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RaJu, ovvero la moda in versione ortodossa. A Los Angeles

Breve storia di un marchio nato per soddisfare le giovani donne ebree ortodosse americane

Le domande sono due: cosa significa vestire con modestia e – di conseguenza – se si può pensare a una moda per donne ortodosse. Naturalmente è dal secolo scorso che le donne americane, soprattutto sulla costa ovest discutono di questo, magari anche polemizzando con quelle della costa est, più spesso pronte a vestire con abiti classici, senza grinta né personalità. Ma chi l’ha detto che le donne ortodosse devono indossare gonne e abiti larghi? Narritevely.com, sito molto interessante per conoscere il mondo statunitense attraverso “notizie narrate”, riporta la storia di RaJu, marchio losangelino di abbigliamento moda per donne ortodosse. Il titolo dell’articolo? For These Orthodox Jewish Designers, Leopard Print is the New “Modest” Fashion. Preparatevi: si viaggia a braccetto con due stiliste vestite di spandex e abiti rosa fuchsia, rigorosamente donne ebree ortodosse.

Sono Rachelle Yadegar, 27, e Judith Illulian, 29, fondatrici del loro marchio e della filosofia del fashionable-but-modest. Intorno al 2015 lo stile ortodosso aveva contagiato il resto del mondo e le riviste specializzate sottolineavano come gli stilisti sexy avessero lasciato il posto a chi disegnava una moda più classica ed elegante. Proprio in quegli anni Rachelle e Judith cominciano a pensare a un proprio marchio, per andare in direzione, diciamo, ostinata e contraria. Così nasce RaJu, sede a Los Angeles, colori accesi, stampe ardite e tagli a prova di Torah. Braccia, gambe e décollété sono infatti rigorosamente coperti. Ma chi l’ha detto che l’effetto non possa essere fashion?

Più che altro, perché, si chiedono e domandano al pubblico le fondatrici di raJu, non ci si può divertire giocando con la moda anche in ambito ortososso? Judith Illulian, per esempio, il giorno in cui la giornalista di Narratively.com è andata a intervistarle, si è presentata stretta in un abito (lungo) rosa fuchsia. E Rachelle Yadegar si mostra sul suo blog Not Without My Heels come modella, indossando gli abiti della collezione RaJu… ovviamente accompagnati da tacchi importanti. Poi ci sono i fatti. Quelli che accadono online dove i social media raccolgono follower inattesi, tamtp da trasformare la realtà. O forse no?

Instagram ha dato spazio ai fashion blogger ortodossi come LineaR e Mimu Maxi. Molti dei post presentano immagini simili a quelle dei siti laici, è difficile individuare le connotazioni religiose dietro i marchi, tranne in momenti particolare, come quando Simi Polonsky, proprietaria di The Frock NYC, ha pubblicato una didascalia che prende in giro scherzosamente la sorella e co-fondatrice del marchio per aver indossato un foulard: “Chaya ha lasciato la parrucca a casa e a quel punto è uscito il mio tono di disapprovazione da sorella: ‘indosserai il tichel della foto?” L’effetto? Le foto convincono i follower che la modestia può essere cool, popolare e attraente per le giovani donne di tutte le religioni. Beh, non male come risultato… Ecco, la moda unisce, include ed è aperta a quanti vogliano giocarci.

 


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