Joi in
Elezioni Ucei, intervista alla candidata milanese Joyce Bigio

Una proposta che parla di pluralismo e di inclusione

Si parla di pluralismo, di parità di genere e di inclusione nella lista Unione per il Pluralismo di Joyce Bigio, già consigliera Ucei e in passato nel consiglio della comunità milanese. Il suo impegno si declina nella proposta di un confronto e di un dialogo volti a includere tutti gli ebraismi, perché di ebraismo non ce n’è uno solo. O meglio, oltre a quello ortodosso, sicuramente ne esiste uno riformato, uno chabad, uno conservative per restare nell’ambito delle correnti religiose e senza contare gli infiniti modi in cui ognuno sceglie di declinare la propria appartenenza al popolo ebraico. Ne abbiamo parlato con lei, unica candidata per la sua lista.

Perché ha scelto di occuparsi di pluralismo e cosa intende con questa parola?

“Il pluralismo è prima di tutto inclusivo. Credo sia importante fare attenzione allo statuto dell’ UCEI che parla di ebrei italiani e della tradizione ebraica, ma non di ebrei ortodossi. Con l’Intesa, documento che regola i suoi rapporti con lo Stato Italiano, l’UCEI, nell’articolo 19, si propone di rappresentare gli ebrei tutti. Ecco, con pluralismo intendo proprio questo. Che poi è una forma di democrazia che suscita il risultato di una maggiore partecipazione delle persone. Il mio punto di riferimento è Rav. Gilad Kariv, membro della Knesset, che in Israele sta lavorando anche al pluralismo religioso, prestando attenzione ai diritti civili, come al matrimonio e al divorzio”.

Oltre al pluralismo, il suo programma parla anche di uguaglianza di genere e diversità. Cosa manca in Ucei al riguardo?

“Mi definisco ebrea femminista e credo che alle donne vada accordato il diritto di celebrare il rito. Ma questo attiene agli aspetti religiosi. Per quanto riguarda l’ambito politico, oltre a valorizzare la presenza femminile all’interno della struttura Ucei, credo si debba dare più spazio alla comunità LGBTQ+, che dovrebbe avere il diritto a partecipare alle riunione dell’Unione in qualità di osservatore”.

Dunque quale ruolo dovrebbe avere l’Ucei attualmente?

“L’Ucei deve essere l’ombrello sotto cui trovano rappresentanza e protezione dagli appartenenti all’ebraismo ortodosso – nelle varie sue diverse osservanze, come i chabad – a quello riformato, oltre ai figli di padre ebreo che vogliono continuare una vita ebraica, agli ebrei laici, alle famiglie interreligiose che vogliono essere inserite in un ambiente ebraico anche per l’educazione dei figli. Questo aiuterebbe molto anche le piccole comunità, nelle quali i matrimoni misti sono molto più incidenti in rapporto a quelle grandi. Non solo. L’Ucei deve anche accogliere le diverse organizzazioni e i diversi enti ebraici per lavorare più in sinergia”.

Parliamo di governance. L’Ucei rappresenta gli ebrei italiani nel rapporto con le istituzioni, mentre al suo interno lavora con tutte le singole comunità. Quale ruolo deve avere il rabbinato?
“Penso si debba arrivare a una separazione netta tra le questioni civili e quelle religiose e ritengo che, anche nell’Ucei, come nei consigli delle comunità locali, i rabbini debbano essere presenti come consiglieri che esprimono pareri, ma senza diritto di voto. Diritto che ovviamente acquisirebbero, se eletti. Ciò detto l’Ucei è un ente politico, riceve l’8 per mille, lavora per combattere l’antisemitismo, gestisce i rapporti con lo Stato e si preoccupa di garantire la vita ebraica alle sue comunità. Ecco perché dev’essere per tutti gli ebrei. Esiste davvero un solo vero modo di essere ebrei? La realtà internazionale ci dice da sempre che non è così, e anche lo Stato di Israele lo accetta da tempo”.

Micol De Pas

È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.


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