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Elezioni comunitarie, Milano 2019: focus scuola

Le due liste, “Milano ebraica: la comunità di tutti” e “Wellcommunity” si confrontano sul tema

In vista delle prossime elezioni per rinnovare il consiglio della Comuità ebraica milanese, vi proponiamo alcuni confronti tra le due liste candidate. Il primo pone l’attenzione sulla scuola per conoscere le due diverse posizioni sull’argomento.

Per la lista Milano Ebraica: la comunità di tutti, abbiamo parlato con Timna Colombo e Rosalba Guetta. Per la lista Wellcommunity parla Dalia Gubbay.

Qual è il vostro background, in particolare in relazione alla Scuola Ebraica?

Timna Colombo: Sono nata a Milano e lavoro come psicoterapeuta. Sono stata alunna della Scuola Ebraica fino alla maturità, vi ho iscritto le mie due figlie e durante gli anni della loro frequenza sono stata attiva a più riprese come rappresentante di classe e come membro del Consiglio d’Istituto. Ho frequentato l’Hashomer Hatzair e sono tra le fondatrici di Horim, un comitato genitori impegnato nella realizzazione di diversi progetti all’interno della scuola.

Rosalba Guetta: Originaria di Firenze, sono stata morah (insegnante) della Scuola Ebraica di Milano per 30 anni. Anche i miei figli e nipoti l’hanno frequentata. Una lunga esperienza di insegnante e di madre, grazie alla quale ho potuto essere testimone diretta dell’evoluzione della scuola nel corso degli anni, uno specchio dei cambiamenti nella Comunità.

Dalia Gubbay: Non sono stata allieva della scuola ebraica, ma i miei sei figli la frequentano e l’hanno frequentata. Quando sono state rese pubbliche le liste per queste elezioni comunitarie, molti mi hanno accolto dicendo: “Che bello, ti ricandidi?”. Mi ha fatto piacevolmente sorridere questa affermazione perché rappresenta il mio impegno e la mia presenza costante in ambito scolastico. Mi candido per la prima volta, da quattro anni sono consigliera della Fondazione scuola occupandomi di raccolta fondi e sviluppo di progetti per combattere il bullismo, cyberbullismo, le dipendenze e le fobie sociali. Sono anche consigliere UCEI e presidente Benè Akiva, nonché parte dello steering commitee del gruppo EFI per il supporto alle scuole ebraiche europee.

Quali sono i cambiamenti più significativi che avete potuto osservare e come li ha accolti la Scuola Ebraica?

Rosalba Guetta: I cambiamenti nella scuola riflettono sempre quelli della società. Negli ultimi anni, nei confronti dello studente e del suo percorso di apprendimento, si è consolidato un approccio differente rispetto a quello tradizionale col quale io, come insegnante, ero stata formata. Dagli insegnanti oggi non ci si aspetta solo che si attengano al programma e trasmettano nozioni, ma anche che sappiano vedere l’alunno nella sua interezza, creare occasioni per lo sviluppo di competenze diverse e flessibilità. La scuola nel suo complesso, mostra grande sensibilità nei confronti dell’alunno e naturalmente alla trasmissione dell’identità ebraica, attraverso lo studio della Storia, della lingua e delle tradizioni.

Dalia Gubbay: La scuola porta avanti molti progetti d’avanguardia, spesso poco conosciuti (mentre andrebbero comunicati adeguatamente) e mantiene il suo ruolo di eccellenza in ambito didattico ed educativo. Le problematiche sociali sono sicuramente cambiate e ora occorre affrontare tematiche importanti tra gli adolescenti come il bullismo, anche nella sua declinazione cyber, le dipendenze, l’anoressia, cosa che abbiamo fatto lo scorso anno con un progetto in collaborazione con Gabriella Fellus, esperta della tecnica di difesa Krav Maga. Gli insegnanti sono invitati ad ascoltare gli studenti e a trasmettere loro quei valori che fanno parte della vita ebraica. Sotto questo aspetto penso che sia importante, nell’immediato futuro, ascoltare di più gli insegnanti, il vero termometro della scuola, incentivandoli anche dal punto di vista meritocratico, oltre a dare un supporto ai docenti non ebrei che insegnano a scuola per capire meglio il contesto in cui si trovano e aiutarli a portare avanti i valori dell’educazione ebraica. Ma la scuola ha attivato anche altre interessanti realtà, come il coding in informatica, la robotica e un ottimo progetto per l’alternanza scuola lavoro. Il progetto EFI (Educating for Impact) , di cui fa parte la scuola milanese in un network europeo, poi, punta a rafforzare i già solidi principi ebraici su cui si fonda: trasmettere l’etica ebraica in un contesto di eccellenza accademica è l’obiettivo di questa istituzione.

Timna Colombo: Il nuovo Preside, Agostino Miele (dal 2017), si è impegnato per una migliore organizzazione della scuola e ha potenziato le aree relative all’apprendimento della matematica e dell’informatica. Oggi gli studenti hanno a disposizione una piattaforma online che li accompagna passo dopo passo nella comprensione e risoluzione degli esercizi di matematica, e sono stati inaugurati i laboratori di robotica e di coding. La Scuola ha inoltre aderito al progetto Net@ per lo sviluppo delle competenze digitali, sostenuto dal Keren Hayesod e basato sull’apprendimento peer to peer, e al progetto EFI per la costruzione di un network tra le scuole ebraiche europee.

Il tradizionale calo delle iscrizioni dopo la terza media è un dato importante per la Scuola. Qual è la situazione effettiva?

Timna Colombo: In realtà, contrariamente alle percezioni, i numeri delle iscrizioni negli ultimi anni sono rimasti più o meno stabili. La Scuola Ebraica di Milano conta circa 500 alunni e, per quanto riguarda l’istruzione superiore, succede che le partenze dopo la terza media siano compensate dagli arrivi di alunni da altre scuole ebraiche. Mi sento di respingere l’argomentazione secondo la quale la scelta di proseguire il percorso d’istruzione presso altre realtà sia legata a una qualità non soddisfacente della nostra scuola. La qualità della Scuola Ebraica di Milano è da sempre molto alta, le occasioni di confronto con le altre scuole, nel periodo scolastico e poi universitario, hanno dimostrato più volte la preparazione eccellente degli alunni. Attualmente, la scuola propone questa offerta: Liceo Linguistico, Liceo Scientifico (indirizzo scienze applicate) e Istituto Tecnico Economico (indirizzo amministrazione, finanza e marketing e indirizzo relazioni internazionali). Spesso le ragioni dell’iscrizione a un’altra scuola possono riguardare semplicemente la ricerca di un indirizzo che la Scuola Ebraica non offre, come ad esempio il Liceo Classico.

Rosalba Guetta: Bisogna poi soprattutto considerare il desiderio, molto forte presso gli adolescenti, di misurarsi con nuove esperienze, per chi è abituato a una scuola piccola, dove bene o male ci si conosce tutti, la prospettiva di studiare in una scuola grande, con molte sezioni, rappresenta una sfida molto attraente. È sbagliato pensare che questa scelta vada a indebolire l’identità ebraica, chi dopo la terza media prosegue in altre scuole spesso continua a coltivarla nei movimenti giovanili, attraverso l’impegno in queste realtà.

Dalia Gubbay: Purtroppo è un dato di fatto: la scuola ebraica nella formazione superiore conta pochi alunni rispetto ai cicli precedenti. Effettivamente, i numeri sono piuttosto stabili e spesso le uscite degli allievi alla fine del ciclo delle medie vengono compensati dall’ingresso alle superiori di qualche ragazzo proveniente dalle altre scuole ebraiche milanesi. Quest’anno, per esempio, su 30 alunni della terza media, in 20 si sono iscritti alle superiori di via Sally Mayer, ma abbiamo acquistato cinque nuovi allievi provenienti da via de’ Gracchi e da Merkos. Le motivazioni spesso riguardano proprio il desiderio di aprirsi al mondo. Un’esigenza comprensibile, ma a cui non so bene come rispondere se non che la scelta di rimanere vada rintracciata nell’importanza di vivere in un contesto ebraico, magari migliorabile dal punto di vista dell’offerta formativa, che resta però di alta qualità.

Cosa proponete per migliorare la situazione?

Timna Colombo: L’idea è quella di continuare a valorizzare la qualità già presente e offrire opportunità attraenti, magari non presenti in altre scuole. In questo senso va la nostra proposta di aderire al progetto sperimentale promosso dal Miur per il cosiddetto “liceo breve”, ovvero lo svolgimento del ciclo di istruzione secondaria superiore in quattro anni, al posto di cinque, con un netto potenziamento dell’insegnamento della lingua inglese. Un’altra proposta del nostro programma, in risposta all’esigenza di più opportunità di scambio e conoscenza con altre realtà, è quella dell’istituzione dell’Erasmus ebraico, che permetterebbe agli alunni di trascorrere un periodo di studio presso altre scuole ebraiche europee.

Dalia Gubbay: Sicuramente un potenziamento dell’inglese è necessario, eventualmente anche in orario extrascolastico con corsi di preparazione alle certificazioni richieste dalle Università all’estero. Stiamo anche discutendo l’eventualità di insegnare l’inglese in maniera trasversale, con alcune materie in lingua. Il progetto Erasmus è importante perché sicuramente offrirebbe un arricchimento per gli studenti. Io amo molto la scuola, credo che di base funzioni molto bene. Servono fondi per poter incrementare progetti interessanti che le diano ulteriore valore e per questo vanno implementate le azioni di fundraising. La Fondazione Scuola fa già tantissimo, ma ci vogliono più sforzi ancora.

Siete favorevoli o contrari all’apertura della Scuola Ebraica verso le altre scuole milanesi?

Rosalba Guetta: La Scuola Ebraica di Milano favorisce l’incontro tra i suoi alunni e quelli di altre scuole, perché esercitare la conoscenza, confrontarsi faccia a faccia, è il primo modo per combattere il pregiudizio. Mi vengono in mente recenti esperienze interessanti, incontri durante i quali le diverse classi si sono messe in gioco, presentando all’altra questo o quell’aspetto della propria storia e identità. Ma i giovani devono essere informati e consapevoli di poter incontrare anche l’ignoranza e il razzismo. Per questo occorre dare loro adeguati strumenti attraverso un lavoro che gli insegnanti già svolgono. La nostra intenzione è supportarlo e arricchirlo con nuovi strumenti.

Timna Colombo: In particolare, vorremmo che alla preparazione già esistente fossero affiancati degli incontri regolari a tema, di approfondimento soprattutto sulle nuove forme di antisemitismo e sui suoi nuovi linguaggi, nelle interazioni quotidiane e sui social, per fornire più strumenti agli alunni e anche più supporto agli insegnanti.

Dalia Gubbay: La  Scuola è ben inserita nel tessuto sociale milanese, tanto che la Fondazione ha vinto l’Ambrogino d’Oro. E molti progetti che sono già in corso puntano all’apertura verso l’esterno, sin dalle classi elementari. Esiste un progetto, per esempio, di scambio epistolare tra allievi di scuole diverse che poi culmina in alcuni incontri proprio per confrontarsi sulle diverse realtà. C’è anche un progetto di teatro francese che si conclude con una rappresentazione a cui sono invitate altre scuole.

Quali sono i rapporti attuali con le altre due scuole ebraiche di Milano (la scuola del Merkos e la scuola della Fondazione Josef Tehillòt)? Siete favorevoli alla separazione o proponete una collaborazione?

Timna Colombo: La scuola della Comunità ebraica di Milano ha sede in via Sally Mayer, nel nostro programma ipotizziamo di aprire un tavolo con le altre scuole ebraiche milanesi che non fanno capo alla Comunità per trovare possibili sinergie e lavorare insieme. Le scuole già si parlano e ci piacerebbe che il dialogo si sviluppasse in più direzioni, non solo a livello didattico, ma anche a livello informale, di aggregazione tra gli studenti, ad esempio attraverso lo sport o altri momenti di condivisione.

Dalia Gubbay: Già anni fa avevamo aperto un tavolo con la scuola di via de’ Gracchi e c’era molto interesse da entrambe le parti a stabilire una collaborazione, ma poi non siamo arrivati ad un accordo. Vorrei riparlarne, anche per un discorso di ottimizzazione dei costi: potrebbero utilizzare dei locali della scuola di via Sally Mayer, ma si potrebbe anche arrivare a condividere degli insegnanti, cosa che vorremmo proporre anche a Merkos. Il liceo di via de’ Gracchi conta diversi indirizzi ma non è parificato e gli studenti devono sostenere esami annuali per farsi riconoscere gli studi, comunque in linea con i programmi ministeriali. Naturalmente, sarebbe bello riuscire a stare tutti insieme…

Tutte le proposte dovranno fare i conti con la situazione finanziaria della Comunità che non versa in condizioni ottimali: come pensate di muovervi?

Timna Colombo: Più promuoviamo la collaborazione tra diversi attori e più possiamo creare le opportunità di realizzare le nuove proposte. Il Consiglio in uscita ha già fatto molto, ad esempio con la stipula del nuovo contratto per i docenti e la sinergia con la RSA per quanto riguarda il servizio mensa. Il gruppo Horim, il Comitato genitori, ha dimostrato che se ci si impegna insieme si possono realizzare molti progetti per il bene della scuola. Penso a “W lo sport”, per l’acquisto di nuove attrezzature per la palestra in collaborazione con gli Amici della Scuola, al progetto di orientamento Speed Career, alla creazione del blog  “dammi1cinque” da parte degli alunni della scuola primaria, agli incontri di sensibilizzazione sul tema del cyberbullismo e alle iniziative che valorizzano lo stare insieme come il Garden Party [la festa per la chiusura dell’anno scolastico] e il ripristino del tradizionale lancio di palloncini a Yom Ha-Atzma’ut [la festa per l’indipendenza di Israele]. Infine, va sottolineata l’importanza del ruolo della Fondazione Scuola, che consente di portare avanti progetti volti al costante miglioramento della nostra scuola.

Dalia Gubbay: Purtroppo il pagamento delle rette scolastiche, naturalmente diviso per fasce di reddito, incluso un sostegno per le famiglie in difficoltà, non è sufficiente a far fronte a tutte le esigenze della Scuola. Come ho già detto, credo che il Fundraising possa essere un valido strumento per raggiungere finanziamenti adeguati a migliorare l’offerta formativa e la qualità della didattica. La Fondazione Scuola è già attiva al riguardo ma credo si possano trovare altri fondi per promuovere e sostenere progetti specifici.


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