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Afghanistan, una storia millenaria vicina all’epilogo

Breve storia del signor Simantov, l’unico ebreo di Kabul, pronto a raggiungere Israele

Nelle scorse settimane è circolata la notizia di un ritiro delle truppe statunitensi dal territorio afgano. La data scelta è simbolica: avverrà il prossimo 11 settembre. Segue la decisione anche il Regno Unito.
I soldati britannici e statunitensi non saranno gli unici a lasciare il paese. Zabolon Simantov, conosciuto come ‘l’ultimo ebreo di Kabul’, ha dichiarato di volersi trasferire in Israele a ottobre 2021 per timore di un nuovo governo talebano.
La storia di Simantov ha incuriosito i media internazionali da anni grazie alla sua testardaggine. L’uomo è infatti un gioielliere e ristoratore, ma anche guardiano del cimitero ebraico e dell’unica sinagoga in funzione di Kabul. Nel 2019 dichiarò: “se non ci fossi io, la sinagoga non ci sarebbe più. Sono un leone, nessuno può minacciarmi”. Raggiungerà la moglie e le due figlie che vivono in Israele da qualche anno.

Il trasferimento di Simantov metterebbe fine alla storia di una comunità ebraica antichissima. Fonti orali individuano l’inizio della comunità afghana con l’esilio assiro (720 a.e.v) e babilonese (560 a.e.v.), mentre le fonti ufficiali indicano una presenza più tardiva, almeno a partire dall’VIII secolo. L’attività principale degli ebrei afghani era legata al commercio sulla Via della Seta soprattutto di cotone o della seta stessa, specializzandosi in particolare nella tintura dei tessuti. Il colore della tintura era soprattutto l’indaco, ottenuto dopo aver seccato la cocciniglia, tecnica che aveva una controindicazione: lasciava il colore sulle mani degli artigiani, tanto che la leggenda locale voleva che gli ebrei afghani avessero le mani blu. La lingua della comunità era l’ebraico per la liturgia e vari dialetti di giudeo-persiano nel quotidiano.  Grazie a diverse ondate migratorie dall’Iran e generalmente dall’Asia centrale la comunità raggiunse nel XII secolo un picco stimato tra i 40.000 e gli 80.000 membri. Si stabilirono a Kabul mentre dal 1839 Herat divenne un centro ebraico importante, grazie soprattutto alla migrazione degli ebrei persiani.
Nel XIX secolo furono imposte diverse limitazioni agli ebrei afgani tra cui una pesante tassazione, causando un massiccio esodo: nel 1927 si registrarono solo 5000 membri. Durante la II guerra mondiale la propaganda nazista fu spinta nelle radio afghane causando pogrom e ghettizzazioni .

Nel 1951 fu permesso ufficialmente agli ebrei di lasciare il paese senza perdere la cittadinanza, migrando verso Israele o Stati Uniti: oltre 10.000 ebrei di origine afghana vivono al momento in Israele e circa 1.000 a New York. Il libro From Kabul to Queens di Sara Aharon racconta l’arrivo degli ebrei afghani negli Stati Uniti.
Nel 1969 la comunità ammontava solamente a 300 membri e la maggior parte emigrò altrove dopo il 1979, a seguito dell’invasione sovietica. Nel 1996, solo 10 ebrei rimasero a Kabul.

Da 40.000, a 1.000, a centinaia, a una decina, fino all’ultimo superstite: Simantov.
Al momento Simantov abita al piano superiore della sinagoga di Kabul dove ogni sera legge la Torah. Racconta ai giornali di uscire poco, temendo qualcuno possa attaccare il tempio in sua assenza. Ha dichiaro all’Arab News: “quando sarò in Israele guarderò la TV per sapere cosa succede in Afghanistan”.
Chi si prenderà cura della sinagoga quando il suo ultimo guardiano avrà lasciato il paese?

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


1 Commento:

  1. Una storia affascinante e triste ed è inimmaginabile la solitudine di essere rimasto l’unico , il solo …


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