Israele
Israele e il Giappone, un incontro immaginifico nelle opere di Drawing Tel Aviv

All’anagrafe si chiama Paul Curran, canadese ma israeliano d’adozione. E i suoi lavori, sempre in bilico tra l’arte Ukiyo-e e la storia della città bianca, rappresentano Israele all’Ambasciata del Giappone

Il lungomare di Tel Aviv incorniciato dalla fioritura di ciliegi; l’Azrieli Center avvolto dalle nuvole come lo è di solito il Monte Fuji; i cieli di Tel Aviv attraversati dai razzi provenienti da Gaza – e a loro volta intercettati dagli Iron Dome – che ricordano i fuochi d’artificio tipici dei festival tradizionali giapponesi: il mondo di Paul Curran, in arte Drawing Tel Aviv, è un mondo fantastico, in cui si incontrano i paesaggi di una Tel Aviv contemporanea con quelli raccontati dai grandi maestri giapponesi del periodo ukiyo-e. Ma è anche un incontro culturale tra tecnologie: quella del design digitale, di cui l’artista è maestro, influenzato ed ispirato dai colori e alla natura tipici dell’antica arte della xilografia giapponese.
La passione di Drawing Tel Aviv per l’estetica giapponese nasce nel corso del suo primo viaggio in Giappone, nel 2019. Da allora Curran, canadese di origine ma israeliano di adozione dal 2012, di giorno lavora come UX designer per una nota compagnia hi-tech israeliana, ma una volta tornato a casa dedica tutto il suo tempo a disposizione per “ricostruire” i quartieri di Tel Aviv, la città dove vive e di cui si è innamorato a prima vista fin dal suo arrivo, sia per la sua architettura che per le persone che vi ci vivono – e i grandi personaggi israeliani che ci hanno vissuto – spesso protagonisti delle sue vedute, come un tempo lo erano i pescatori o i contadini giapponesi nelle memorabili opere di Hiroshige e Hokusai.

Con la stessa attenzione con cui i due grandi maestri hanno descritto i principali quartieri di Tokyo, allo stesso modo Curran narra l’universo di Tel Aviv attraverso una lettura al microscopio, di quartiere in quartiere, della Città Bianca e della sua storia: dalla Città Vecchia di Jaffa al mercato di Shuk ha Tikva, uno dei quartieri più periferici della città, dove l’artista ha vissuto appena trasferitosi da Vancouver.
Come ci racconta lo stesso Curran, Kerem HaTeimanim – il quartiere yemenita – è il suo preferito, quello che per lui rappresenta il “centro nevralgico” di Tel Aviv, dove trascorre i venerdì pomeriggio con gli amici «bevendo arak, mangiando hummus e gustando zuppa yemenita».
Il percorso di Drawing Tel Aviv è anche un percorso attraverso la storia della città e della sua architettura: «Dove si possono ammirare edifici che hanno centinaia di anni, costruiti durante il periodo ottomano o il mandato britannico, accanto ad edifici ultramoderni: tutto questo è Tel Aviv!» E Curran ce lo racconta attraverso una sorta di storiografia illustrata della città, ma anche del Paese, essendo il porto di Jaffa uno dei più antichi insediamenti di Israele ed essendo Tel Aviv il luogo in cui lo Stato ebraico è stato fondato.

Oltre alla storia del Paese, il percorso artistico di Curran risulta anche una narrazione dell’evoluzione architettonica della città: «Dallo stile Eclettico di inizio secolo a quello Bauhaus degli anni Trenta; dal brutalismo anni Settanta ai grattacieli che oggi dominano la città in espansione: ciò che rende Tel Aviv unica al mondo è la sua stratificazione di storia e di architettura, in cui strati diversi si amalgamano assieme in un una sorta di universo parallelo».
Non mancano opere in cui, pur nello scenario contemporaneo, vengono integrati personaggi famosi che hanno avuto un ruolo cruciale nella storia di Tel Aviv e di Israele: da Theodor Herzl che cavalca le onde in surf a David Ben-Gurion che indossa una maschera di protezione durante i giorni del coronavirus; da Golda Meir che si fuma una sigaretta a Moshe Dayan in versione hipster a passeggio su Dizingoff street, fino Menachem Begin in sella a uno scooter.


Queste narrazioni oniriche di Tel Aviv hanno reso Drawing Tel Aviv celebre al punto che sempre più spesso gli hanno chiesto di collaborare in interessanti progetti artistici: dalle etichette per le bottiglie di vino per il Wineberry Bar Boutique di Tel Aviv, ai piatti in porcellana giapponese per TLV Icons, un progetto sviluppato assieme alla galleria Hibino, che da anni promuove il design giapponese in Israele: «Il prodotto finale è una versione in porcellana di Tel Aviv, un oggetto che può essere appeso alle pareti come un quadro ma che può anche far parte della vita quotidiana delle persone: dove mangiarci sopra, tutti i giorni, apprezzando le diverse icone della Città Bianca: dal primo chiosco della città alla statua di Kadishman che troneggia maestosa sull’Hambima, dalla fontana di Dizengoff al Tel Aviv Museum of Art».
Fino all’ultima, e prestigiosa, collaborazione con l’Ambasciata del Giappone, per celebrare i 75 anni di Israele e i 70 anni di rapporti diplomatici tra i due Paesi.

Attraverso un omaggio ai grandi maestri giapponesi del periodo ukiyo-e, l’artista ha creato una serie di 12 xilografie che rappresentano 12 quartieri della città che, per Curran, sono come “una metafora delle dodici tribù di Israele”.
In particolare, in queste opere Drawing Tel Aviv ha cercato di ricontestualizzare la sua amata città nell’universo del cosiddetto “mondo fluttuante” – traduzione del termine giapponese “ukiyo-e” – che ci suggerisce, attraverso l’estetica zen tipica di tutte le arti nipponiche – come la vita e la bellezza siano fugaci. E quindi, quanto l’essere umano dovrebbere imparare a vivere giorno per giorno, cogliendone l’attimo. Un approccio nei confronti del vivere tipico, secondo Curran, anche della vita quotidiana in Israele, dove ogni giorno si vive – e sopravvive – tra vita e morte, eros e thanatos, sogno e utopia.


Per questo, ciascuno dei 12 quartieri da lui narrati ritrae, al suo interno, un momento specifico della vita dell’artista, dal giorno del suo matrimonio a quello della raffica di bombardamenti provenienti da Gaza.
Tutti momenti e microcosmi della vita a Tel Aviv che vanno a costruire l’intero macrocosmo di Israele e della sua storia: una serie di spaccati diversi che, grazie al “mondo fluttuante” ricostruito da Curran, rivivono assieme e ci portano a immergerci a 360 gradi nella storia di un Paese e del suo popolo.

La mostra Ukiyo-e Tel Aviv ha inaugurato il 5 maggio, festa nazionale giapponese, presso Pastry Box a Tel Aviv, per poi essere ricollocata, a partire dal 30 giugno, presso l’Ambasciata del Giappone a Tel Aviv, dove rimarrà aperta fino a marzo 2024.

Fiammetta Martegani
collaboratrice

Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.