itinerari
Amsterdam ebraica, spunti per un viaggio (eventualmente anche rimanendo a casa)

Dalla più antica biblioteca ebraica funzionante al mondo fino al monumento del Portuale, in memoria dello sciopero antinaziasta del febbraio del 1941

Una fenice che rinasce dalle sue ceneri. L’immagine, che troneggia al centro del sigillo della comunità portoghese di Amsterdam, non poteva essere più azzeccata. Fondata nel 1639, la congregazione ebraica della capitale dei Paesi Bassi risorgeva in effetti dalle ceneri delle comunità iberiche annientate dalle conversioni obbligate e dalle persecuzioni dell’Inquisizione. Alle sue origini c’erano i discendenti di quegli ebrei Spagnoli e Portoghesi battezzati a forza, i cosiddetti conversos, costretti ad abbandonare i Paesi di origine per poter finalmente professare la religione mai dimenticata . Prima di arrivare sulle rive dell’Amstel, però, gran parte di loro avevano fatto tappa ad Anversa, poi passata sotto la dominazione della Spagna, e quindi a Rotterdam.

Ad Amsterdam i sefarditi avrebbero trovato un rifugio sicuro, anche se non privo di problemi. Secondo lo storico francese Gerard Nahon, quello che l’Olanda offriva agli ebrei era qualcosa di meno di una emancipazione e di più di una semplice tolleranza. Niente ghetti, dunque, e soprattutto la libertà di professare finalmente la fede dei padri, ma precise e severe limitazioni nella partecipazione della vita sociale, politica ed economica della città. Pur con questi limiti, comunque, la comunità non avrebbe certo tardato a fiorire e a lasciare segni importanti nella storia cittadina e nazionale.

Oggi, chi desiderasse risalire ai primi passi dei sefarditi ad Amsterdam, viene indirizzato presso l’imponente struttura della torre campanaria di Montelbaanstoren. Posta a est del centro storico cittadino, questa era in origine una torre difensiva, posta a difesa delle darsene e dei cantieri navali. Dalla caratteristica forma ottagonale e il campanile in legno lavorato a traforo, è oggi dotata anche di un carillon e di un orologio ed è sede del Waterkantoor, l’ufficio municipale che controlla il livello delle acque.
Costruita nel 1516 e ampliata nel 1606, in questa stessa epoca pare sia stata teatro del primo incontro dei sefarditi in fuga dal Portogallo. Secondo quanto viene tramandato, una nave carica di ebrei avrebbe fatto tappa inizialmente a Emden, in Germania. Qui, si dice grazie a una fantomatica oca servita in albergo ai loro vicini di tavolo, i fuggitivi sarebbero venuti a conoscenza di altri ebrei attivi nella località. Preso contatto con il rabbino della cittadina, Moise Urie Ha-Lévi, gli avrebbero manifestato la propria volontà di tornare a praticare il giudaismo. L’uomo li avrebbe dissuasi dal fermarsi lì, sollecitandoli piuttosto a recarsi ad Amsterdam, dove lui stesso li avrebbe raggiunti.
Vera o no che sia questa versione dei fatti, la storia racconta che nei pressi del Montelbaanstoren sarebbe nato il primo nucleo della futura comunità portoghese, che andava ad affiancarsi alla già più nutrita comunità ashkenazita locale. In particolare, pare che Jacob Tirado, uno dei membri di questo primo gruppo di sefarditi giunti in città, avesse affittato una casa sulla Jonkerstraat, proprio di fronte alla torre, e vi avesse fondato la sinagoga poi indicata in suo onore con il nome di Beth Jacob.
Negli stessi anni, gli spagnoli avrebbero fondato la congregazione di Neve Shalom, mentre dalla scissione di quella di Beth Jacob sarebbe stata fondata un’altra comunità con relativa sinagoga, la Beth Israel.

Sarebbe stato qui, tra l’altro, che il filosofo Baruch Spinoza (di cui si può trovare la statua sul Zwanenburgwal, dietro al Municipio) avrebbe ricevuto la famosa scomunica nel 1656. Situato lungo le rive di un canale non più esistente, l’Houtgracht, oggi perimetro della centralissima piazza Waterlooplein, anche questo luogo di culto si trovava nel cuore del quartiere ebraico. Nel 1639 le tre comunità si sarebbero in quella che in seguito sarà nota come Congregazione ebraica portoghese.

Per farsi un’idea dell’importanza raggiunta dalla comunità in così pochi decenni basta visitare in Mr. Visserplein 3, l’Esnoga, la Sinagoga Portoghese che avrebbe preso il posto delle piccole (e discrete) sinagoghe delle congregazioni ancora non riunite.
Ottenuto nella seconda metà del Seicento il permesso di costruire luoghi di culto riconoscibili come tali anche dalla strada, gli ebrei di Amsterdam negli anni Settanta del secolo si trovarono così con due sinagoghe importanti, l’una di fronte all’altra: la Grande Sinagoga ashkenazita, del 1671, e la Portoghese, consacrata nel 1675. Quest’ultima aveva e ha tuttora più di un primato. Ai tempi era la sinagoga più grande del mondo, al momento è la più antica ancora in funzione, insieme a quella di Praga. In più, i suoi interni sono rimasti identici a come si presentavano all’epoca della sua costruzione, fatto a sua volta più unico che raro.
Progettata nello stesso stile architettonico austero e classicista delle chiese protestanti del periodo, l’Esnoga riesce a essere insieme imponente e discreta. Infatti, si affaccia su un cortile circondato da edifici bassi che la racchiudono su tre lati. Questa disposizione, come pure la forma del palazzo stesso, pare volesse riprodurre quella del Tempio di Salomone di Gerusalemme. L’interno segue lo schema tipico sefardita, con le panche disposte in senso longitudinale e il pavimento di legno di pino cosparso di sabbia fine per assorbire polvere, umidità e sporcizia e per attutire il suono dei passi.
Aperta alle visite, la Sinagoga è ancora arredata con i mobili originali, non ha né riscaldamento né illuminazione elettrica e si affida, come un tempo, al solo chiarore di un migliaio di candele. Gli spazi del complesso circostante ospitano mostre permanenti incentrate su svariati aspetti storici e di attualità della vita ebraica portoghese.
Nello stesso edificio si trova anche la più antica biblioteca ebraica funzionante al mondo, Ets Haim o Livraria Montezinos. Il secondo nome le viene da un suo bibliotecario nonché benefattore, David Montezinos, che la arricchì nel 1889 con la propria importante raccolta privata. Fondata nel 1616, ospita oggi una collezione composta da 560 manoscritti e da 30mila opere a stampa spaziando in ogni campo del giudaismo del XVII e XVIII secolo. Specchio di oltre 400 anni di cultura portoghese nei Paesi Bassi, la biblioteca offre la possibilità di sfogliare i suoi manoscritti anche online.

Usciti dalla Sinagoga e da Ets Haim, appena svoltato l’angolo ci si trova in Jonas Daniël Meijerplein, l’ampia piazza alberata intitolata al primo avvocato ebreo dei Paesi Bassi. Bello visibile nello slargo si trova il Dokwerker, la statua del Portuale dedicata al februaristaking, lo sciopero di febbraio. Iniziato il 25 febbraio del 1941 e proseguito per tutto il giorno successivo, questo evento costituì la prima manifestazione di dissenso collettivo di non ebrei contro le misure antisemite perseguite dai nazisti in Europa. Indetto dopo l’arresto, nei due giorni precedenti, di 425 uomini ebrei che furono ammassati in questa piazza e quindi deportati a Mauthausen e Buchenwald, lo sciopero coinvolse 300mila lavoratori provenienti anche dalle località vicine. Viene ricordato tutti gli anni con una cerimonia presso la statua che ne fa da memoriale dal 1952.

una sala espositiva del Jewish Historical Museum

Sulla stessa piazza, per quanto l’ingresso sia in Nieuwe Amstelstraat 1, si affaccia anche il Jewish Historical Museum , l’unico museo dell’Ebraismo nei Paesi Bassi e il più importante del genere al di fuori di Israele. Fondato negli anni Trenta del Novecento, fu trasferito nel 1987 negli spazi attuali che fino alla seconda guerra mondiale erano stati la sede di quattro sinagoghe ashkenazite del Sei e Settecento. Nelle sue sale si può ammirare una collezione sterminata di oggetti, dipinti, filmati, utensili e fotografie che illustrano la vita e la cultura ebraica in Olanda dal passato a oggi. Inoltre, accanto alle esposizioni permanenti, il museo dà spazio a due mostre temporanee.
Nella stessa struttura si trova anche il Museo dei bambini . Allestito come se si trattasse della casa di una famiglia ebraica, intende avvicinare in modo divertente i più piccoli alla cultura e alla tradizione, invitandoli a cucinare, a parlare qualche parola di ebraico o a suonare melodie nella stanza della musica.
A proposito di case ebraiche, tra le iniziative organizzate dal museo anche fuori dalla sua sede, va segnalata quella delle Open Jewish Homes. Inaugurata dal JHM ad Amsterdam nel 2012 e quindi proseguita autonomamente anche in altre città olandesi fino all’edizione forzatamente in streaming dell’anno scorso, la manifestazione si concentra sulla vita nelle abitazioni in cui hanno vissuto ebrei prima, durante e subito dopo la guerra. La commemorazione coinvolge piccoli gruppi di persone invitate presso la casa e inizia nominando gli antichi abitanti. In seguito, il responsabile dell’incontro racconta la storia di queste persone e spiega perché abbia deciso di ricordarla, rispondendo poi alle eventuali domande dei visitatori.

Il memoriale della Shoah

Fuori dal museo storico, sia fisico sia virtuale, la parte monumentale del quartiere ebraico comprende anche l’Hollandsche Schouwburg, il Memoriale nazionale dell’Olocausto, in Plantage Middenlaan 24, e di fronte, al 27, il Museo Nazionale dell’Olocausto. Entrambi chiusi per lavori di ristrutturazione fino al 2022, sono ospitati rispettivamente da un palazzo nato come teatro e poi utilizzato dai nazisti come centro di raccolta e deportazione per decine di migliaia di ebrei, e dalla scuola, confinante con un asilo, in cui centinaia di bambini ebrei furono nascosti e quindi trasferiti in luoghi relativamente sicuri dalla Resistenza.

Si esce dall’ex quartiere ebraico ma si resta nel territorio della memoria con la visita alla Casa di Anne Frank, in Westermarkt 20, nel quartiere semicentrale di Jordaan. L’appartamento che ospitò per due anni la giovane ebrea con la sua famiglia, i Van Pels e Fritz Pfeffer è stato trasformato in museo nel 1960 e conserva oggetti e scritti della ragazza in una ambientazione drammaticamente realistica. È possibile accedervi anche virtualmente, visitando l’alloggio segreto attraverso diverse modalità, dall’app dedicata alla visione a 360°.

La visita alla città si può concludere con una pedalata di una mezz’oretta. Tecnicamente, la gita porterà fuori dai confini cittadini, nel villaggio di Ouderkerk aan de Amstel, ma consentirà di conoscere un altro tassello della storia della comunità ebraica di Amsterdam. A circa 10 chilometri dal centro, infatti, si può visitare l’antichissimo cimitero di Beth Haim, il luogo dove da circa 400 anni vengono sepolti i membri della congregazione ebraica portoghese. In un territorio di oltre 16mila metri quadri sono sepolte circa 28mila salme, con molte lapidi spesso sprofondate nel terreno ma tantissime altre ancora ben visibili, con nomi importanti come quelli di rabbini, diplomatici e scienziati, tra cui Rabbi Menasseh ben Israel e Jacob Sasportas o di Eliahu Montalto, medico personale di Maria de’ Medici.
Fondato nel 1614, data in cui l’amministrazione di Amsterdam si decise a concedere il permesso e a vendere il terreno alla Comunità, Beth Haim fu poi ampliato nel 1690 e nel 1691. Nell’Ottocento, il cimitero fu mappato e in parte restaurato da David Henriques de Castro, membro di spicco della congregazione, che mise in salvo diverse lapidi particolarmente importanti ed evitò ad altre di scomparire sottoterra. In tempi più recenti, il 30 novembre 2020, dopo 6 anni di lavori, all’ingresso del cimitero è stato inaugurato il padiglione Coronel, una piccola e raffinata costruzione al cui interno si possono vedere filmati e consultare mappe e documenti relativi alla storia e alla visita del Beth Haim.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


1 Commento:

  1. Ero stato in tutti i luoghi citati. Mi ha fatto piacere ritornare con la memoria in quei posti pieni di fascino…


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