aziende impegnate in questa avventura troviamo la Settimo Pizzolato Holding, cantina veneta di Villorba, in provincia di Treviso, presente a Vinitaly 2022 e che nel 2021 ha esteso le proprie esportazioni in Israele, proponendo nei negozi specializzati tre sue etichette con certificazione kosher, frutto di due anni di ricerca e di studi di mercato.
Sempre in Veneto, sono ormai dieci anni che Val d’Oca – Cantina Produttori di Valdobbiadene  ha immesso sul mercato la sua linea speciale di spumanti Prosecco Doc certificati kasher: il Val d’Oca Prosecco Doc Argento extradry e il Prosecco Doc Extradry Millesimato, garantiti su ogni bottiglia dai timbri della Orthodox Union, del Rabbinato di Padova, e di Sova Kosher.
Si resta al Nord ma ci si sposta in Friuli con l’azienda agricola Colutta di Manzano (UD) di Giorgio Colutta, che dopo aver prodotto un Pinot Grigio Doc Kosher nel 2017, l’anno successivo ha iniziato a collaborare con Massimiliano Degenhardt dalla Cantina Bioni, con sede sociale a Ronchi dei Legionari e vigneti a Dovadola (Forlì Cesena) e a David Hassan, titolare della ditta Bluma di Bergamo, specializzata nella distribuzione di prodotti kosher. Se il Pinot di Colutta è al momento esaurito, chi ama i rossi intensi può invece assaporare il Pezzòlo Kosher, il Forlì Sangiovese Igt 2017 Biologico (non mevushal) prodotto da Bioni.
Passando a un’altra zona vocata da sempre alla produzione di vini e ora anche di quelli kosher, troviamo la Bonarda Kosher dell’Oltrepò Pavese Doc dell’azienda agricola Fiamberti di Canneto Pavese (PV). Prodotto con uva croatina in purezza, questo rosso fermo, perfetto per accompagnare i piatti di carne più ricchi di Pesach, riporta la certificazione Kosher for Passover rilasciata da Rabbi Shalom Elmaleh di Milano.
Ci si sposta in Piemonte con l’Azienda Agricola Marchese Luca Spinola di Gavi (AT). Qui il discendente dell’antica e nobile famiglia genovese ha prodotto il primo Gavi Kosher al mondo, il bianco Gavi di Gavi Docg Contessa Collection, con il quale ha conquistato anche il mercato statunitense.
Sempre in Piemonte, nelle zone del Monferrato, Gavi, Langhe e Roero, sono prodotti i vini di Araldica, azienda fondata nel 1954 a Castel Boglione, piccolo borgo tra Asti e Acqui Terme, oggi diventata una cooperativa con 140 soci. Qui la produzione kosher va dalla Malvasia di Casorzo Doc al Moscato d’Asti e il Brachetto, particolarmente apprezzati anche questi dal mercato straniero.
Tutta dedicata alla produzione di vini kosher è la linea Luzzatto di Beni di Batasiolo, azienda vinicola con sede a La Morra (CN). Attualmente difficili da trovare perché in gran parte esauriti, almeno online, i vini spaziano dal Barbera d’Alba Doc al Nebbiolo Langhe Doc e lo Chardonnay Langhe Doc e sono tutti certificati IKU (Italy Kosher Union).
Zuccheri e bollicine si aggiungono alla certificazione rabbinica per i vini spumanti kosher prodotti da Gavioli Antica Cantina, azienda vinicola con sede a Nonantola (MO). Disponibile sia nella versione Bianco e Rosé , il suo Moscato è sia mevushal sia Kosher for Passover e sarà perfetto per aggiungere dolcezza a Pesach.
Sono certificati kosher dal 2008 i vini di Terra di Seta, azienda vinicola con annesso agriturismo nell’area collinare chiantigiana, già impegnata nell’agricoltura biologica. Per Pesach vale la pena procurarsi almeno una bottiglia del loro Chianti Classico 2019, ottenuto da uve Sangiovese con una percentuale di Cabernet Sauvignon per quanto consentito dal disciplinare. Dal gusto rotondo e vellutato, riporta il bollino OK Kosher for Passover, così come gli altri rossi e il rosato della stessa linea.
In questa carrellata dell’offerta enologica kosher italiana non poteva poi mancare la Cantina di Pitigliano, nella fascinosa Piccola Gerusalemme in provincia di Grosseto. Qui pare che si producesse vino kosher fin dal XVI secolo e oggi la tradizione continua, con questa storica Cantina Sociale che dedica una sua sezione ai vini che osservano le regole della kasherut. Prodotti tra Manciano, Sorano e Pitigliano, sono un Bianco e un Rosso, entrambi Toscana Igt, che possono essere ordinati direttamente dalla sezione di shop online del sito.
Sono kosher anche i vini della linea Terra di David dell’azienda vinicola Cantina Sant’Andrea di Borgo Vodice (LT). Certificati mevushal, sia il Trebbiano Lazio Igt sia il Merlot Lazio Igt sono prodotti sotto il controllo di Badatz Bet Yosef, della OU, del Bet Din di Roma e con l’autorizzazione del Rabbinato Centrale di Israele.
Per finire, ci spostiamo nel Salento con la ricchissima proposta delle Cantine Leuci di Guagnano (LE), dei fratelli Francesco e Lucio Leuci. Incoraggiati dal Rabbino Bahbout, nel 2013 i due proprietari hanno iniziato a dedicare una piccola ma accurata selezione di uve provenienti dai loro terreni alla produzione di vini Kosher le Pesach, sottoponendo i tradizionali protocolli all’attento controllo della OU, nella persona del Rabbino Hochman. Da qui sono nati inizialmente il Terra Guaniani, Rosso Dop Salice Salentino, da uve di Negroamaro, e il Montele, Rosso Igp Salento, da uve di Montepulciano. Nei due anni successivi sono arrivati anche il Vinea Electa, Chardonnay Igp Salento, e il Primile, Primitivo Igp Salento, dal grande vitigno tipico del Salento. Questi e altri nettari rigorosamente kosher sono ordinabili direttamente dal sito dell’azienda.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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