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Great Neck, un’isola di Persia a New York

Gli ebrei iraniani la elessero a nuova patria. E ora l’isola newyorchese è un luogo di riferimento anche per le comunità asiatiche. Reportage da Long Island

Negli anni ’20, il mondo di Great Neck, a soli 35 minuti di treno dal centro di Manhattan, fornì l’ispirazione allo scrittore Scott Fitzgerald per il suo capolavoro Il Grande Gatsby. Circa sessant’anni dopo, questo sobborgo a Long Island cominciò a cambiare in maniera fondamentale e permanente, con l’arrivo di un nuovo gruppo: gli ebrei iraniani. Oggi questa comunità, riuscita attraverso le generazioni a ricreare un pezzo di antica Persia a Great Neck, sta imparando a sua volta a convivere con una nuova prominente minoranza, gli asiatici.
Gli ebrei iraniani, la maggior parte dei quali emigrò negli Stati Uniti negli anni intorno alla rivoluzione del 1979 e alla caduta dello Shah di Persia, costituiscono la minoranza più numerosa di Great Neck: secondo i dati per il 2017 rilasciati dall’Ufficio del Censimento statunitense, si attestano infatti al 16.7% della popolazione dell’area (circa 35mila sull’intera, piccola penisola). I gruppi asiatici – tra cui oltre due terzi di origine cinese- ammontano invece al 14% dei residenti. Camminando per le strade di Great Neck, capita spesso di avvistare agglomerati di quattro-cinque sinagoghe sulla stessa via, così come ristoranti che servono cibo kasher mediorientale.

Una volta negli Stati Uniti, gli ebrei iraniani non avevano intenzione di perdere le proprie tradizioni e valori. A un oceano di distanza dalla loro terra d’origine, la sopravvivenza della loro identità divenne essenziale. E la chiave fu identificata nel matrimonio tra i suoi giovani membri, rito attorno a cui l’intera comunità si fonda anche oggi.

Tra gli ebrei iraniani di Great Neck, c’è però una grande distinzione da fare. Si tratta infatti non di una, ma di due comunità, ciascuna con la sua storia e cultura e riconducibili a due diverse città dell’antica Persia: Mashhad e Teheran.

Le due città
Il percorso che ha portato gli ebrei mashhadi da Mashhad a Great Neck è storicamente unico. Attorno al 1740, lo Shah Nader Shah Afshar fece trasferire circa 40 famiglie ebree in questa città del Nord-Est dell’Iran per custodire il suo tesoro. Cresciuto come musulmano sciita in un paese dove i sunniti erano la maggioranza e detenevano la gran parte del potere, il sovrano diffidava di chiunque altro. Nel 1839, gli ebrei di Mashhad ricevettero un ultimatum: convertirsi all’Islam o morire. Molti optarono per continuare a praticare la propria religione in segreto.

“Questo fu l’inizio di una nuova classe di ebrei,” dice Lerone Edalati, 31 anni, una donna mashhadi cresciuta a Great Neck. “Questo cripto-gruppo formò una sua identità specifica e la mantenne grazie ai matrimoni, rigorosamente solo tra ebrei mashhadi. Questi legami collettivi persistono ancora oggi, per certi aspetti.”
I mashhadi mantennero la loro fede ebraica segreta fino al 1925, quando l’ascesa al potere della dinastia Pahlavi migliorò visibilmente le condizioni di vita per gli ebrei in Persia. Ma ormai le loro differenze culturali e linguistiche rispetto agli altri ebrei persiani si erano cementate. Cominciarono a migrare via dall’Iran nei primi anni del Novecento, con picchi dopo la seconda guerra mondiale e la rivoluzione del 1979. Si stabilirono soprattutto attorno a New York e in Israele, con delle piccole comunità in Italia (Milano), Germania e Regno Unito (Londra). Al giorno d’oggi, ci sono circa 15-20.000 mashhadi in tutto il mondo.
A Great Neck, i mashhadi ritrovarono ebrei provenienti dal resto della Persia. A partire dalla fine degli anni ’50, infatti, molti ebrei iraniani, approfittando delle allora ottime relazioni diplomatiche tra il loro paese e gli Stati Uniti, cominciarono a trasferirsi oltre l’Atlantico per studiare in college americani, grazie a programmi di scambio e borse di studio sponsorizzate dal governo. Tra questi ebrei iraniani, c’erano i genitori di Jackie Harounian, originari di Teheran. Suo padre venne in America per studiare chimica, mentre sua madre seguì il nonno recatosi a New York per praticare la psichiatria. Cresciuta a Great Neck, Harounian, che ha oggi 48 anni, si descrive come “una dei primi persiano-americani nati nell’area di New York.”

Il matrimonio è il segreto

Queste due comunità – per evitare di perdere la propria unicità ed identità, omologandosi con gli abitanti della zona – svilupparono fin da subito una cultura “incentrata sul matrimonio,” come la definisce Harounian. “C’è una grande enfasi sugli eventi sociali, dove i giovani si possono incontrare, sulla celebrazione del matrimonio e di tutti i riti associati”.

Negli anni ’80 e ’90 le giovani donne – come la stessa Harounian – erano incoraggiate a sposarsi attorno ai vent’anni, rigorosamente con uomini ebrei. I mashhadi invece generalmente si sposavano tra di loro, racconta Edalati, sigillando il loro fidanzamento ufficiale con la cerimonia dell’erusin, un’antica usanza ebraica più rara in altre comunità, ma ancora ampiamente praticata tra i mashhadi.
Nonostante “una tradizionale vita coniugale” rimanga lo stile di vita maggiormente promosso in questa comunità, ci sono stati alcuni cambiamenti negli ultimi vent’anni. Per esempio, le donne, che oggi si dedicano agli studi solitamente più a lungo, si sposano più tardi. Inoltre, i matrimoni “interreligiosi” tra i mashhadi ed ebrei di altre discendenze sono aumentati, racconta Edalati, fidanzata ufficialmente con un uomo ashkenazita. I divorzi sono ancora poco comuni, secondo Harounian, che lavora come avvocato divorzista. Se dovesse fare affidamento ai membri della sua comunità come clienti, la sua attività sarebbe già fallita, racconta.

Un’altra importante novità in questa dimensione è stato l’avvento dei social media, che hanno incoraggiato i giovani ebrei della zona, in particolare i mashhadi – tendenti a frequentarsi esclusivamente tra di loro- ad entrare in contatto con ebrei di altre origini, racconta Edalati.
Ma i social media hanno anche facilitato incontri tra membri della stessa comunità, in quest’angolo di Long Island. Su Facebook, un gruppo dal nome di Great Neck Persian Jewish Matchmaker, fondato nel tardo 2016, conta circa 475 membri in cerca di un coniuge, perlopiù tra i 30 e i 50 anni. Nella descrizione si legge: “Match-making confidenziale nella comunità persiana: sappiamo che il Signore è il vero match-maker, ma noi dobbiamo comunque fare un onesto sforzo.”

Una Great Neck più asiatica

Con gli anni, gli ebrei persiani di Great Neck hanno dovuto adattarsi a notevoli cambiamenti nella demografia dell’area, in particolare ad un incremento esponenziale della presenza asiatica nella zona sud della penisola. Tra il 2000 e il 2016, il numero di residenti asiatici è raddoppiato a Saddle Rock, Great Neck Estates e Great Neck Village, mentre nei villaggi di Kensington e Russell Gardens è schizzato dal 10 al 23% della popolazione totale, secondo l’Ufficio per il Censimento degli Stati Uniti.

Il principale interesse comune e punto d’incontro tra ebrei persiani e asiatici a Great Neck sono le scuole pubbliche della zona: l’ottimo distretto scolastico di Great Neck – che include scuole sia sulla penisola che alcune leggermente a sud di essa- è una delle ragioni che originariamente ha attirato le due comunità a trasferirsi lì, spiega Harounian.

Il distretto di Great Neck è tra i migliori negli Stati Uniti, e al sesto posto nella classifica per le migliori scuole pubbliche nello stato di New York, secondo una classifica per il 2018 compilata da Niche (società americana che elabora dati e fornisce un servizio online per gli utenti in cerca dei migliori distretti dove vivere, lavorare, studiare o crescere una famiglia, ndr). Circa il 78% degli studenti padroneggia la lingua e letteratura inglese e l’84% la matematica, secondo dati rilasciati dal Dipartimento dell’Educazione dello stato di New York.
Il numero di studenti asiatici è in effetti in notevole aumento in queste istituzioni: se nel 2012-2013 essi costituivano solo il 30% dei giovani alunni nell’intero distretto, mentre i bianchi ammontavano al 60%, dopo soli tre anni rappresentavano già il 35% del totale, con i bianchi in calo al 53%. Questa maggiore diversità etnica ha aiutato le scuole di Great Neck a raggiungere dei punteggi ancora più alti e dunque è vista positivamente, racconta Harounian. Infatti, secondo il Dipartimento dell’Educazione di New York, le performance accademiche dei ragazzi asiatici sono tra le più alte a Great Neck, con l’89% di esperti in lingua e letteratura inglese e il 94% in matematica.

Anche al di fuori del mondo scolastico, alcune associazioni hanno recentemente cominciato ad organizzare eventi congiunti per avviare il dialogo tra le diverse comunità residenti nella zona. Nel gennaio del 2018, ad un forum organizzato dalla Great Neck Historical Society, rappresentanti di società di ebrei mashhadi, ebrei di Teheran e asiatici hanno discusso il potenziale della zona e i miglioramenti apportati dal loro arrivo. Lo scorso luglio, Rebecca Sassouni, presidente dell’Alleanza per l’Eredità Culturale Sefardita, dedicata alla preservazione della cultura degli ebrei di Teheran, ha organizzato un evento dove membri della comunità persiano-giudaica e cinese hanno assaggiato piatti delle rispettive cucine tradizionali. Un bel modo (con successo, stando alla testimonianza di Harounian) di facilitare la comunicazione.

Giulia Morpurgo
Collaboratrice
Giulia Morpurgo, 24 anni , è una giornalista finanziaria di casa a Londra. Nata e cresciuta a Milano, ha passato gli ultimi cinque anni tra la capitale britannica e New York. E’ appassionata di politica monetaria, di quasi tutto ciò che ha più di mille anni e soprattutto di Inter.

5 Commenti:

  1. Grande Giulia… unica pecca: l inter, del resto nessuno e perfetto.
    Bellissimo articolo, serio e completo,
    Complimenti!

    1. Mi sembra invece la conferma se ce ne fosse bisogno che ha capito da che parte stare?⚫️?⚫️
      Complimenti per l’articolo.


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