Israele
Il supporto dei drusi all’esercito israeliano

Solidarietà e coesione sociale dalla comunità dei drusi

«Mai come in momenti di crisi, è essenziale restare uniti all’interno della comunità, affinché sia forte». Sono queste le parole che Yitzhak Wasserlauf – ministro del Negev, della Galilea e della Resilienza nazionale – ha dichiarato per riconoscere il contributo fondamentale da parte dei fratelli drusi e circassi all’interno dell’IDF: «L’incrollabile impegno reciproco testimonia il profondo legame che ci lega e che rende la nostra società il grande mosaico che la costituisce».

A causa dell’emergenza bellica, la scorsa settimana il governo israeliano ha approvato un bilancio di 12,5 milioni di Shekel per rafforzare l’assistenza sociale nelle comunità druse e circasse che vivono tra Galilea e Golan: zone al confine con il Libano, in pericolo, fin dall’inizio della guerra, a causa dei continui attacchi da parte di Hezbollah.
Parte dei fondi verranno utilizzati per sostenere le famiglie costrette ad aveacuare i villaggi assieme ai 90.000 israeliani che hanno già lasciato da mesi il nord del Paese. Parte verranno investiti nelle principali cittadine druse per incoraggiare attività di volontariato, laboratori su come affrontare la genitorialità in momenti di stress costante e per rispondere a bisogni emotivi a seconda delle diverse fasce della popolazione: bambini, giovani, donne e anziani.
Sono queste le categorie oggi più in difficoltà, a causa dell’elevato numero di uomini, all’interno di questa comunità, impegnati come riservisti nelle forze di sicurezza: circa 11.000 su 150.000 abitanti, che rappresentano l’1,5% della popolazione israeliana.

I drusi costituiscono un gruppo etnico chiuso praticante una religione monoteista complessa, che attinge a diversi elementi delle principali religioni monoteiste e la cui dottrina viene tramandata oralmente di generazione in generazione. Essendo priva di un testo scritto, è quasi impossibile studiare la religione dei drusi se non si è parte della comunità e il suo accesso è riservato solo ai drusi stessi: tradizionalmente, la comunità dei drusi disapprova i matrimoni misti.

Considerati dai musulmani radicali come un gruppo di eretici o infedeli, sono stati oggetto di persecuzioni per secoli fino a stabilirsi, principalmente, nel sud del Libano e della Siria e tra le alture del Golan e la Galilea, in Israele, da cui, fin dalla fondazione dello Stato, si sentono protetti e per cui, a loro volta, esprimono gratitudine e fedeltà partecipando in modo significativo all’esercito, sia durante i tre anni di servizio obbligatorio che come riservisti.
Molti di loro si sono arruolati immediatamente il 7 ottobre per difendere i loro concittadini dal massacro di Hamas per poi continuare a combattere sia sul fronte nord che a Gaza.
I sodati drusi negli ultimi mesi hanno svolto un ruolo cruciale di testimonianza all’interno della società drusa che, fin dal primo giorno, non ha esitato a sostenere i propri connazionali ebrei, raggiungendo la più alta percentuale mai registrata di riservisti appartenenti alla loro comunità.

Da decenni, molti drusi ricoprono anche posizioni di rilievo all’interno dell’esercito. Wasserlauf ha ricordato Alim Abdallah, ucciso dai terroristi di Hezbollah lungo il confine, e Salman Habaka, caduto combattendo Hamas, dopo aver salvato numerose vite durante l’attacco al Kibbutz Be’eri. Erano entrambi tenenti colonnelli, un grado appena cinque livelli sotto quello di capo di stato maggiore. Anche molte donne druse sono impegnate quotidianamente nel sostenere l’esercito: circa 600 lavorano nella sartoria in sette stabilimenti diversi, situati al nord del Paese, specializzati nella produzione di equipaggiamento bellico che va dalle uniformi ai giubbotti antiproiettili. Kanj Kablan, amministratore delegato di una fabbrica fondata dai suoi genitori negli anni ’80, ha dichiarato ai social nazionali: «Stanno cucendo i gilet per i loro figli, padri e cugini che combattono una guerra per difendere il nostro Stato le nostre case. Assieme vinceremo».

Fiammetta Martegani
collaboratrice

Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.


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