Cultura
Abrahamic Family House, tre fedi in un’unica casa. Ad Abu Dhabi

Ha aperto le porte il complesso disegnato dall’architetto Sir David Adjaye dedicato alla fratellanza

Tre imponenti cubi di 30 metri di lato, uguali nelle dimensioni e nella struttura, eppure profondamente diversi al loro interno. Sono la sinagoga, la moschea e la chiesa che compongono la Abrahamic Family House , il complesso interreligioso inaugurato lo scorso 16 febbraio negli Emirati Arabi Uniti ad Abu Dhabi, nel Distretto Culturale dell’isola di Saadiyat.
Disegnati da Sir David Adjaye, architetto anglo-ghanese noto con il suo studio Adjaye Associates  per i suoi importanti progetti internazionali di edilizia pubblica, la sua visione democratica della professione e il costante dialogo con il mondo dell’arte, le costruzioni della Casa della Famiglia Abramitica sono circondate da giardini e poggiano su un vasto padiglione aperto a tutti i visitatori, senza una particolare affiliazione religiosa. L’intera struttura, che ha già aperto le porte dei suoi luoghi di preghiera ai fedeli, sarà visitabile da tutto il pubblico dal prossimo primo marzo.

Oltre che per l’indiscutibile rilevanza architettonica, la Abrahamic Family House ha fatto e farà parlare di sé per i valori sui quali si fonda. Come si legge sul suo sito internet, il progetto intende infatti incarnare “il multiculturalismo e la diversità degli Emirati Arabi Uniti, dove comunità di oltre 200 nazionalità convivono pacificamente”. Supervisionata dal Comitato Superiore della Fratellanza Umana (HCHF), la Casa è nata a seguito dell’incontro avvenuto ad Abu Dhabi il 4 febbraio del 2019 tra Papa Francesco e il Grande Imam di Al Azhar Dr Ahmed Al-Tayeb. In quella occasione era stato redatto il Documento sulla Fratellanza Umana “volto a promuovere la coesistenza tra popoli e a combattere l’estremismo” e si era costituito lo stesso HCHF, consiglio interreligioso nato per sovrintendere ai progetti che promuovono la tolleranza.

Oggi la compresenza delle tre religioni monoteiste in un unico grande spazio aperto a tutti vuole rappresentare, come si legge nella presentazione dello studio Adjaye, una “comunità per il dialogo e lo scambio interreligioso, alimentando i valori della convivenza pacifica e dell’accettazione tra fedi, nazionalità e culture diverse”. Nella ricerca di un edificio, che “inizi a dissolvere la nozione di differenza gerarchica” e “che esalti la ricchezza della vita umana”, l’autore del progetto si è concentrato sulle linee pulite ed essenziali di tre solidi identici e di uguali materiali e dimensioni, differenziandoli però nel disegno interno e nella decorazione esterna. Non allineati e con orientamenti diversi, i tre luoghi di culto preservano ciascuno la propria unicità pur dialogando con i propri simili.

Rivolta verso Gerusalemme, la Sinagoga intitolata al filosofo ebreo del XII secolo Moses Ben Maimon presenta una facciata a griglia incrociata e un intradosso che rappresentano le palme utilizzate per costruire una Sukkah. La simbologia della capanna ricorre anche all’interno, dove si individua una cotta di maglia in bronzo, dalla struttura che richiama quella di una tenda. Il lucernario fa invece riferimento a un chuppah, un baldacchino nuziale.
Si rivolge a est, verso il sole nascente simbolo della divinità, la Chiesa dedicata a San Francesco d’Assisi. La foresta di colonne che ne caratterizza la facciata non intende solo ottimizzare la luce orientale, ma enfatizzare anche la verticalità, con tutti i significati simbolici legati ai concetti di incarnazione (o discesa) e resurrezione (o ascesa) centrali nella fede cristiana. All’interno, una pioggia di listelli in legno scende dall’alto della volta, facendo riferimento da un lato ai raggi di luce e dall’altro all’altare della Basilica di San Pietro a Roma.
Guarda infine alla Mecca la Moschea Ahmed El-Tayeb. Riconoscibile per i sette archi che ne decorano le facciate, si ispira pur nel suo minimalismo allo stile dei luoghi di culto islamici tradizionali. Se esternamente riprende la sacralità del numero sette per l’Islam, al suo interno divide lo spazio in nove volte ascendenti, ciascuna delle quali si erge a formare una volta a vela all’apice. Notevole è poi il recupero di un elemento tipico dell’architettura islamica come il mashrabiya: uno schermo o un muro di delicati reticoli progettati per consentire la circolazione dell’aria, regolando la luce e preservando da una parte la privacy e dall’altra consentendo un contatto con il mondo esterno. Qui il concetto è applicato su vasta scala, con l’utilizzo di oltre 470 pannelli rifiniti a mano.

A proposito di rapporto con il fuori e soprattutto di dialogo con l’altro, tema portante di tutta l’operazione, la stessa presenza di accoglienti giardini e di aree comuni tra un edificio religioso e l’altro è qui fondamentale. Così come non vuole esserci gerarchia tra i luoghi di culto, lo spazio che li circonda riveste ovunque la medesima importanza, costituendo nelle intenzioni dei progettisti e dei promotori un luogo di aggregazione e di scambio alla pari. Ciascun edificio religioso è aperto sia ai fedeli sia ai semplici visitatori, questi ultimi sono invitati a partecipare alle diverse funzioni religiose, ma dovranno prima prenotarne l’ingresso e, eventualmente, il tour con guida. Per chi non condivide una particolare affiliazione religiosa o vuole comunque sfruttare in ogni sua funzione il fascinoso complesso della Abrahamic Family House, sarà attivo anche il Forum, uno spazio pensato per riunire le persone, ma anche per offrire una mostra immersiva sulla famiglia abramitica. Vi saranno inoltre organizzate lezioni, discussioni e altri eventi educativi in collaborazione con istituzioni, università e ricercatori locali e internazionali.

 

 

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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