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Ritratto della comunità ebraica di Graz, Austria

Focus sulle piccole comunità. Un appuntamento con luoghi dimenticati o strategici, abbandonati o in ripopolazione, ma sempre impegnati in grandi sfide

Lunedì 2 ottobre è stata l’ultima sera prima del secondo lockdown in Austria. Le strade di Vienna, nello specifico le strade vicino alla sinagoga, sono state teatro di una strage di quattro vittime, cinque includendo l’aggressore stesso. L’indomani l’unione delle comunità austriache ha ordinato la chiusura di tutte le sinagoghe e degli spazi comunitari per timore di una matrice antisemita.
Studio a Graz, a 200 km da Vienna. I miei parenti mi hanno chiesto di ‘mantenere un profilo basso’ sulla mia religione. Sono preoccupati.

Cosa significa essere ebrei in una comunità minacciata da calo demografico, antisemitismo e un lockdown che ne ostacola le attività collettive?

Ne ho parlato con il presidente della comunità di Graz, Elie Rosen, e la dottoressa Ruth Lauppert-Scholz, docente di sociologia delle religioni all’Università di Graz a capo di diverse iniziative pedagogiche sul dialogo interreligioso.
La comunità ebraica di Graz è composta da 150 membri, perlopiù sopra i 50 anni di età. I numeri storicamente sono sempre stati bassi, nonostante una scuola ebraica fosse presente prima del 1939. Al momento, non ci sono scuole ebraiche, ristoranti kosher, mikveot e altre infrastrutture utili alla vita di comunità. Raggiunge in ogni caso i numeri minimi per garantire le funzioni settimanali. È conosciuta dalla stampa internazionale per una serie di attacchi avvenuti ad agosto 2020. La sinagoga è stata più volte vandalizzata con scritte pro-palestina e la macchina del presidente Rosen tristemente presa a mazzate. Il presidente ne è uscito incolume, almeno fisicamente. Durante la nostra zoom-chiacchiera, Rosen ha esplicitato un serio allarme per l’antisemitismo per motivi anti-israeliani, in crescita negli ultimi anni.
Ma è tutto ciò che c’è da sapere sulla comunità di Graz?

Una narrativa incentrata sulle minacce non rende giustizia al valore delle piccole comunità ebraiche in Europa.
La comunità di Graz non ha dialetti speciali e non vanta carciofi alla giudia nei menù casalinghi – per fortuna neanche il gefilte fish. Il presidente Rosen descrive tuttavia i membri con grande entusiasmo raccontando le loro tradizioni importate da ogni angolo del mondo. Gli ebrei di Graz provengono da diverse comunità, inclusa quella etiope, persiana, turca, ungherese, slovena – includendo me, anche italiana; confermando un trend di ripopolazione tramite migrazione, comune non solo alle comunità ebraiche.
La comunità ebraica è prolifica in termini di eventi. Nella Graz pre-lockdown, ho trovato il sito del festival dell’arte folk (qui il programma del 2020, in tedesco). Ben due eventi erano incentrati sulla comunità ebraica: uno sulle canzoni in yiddish, l’altro incentrato su una cammina-chiacchiera sul mondo ebraico con Ruth Lauppert-Scholz. L’ho contattata per questa intervista.

Il dialogo interreligioso arricchisce la comunità stessa.

Ruth Lauppert-Scholz si occupa di condividere la cultura ebraica a Graz e in Austria. Organizza da anni dei workshop di dialogo interreligioso con Islam e cattolicesimo, specialmente con la Donau Universität Krems. È esperta di pedagogia interculturale, focalizzandosi specialmente su ebraismo e Shoah. I workshop si svolgono in tutta l’Austria e con partecipanti di tutte le età.
“Alcuni partecipanti non hanno mai visto un ebreo e non hanno mai sentito parlare di kasherut, shabat e altri concetti fondamentali dell’ebraismo”, spiega Lauppert-Scholz dal suo terrazzo soleggiato. Aggiunge che il dialogo interreligioso offre un’opportunità interessante per far conoscere l’ebraismo in Austria, in quanto crea uno spazio di empatia e condivisione.
Il metodo alla base dei workshop è l’individuazione delle basi comuni nelle tre religioni monoteiste.

Secondo Lauppert-Scholz, il dialogo e il “trialogo” offrono sfide diverse. “A volte è più semplice lavorare nel dialogo con il cattolicesimo, perché molti cristiani credono che l’ebraismo abbia posto le basi della loro religione. Anche l’Islam offre opportunità interessanti, perché le somiglianze a livello religioso, ad esempio le restrizioni alimentari, sono un principio di empatia che non è presente nel dialogo col cattolicesimo. Una conversazione contemporanea tra tutte e tre le religioni è ancora più interessante”.

La comunità di Graz è poco attiva nel networking internazionale (vedi Bnei Akiva, Hashomer, Maccabi) ma lo è molto a livello territoriale. Il processo d’identità ebraica a volte si incentra su dinamiche endogene. Si scopre se stessi tramite il proprio passato, le proprie tradizioni, o immaginando un futuro florido all’interno della propria comunità. L’insegnamento offerto dalla comunità di Graz, invece, potrebbe essere quello di rispondere a queste domande tramite il confronto con il proprio contesto.

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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