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Storia di un’identità ritrovata

Da una verità famigliare negata all’ottenimento della cittadinanza spagnola. Il racconto di Abigail Rosa

Scaduta la data per presentare la richiesta, il Regno di Spagna ha registrato più di 130.000 domande per l’ottenimento della cittadinanza pervenute da tutti i paesi del mondo. Era il 2015 quando è entrata in vigore la legge che consentiva ai discendenti degli ebrei cacciati alla fine del 1400 di ottenere la cittadinanza in quella terra. Quasi un risarcimento.
Ma chi sono questi neo cittadini spagnoli? Cosa li ha spinti a fare richiesta e perché? Di loro sappiamo che non tutti sono ebrei. Di sicuro, però, tutti sono discendenti di sefarditi: cioè di ebrei espulsi dai territori spagnoli per effetto del decreto emanato da Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia il 31 marzo 1492, oppure di ‘conversos’ costretti a lasciare la Spagna in seguito, dopo aver abbracciato la religione cattolica, perché perseguitati dall’Inquisizione.
Secondo uno studio recente, a oggi sarebbero 13 milioni nel mondo i figli di quella migrazione forzata: i loro avi furono uomini e donne che si opposero alla conversione o fuggirono alle torture perpetrate in nome della fede cattolica, cercando rifugio nell’Impero Ottomano, in Europa e in Nord Africa.

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A Roma è l’Archivio storico della Comunità ebraica che ha supportato 14 persone richiedenti la nazionalità spagnola nella complicata ricerca tra documenti, registri dell’anagrafe e ricostruzioni del proprio albero genealogico per fornire le prove necessarie richieste dalla Legge 12/2015 del 24 giugno. Una Legge che in molti ha risvegliato ricordi, memorie sepolte o addirittura sconosciute, e cambiato migliaia di destini.
Come nel caso di Abigail Rosa, che ha scoperto per caso di essere ebrea.
Abigail (questo è il suo nome ebraico) nasce a Roma, è la più piccola di 5 fratelli e vive una infanzia felice tra le mura di una Villa nobiliare, dove spesso si tengono feste sontuose e ricevimenti. La madre Sandra è una fervente cattolica che ha sempre avuto un rapporto amichevole con la Comunità ebraica capitolina: spesso affitta la villa ai giovani sposi ebrei che scelgono di celebrare le nozze tra le sontuose sale della dimora e il suo magnifico giardino.

Un giorno, poiché era impegnata ad organizzare un ricevimento, Sandra chiede ad Abigail di accompagnare la nonna materna in Toscana per fare visita alla sorella Adele.
Di questa zia sconosciuta non si parla mai in casa, ma l’idea di una gita a Siena è sufficiente per accendere il suo entusiasmo.
Quello che non sa invece è che quella visita cambierà la sua vita per sempre.
Arrivata a destinazione, Abigail si rende conto di non essere in una villa privata di famiglia, bensì all’interno di un ospedale psichiatrico.
Adele vi era stata ricoverata anni prima in seguito agli abusi e ai traumi subiti durante la sua prigionia nella Risiera di San Sabba, a Trieste. Una storia sconvolgente che implica una rivelazione ancora più scioccante: mentre la zia dal suo buio infernale chiede terrorizzata alle due donne notizie del duce, e le esorta a scappare prima che sia troppo tardi, Abigail scopre di essere ebrea.
Come un vetro che si spanna, la sua infanzia le scorre davanti agli occhi rivelando dei fermo immagine sconvolgenti. Durante le persecuzioni razziali i genitori di Sandra si trovano costretti a scappare da Casale Monferrato, dove hanno sempre vissuto: non è facile muoversi con cinque bambini piccoli, una domanda ingenua, una parola fuori luogo, un pianto improvviso potrebbe tradirli e mandare a monte l’intero il piano di fuga. L’unico modo per salvarsi è ammutolirli, instillando nella mente dei piccoli il terrore continuo e pressante di essere uccisi.
La famiglia si muove vagando nel Nord Italia fino ad arrivare a Milano. Ma la zia Adele, allora sposata con due figli, viene tradita da una soffiata e catturata, imprigionata, torturata.
Alla fine della guerra Adele è una sopravvissuta che porta dentro e addosso cicatrici che non rimargineranno e un inferno così grande che la famiglia decide di affidarla in cura in un ospedale psichiatrico.

Tornata a Roma, Abigail annuncia alla madre di voler recuperare la propria ebraicità: a nulla valgono le suppliche e i pianti di Sandra: e se la storia si ripetesse? Se ci fosse una seconda Shoah, che fine farebbe la famiglia? Dove si nasconderanno tutti? Ma Abigail prosegue convinta per la sua strada, sempre più curiosa, fiera, e desiderosa di accedere a quella verità che le era stata negata.
La passione per i viaggi la porta nella penisola iberica, una terra di cui si innamora a tal punto da decidere di stabilirsi a Ibiza per buona parte dell’anno, mentre durante la permanenza a Roma frequenta un corso di ebraico biblico organizzato dal Centro di cultura della Comunità ebraica.
E poi, come un fulmine a ciel sereno, arriva la Legge 12/2015 del 24 giugno: il Regno di Spagna offre la possibilità di ottenere la cittadinanza a chi può dimostrare due requisiti, la condizione di sefardita originario della Spagna e uno speciale vincolo con il Paese.
Per Abigail significa porre l’ultimo tassello ad un puzzle che sta cercando di completare da più di 10 anni. Il lavoro certosino svolto dall’Archivio storico a Roma e dalla Comunità ebraica di Casale Monferrato sono decisivi per la ricostruzione del suo albero genealogico: scopre così che nelle sue vene si intrecciano trame e destini di una famiglia interamente sefardita, segnata dalle persecuzioni nei secoli, dalla cacciata dalla Spagna alle Leggi razziali.
Tra le carte escono i nomi delle famiglie Ottolenghi, Tedeschi, Segre, Sacerdoti, tutti sposati tra di loro, fuggiti dai roghi e dalle conversioni forzate 500 anni prima, e poi di nuovo perseguitati dalla minaccia nazista.
Tutto è chiaro davanti ai suoi occhi, ma come dimostrare all’attuale Regno di Spagna che quegli uomini e quelle donne erano effettivamente i suoi parenti?

Abigail non si dà per vinta e, determinata a scoprire tutta la verità, dà inizio a una caccia incessante per trovare le tracce dei nonni e dei genitori prima, durante e dopo la Seconda guerra mondiale; fino alla svolta decisiva che arriva dalla Comunità ebraica di Casale Monferrato, dove risulta essere stata effettivamente iscritta tutta la famiglia della nonna materna. E’ la fine della ricerca, l’inizio di una nuova vita, la ‘reconquista’ della propria identità.
Abigail oggi è una donna ebrea italiana – e ormai anche spagnola – che vive a Siviglia, è molto attiva nella sua piccola comunità e continua a studiare per migliorare la lingua ebraica e la conoscenza della Torah.
Quando le chiedo cosa ha provato ma soprattutto cosa ha trovato quando ha fatto il giuramento alla bandiera spagnola, risponde così: “Non ho fatto richiesta di cittadinanza per uno scopo materiale ma per la memoria della mia famiglia e di tutti i miei antenati, ebrei sefarditi il cui destino è stato segnato o spezzato per sempre dalle persecuzioni antiebraiche. Questo passaporto lo dedico a loro”.

Ah, per la cronaca, la Spagna ha concluso il perido di accettazione delle domande, ma invece è appena cominciato, con caratteristiche analoghe, quello del Portogallo, che concede la cittadinanza ai discendenti dei sefarditi cacciati. Anche l’Austria mette a disposizione la possibilità di chiedere la cittadinanza, ma quei cittadini ebrei e ai loro discendenti che sono scappati durante la Seconda Guerra Mondiale.

Irit Levy
collaboratrice

Nata e cresciuta a Milano, si stabilisce a Roma dopo gli studi.
Copywriter di formazione, entra nel 2010 come Responsabile dell’Ufficio Eventi e Comunicazione del Museo Ebraico della capitale. Nel 2017 fonda Jewish Life Experience, una rete di servizi orientati ai kosher travellers a Roma e in Italia. Scrive per passione, ama raccontare le storie straordinarie della gente comune.


2 Commenti:

  1. Ottimo. Appunto, qui in Salta, Argentina, risiedono discendenti degli Abrevanel portoghesi/ispanici. Epulsi due volte, dal Portogallo e dalla Spagna..


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